Hello World

Hello World è l’ultimo capitolo della campagna di Alice Rawsthorn in favore di una diffusione della cultura del progetto come chiave di volta della società e non solo tra gli addetti ai lavori.


Questo articolo è stato pubblicato su Domus 968 aprile 2013

Alice Rawsthorn, Hello World: Where Design Meets Life, Hamish Hamilton, London 2013, pp. 256

Una delle caratteristiche meno dibattute — ma di fatto più utili — dei prodotti Apple dedicati alla mobilità, come l’iPad e l’iPhone, è la loro capacità di fungere in qualche modo da cartina di tornasole per i libri di design. Il punto non è se siano o meno presenti: questo lo diamo per scontato. Quello che mi affascina è la varietà di attributi che un autore sceglie per celebrarli come paradigma di eccellenza nel design: dall’interfaccia visceralmente intuitiva, alle tolleranze nanometriche, alla consumata eleganza. Eppure, tolleranze infinitesimali e look minimale, da soli, non spiegano come mai un dispositivo così piccolo e relativamente economico sia tanto dirompente. Ci deve essere altro. Pochi volumi si soffermano sull’unico elemento che eleva l’iPhone (e gli smartphone, che ne hanno seguito le orme) dal grande al rivoluzionario: è il dispositivo che trasforma chiunque in designer.
Alice Rawsthorn, Hello World: Where Design Meets Life, Hamish Hamilton, London 2013, pp. 256

Come sottolinea Alice Rawsthorn in Hello World: Where Design Meets Life — la sua attesa analisi del ruolo seminale del design nella cultura contemporanea — la versatilità dello smartphone è la rappresentazione dell’unicità dell’individuo, libero dalle catene del consumo passivo di una società industriale fordista, in favore di una cultura del tinkering, adattamento e improvvisazione. È un dispositivo paradossale: da un lato, è uno dei prodotti industriali più restii, nella storia del design, alle modifiche dell’utente; dall’altro, è una piattaforma aperta, capace di adattarsi a centinaia di utilizzi, che la Apple non avrebbe mai immaginato. Considerandone il successo commerciale, l’iPhone è un paradigma fondamentale e senza precedenti. L’età dell’informazione (un momento di crescita esponenziale di tecnologie innovative rivoluzionarie in cui, solo negli Stati Uniti, in un singolo giorno lavorativo vengono registrati quasi 2.000 brevetti) potrebbe essere facilmente definita l’era del design totale. I destini futuri delle economie postindustriali (Cina compresa) dipendono dalla loro capacità di dar vita a una classe d’innovatori e creativi competitiva in ogni campo del progetto.
Alice Rawsthorn, Hello World: Where Design Meets Life, Hamish Hamilton, London 2013, pp. 256

Non è un caso che Rawsthorn parli del futuro del design ai leader del mondo, a Davos: questo libro potrebbe essere considerato l’ultimo capitolo della sua campagna per una diffusione della cultura del progetto di vaste proporzioni—e non solo nei circoli degli addetti ai lavori — in quanto chiave di volta della società, dell’economia e della cultura di oggi. Le argomentazioni di Hello World a favore di questa tesi si articolano in una gamma di casi di studio: storie, episodi e aneddoti ben documentati e spesso sorprendenti — dall’analisi di Jolly Roger sulla bandiera nera col teschio come primitiva forma d’immagine coordinata dei pirati alla storia che sta dietro l’iniziativa OLPC (One Laptop Per Child, “un computer portatile per ogni bambino”) — riescono a far scendere il libro dal piedestallo dove si collocano già tante storie del design e lo portano sulla strada, nelle tasche e nelle borse dei lettori di ogni età, di ogni formazione e di ogni cultura. Il discorso raggiunge con disinvoltura il grande pubblico, rinunciando all’astrazione della teoria in favore degli esempi concreti tratti dalla vita quotidiana.
Alice Rawsthorn, Hello World: Where Design Meets Life, Hamish Hamilton, London 2013, pp. 256

La caratteristica forse più inconsueta e convincente di Hello World è che riesce a evitare la trappola di diventare un libro sugli oggetti: in realtà, parla delle persone e del loro sforzo di diffondere il design in ogni ambiente, dalle protesi alle interfacce. Il che gli conferisce una personalissima incisività. Il postulato fondamentale di Hello World è che, nonostante l’ubiquità del design, c’è parecchia confusione anche sulla sua semplice definizione. L’eterogeneità dei casi che Rawsthorn prende in esame ne sottolinea l’incidenza sulla vita quotidiana del XXI secolo, soprattutto nella sfera sociale: il suo ruolo nell’alleviare le sofferenze, gli sprechi, l’ignoranza, lo sfruttamento e la deprivazione tramite il design. Se il buon design deve trionfare, pare affermare Rawsthorn, prima di tutto occorre riconoscerlo come tale, e non solo dentro i confini della comunità del progetto. Il contributo definitivo del libro consisterà nell’accrescere in misura considerevole la quantità di persone di ogni ceto sociale convinte che il design abbia davvero la missione di cambiare il mondo.

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram