Nuda architettura

Quello di Valerio Paolo Mosco è un libro da leggere non solo per appropriarsi di interessanti riferimenti, ma anche e piuttosto per allenarsi a una visione critica, cominciando con il distinguere gli edifici tra nudi o vestiti.

Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012 (pp. 319, € 28,90)

Leggere Nuda architettura di Valerio Paolo Mosco è – tra le altre cose – anche un ottimo modo per ripercorrere la storia dell'architettura: a cominciare dalle prime trenta pagine, che si propongono come strumento per comprendere lo sguardo dell'autore, diverso e interessante, verso l'architettura. Una prima – superficiale – definizione di architettura nuda potrebbe fare riferimento ai concetti di struttura, rivestimento e decorativismo: temi che ricorrono, anche se in forme diverse, in molte storie dell'architettura.

Teorizzare un'architettura nuda non vuol dire proporre un nuovo linguaggio o creare una nuova scuola, ma piuttosto educare alla comprensione delle tendenze che oggi, come in passato, ricorrono quasi spontaneamente.

La questione però è più complessa: Mosco, architetto e critico, infarcisce le pagine del libro di riferimenti artistici, storici e filosofici. Citando Agamben, Kant, Zevi, Duchamp e molti altri teorici del concetto di nudo, trasla pensieri e definizioni autorevoli da campi diversi in ambito architettonico.
Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
L'apparato teorico alla base di questi concetti è fin troppo puntiglioso e, a tratti, rischia di rallentare la lettura, che resta comunque sempre impegnativa. Il saggio è un condensato di nozioni, citazioni e ragionamenti che, proprio per la sua densità, non è facile da interiorizzare. Si intuisce rapidamente, però, che l'idea di nudità è propria dell'architettura moderna antidecorativa e rimanda a costruzioni primitive, frugali ed essenziali. L'architettura nuda è pertanto legata all'uso di materiali tettonici ed è un'architettura che mostra sinceramente la propria essenza.
Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
I progetti sono i protagonisti della seconda – e più corposa – parte del libro. Dopo il saggio introduttivo, l'autore propone più di 60 casi studio, che si possono raggruppare sotto l'ombrello dell'architettura nuda. Edifici più o meno noti sono suddivisi in sei categorie. Il concetto di nudità è talmente inclusivo e dai confini sfumati che non è facile porre un limite alla lista dei progetti. Infatti, la selezione non si pone l'obiettivo di esaurire tutti i casi, ma piuttosto vuole essere una sorta di allenamento dell'occhio, un training che permetterà di incasellare personalmente i propri riferimenti progettuali al'interno di una o dell'altra categoria.

Le sei sotto classi in cui l'autore scompone il concetto di nudità sono: Skeletal, Rough, Thin, Lyric, Frugal e Primitive, usando termini inglesi anche nella versione italiana del testo. Questa scelta è forse da ricollegare al fatto che la definizione di nudità non ha confini definiti e, quindi, utilizzando vocaboli stranieri ci si appropria di quella leggera vaghezza insita nella traduzione. Certo è che l'indeterminatezza è protagonista ed è segnale di un pensiero aperto.

Per comprendere la risonanza dell'argomento, sono sicuramente importanti i contributi di Harry Francis Mallgrave e Hans Ibelings che scrivono prefazione e prologo del libro. Mallgrave cerca di motivare scientificamente l'attrazione verso l'architettura nuda, portando a testimonianza alcune ricerche svolte sulla corteccia celebrale.
L’architettura nuda è pertanto legata all’uso di materiali tettonici e mostra sinceramente la propria essenza
Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
Si è dimostrato che anche solo vedendo un oggetto, una superficie, e quindi anche un'architettura, il cervello proietta in noi le sensazioni che avremmo toccandola. Ciascun oggetto sollecita quindi i centri edonistici ed emotivi del nostro cervello, scatenando una serie di sensazioni che ci mettono in simbiosi con uno spazio. Per questo, abbiamo reazioni diverse davanti alla superficie ruvida e fredda di una struttura in calcestruzzo a vista o al caldo riverbero di un intonaco di gesso.

Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
Valerio Paolo Mosco, Nuda architettura, Skira editore, Milano, 2012. Vista pagine interne
Ibelings pone invece l'accento sulla differenza semantica tra nude e naked, differenza non presente nella lingua italiana e che espone con argomentazioni lineari e precise. Le immagini di architetture nude, mostrate nel libro, suggeriscono un senso di incompiutezza o di manufatto in costruzione. Pertanto il concetto di nudo può tendere verso l'istinto di mostrare le parti intime di un edificio (naked) oppure rivelarne una materialità atmosferica e tattile (nude). Ne consegue che il termine naked corrisponde a un'architettura onesta, che mostra le cose così come sono, correndo anche il rischio di essere inopportuna. Mentre l'appellativo nude sottende a una bellezza elegante e raffinata.

Nuda architettura stimola il ragionamento e mette in mostra progetti e progettisti. Non è un libro da acquistare solo per appropriarsi di riferimenti interessanti, ma piuttosto per allenarsi a una visione critica. Leggendolo, vi scoprirete a guardare gli edifici e a distinguerli tra nudi o vestiti e, magari, poi anche a immaginarli spogliati.

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