Digital Culture in Architecture

Nel suo ultimo libro, Antoine Picon sostiene che la vera rivoluzione digitale in architettura risiede nell'analisi dei processi progettuali, piuttosto che nei loro meri esiti formali.

Digital Culture in Architecture. An introduction for the design professions, Antoine Picon, Birkhäuser, Basilea 2010 (pp. 223, € 39,90)

La civiltà della macchina sta cercando e troverà la sua espressione architettonica.

Così scriveva nel 1923 Le Corbusier nel suo storico manifesto teorico Vers une Architecture. A quasi un secolo di distanza si potrebbe dire che l'architettura è in una condizione simile, purché sostituiamo le parole "civiltà' della macchina" con "civilta' digitale". Non ci sono dubbi, infatti, che siamo all'inizio di cambiamenti molto profondi – almeno a dar retta ad Antoine Picon e alle tesi esposte nel suo ultimo saggio Digital Culture in Architecture. Scrive il nostro:

Abbiamo un'unica certezza: quella che le trasformazioni indotte dalle innovazioni tecnologiche [contemporanee] sono di grande portata. Potrebbero rivelarsi cosi radicali e profonde come quelle che diedero origine alle discipline architettoniche all'inizio del Rinascimento.

Quali sarebbero queste trasformazioni epocali?
Nella vulgata comune l'impatto dell'uso ormai diffuso del computer e delle tecnologie digitali nella pratica dell'architettura ha generato soprattutto nuovi linguaggi formali. È ben noto (Signora mia!) che il Museo Guggenheim di Bilbao, progettato da Frank O. Gehry negli anni Novanta, non sarebbe stato possibile senza l'utilizzo estensivo dei nuovi software di modellazione tridimensionale e della cosiddetta "catena del digitale", che permette di passare da un modello tridimensionale di un componente architettonico alla sua realizzazione mediante macchine a controllo numerico. Così come non sarebbe stata possibile quella grande varietà formale che ha caratterizzato le sperimentazioni architettoniche dell'ultimo decennio – dallo stesso Frank O. Gehry a Zaha Hadid a UNStudio – e che è stata designata con molti nomi: dal "Barocco Digitale" di Herbert Muschamp(2) ai BLOBs (Binary Large Objects) di Greg Lynn(3).
Preston Scott Cohen, progetto per il Taiyuan Museum. © Preston Scott Cohen, Inc. Sopra: SAGE System, il primo sistema di difesa aerea militare, veduta di una sala di controllo. The MITRE Corporation
Preston Scott Cohen, progetto per il Taiyuan Museum. © Preston Scott Cohen, Inc. Sopra: SAGE System, il primo sistema di difesa aerea militare, veduta di una sala di controllo. The MITRE Corporation
Picon pensa tuttavia che questi siano fenomeni piuttosto marginali:

'Blobs', superfici piegate, singolarità topologiche, sono saliti alla ribalta, dando a volte l'impressione che l'architettura stesse entrando in una nuova età barocca. Tuttavia la complessità morfologica non è l'unico aspetto da prendere in considerazione.

E ancora, con insolita vis polemica verso l'approccio formalista di UNStudio:

In certi casi agli architetti sembra essere rimasto un compito simile a quello degli stilisti di moda: una prospettiva evocata qualche anno fa da Ben van Berkel e Caroline Bos con un entusiasmo che non siamo costretti a condividere.

Quali allora le conseguenze della rivoluzione digitale in architettura? Qui Picon spiazza il lettore con formazione d'architetto, che, lì per lì, penserà d'aver sbagliato libro. Si inalbera infatti in un lungo excursus storico che risale alle origini della civiltà digitale. Bisogna innanzitutto definire il punto di partenza temporale:

[…] Gli storici concordano sul fatto che la cultura digitale è stata resa possibile dallo sviluppo della società dell'informazione tra il diciannovesimo e ventesimo secolo, una trasformazione epocale che corrisponde approssimativamente a quello che gli esperti di tecnologia definiscono come Seconda Rivoluzione Industriale.
L'immagine di copertina è un rendering della rampa centrale del Tel Aviv Museum of Art realizzato da Preston Scott Cohen. © Preston Scott Cohen, Inc.
L'immagine di copertina è un rendering della rampa centrale del Tel Aviv Museum of Art realizzato da Preston Scott Cohen. © Preston Scott Cohen, Inc.
Picon si imbarca quindi in un affascinante excursus che tocca la nascita della cibernetica e dell'intelligenza artificiale, la costruzione delle sale di controllo militari degli anni della Guerra fredda, l'ascesa delle grandi multinazionali americane come GE e IBM, con la loro esigenza di trattare grandi quantità di dati. Senza dimenticare tutti quegli esponenti del mondo dell'architettura che sono stati influenzati da queste trasformazioni: ad esempio il Cedric Price del Fun Palace o del Generator Project, una costruzione modulare programmabile e capace di rispondere in modo dinamico agli input delle persone. Gli Archigram della Living City. La Yona Friedman di "Flatwriter", sistema computerizzato per l'allocazione dello spazio nelle megastrutture urbane del futuro. E più in generale tutti gli esponenti dell'architettura radicale degli anni Cinquanta e Sessanta.
Picon parte dalle esperienze più interessanti del Novecento per individuare le potenzialità dell'architettura digitale di domani
Kostas Terzidis, Deformazione realizzata su base di calcoli algoritmici, 2009. Courtesy Kostas Terzidis
Kostas Terzidis, Deformazione realizzata su base di calcoli algoritmici, 2009. Courtesy Kostas Terzidis
È proprio qui, secondo Picon, che bisogna cercare per trovare la chiave di volta dell'architettura digitale: in quelle esperienze che hanno privilegiato l'analisi dei processi progettuali rispetto ai loro meri esiti formali. E che oggi, grazie alla potenza della tecnologia contemporanea, ci permettono di immaginare nuovi mondi interattivi, in cui bits e atomi diventano un tutt'uno, coniugando reale e virtuale:
Con l'affermarsi della cultura digitale il contributo principale degli architetti potrebbe effettivamente concentrarsi nel campo della realtà aumentata, cioè nell'interessarsi dell'interfaccia tra il mondo virtuale e quello fisico, invece di concentrarsi esclusivamente su quest'ultimo.

È proprio questa la forza del libro di Picon: partire dalle esperienze più interessanti del Novecento per individuare le potenzialità dell'architettura digitale di domani.

Diceva Aldo Van Eyck che c'e qualcosa di simile nell'attitudine verso il tempo di antiquari e tecnocrati – sentimentali verso il passato i primi, verso il futuro i secondi(3). Antoine Picon, con la sua duplice formazione di storico e di tecnocrate proveniente dalle Grands Ecoles francesi, riesce sorprendentemente a conciliare entrambi: ad entusiasmarsi sia per il passato che per il futuro, componendo uno dei quadri più completi e affascinanti dell'architettura che verrà. Carlo Ratti

(1) La definizione "Digital Baroque" è stata data da Herbert Muschamp, critico di architettura del New York Times, in "When Ideas Took Shape and Soared", in: The New York Times, venerdì 26 maggio 2000, sezione B, p. 32.
(2) Greg Lynn, Folds, Bodies & Blobs: Collected Essays, Bruxelles, 1998.
(3) Carlo Ratti, Chandigarh Fifty Years Later, Domus, 814 Aprile 1999.
SENSEable City Laboratory, MIT, intensità della rete wireless del campus del MIT, 2005. Courtesy SENSEable City Laboratory
SENSEable City Laboratory, MIT, intensità della rete wireless del campus del MIT, 2005. Courtesy SENSEable City Laboratory

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram