Warped Space

La tesi proposta da Anthony Vidler in La deformazione dello spazio sostiene come la città moderna, popolata di forme architettoniche disturbanti, abbia impresso allo spazio liscio una torsione verso la problematicità.

La deformazione dello spazio. Arte, architettura e disagio nella cultura moderna
Anthony Vidler, Postmedia, Milano 2009 (pp. 239, € 21,00 / italiano)

Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento si assiste a un progressivo smantellamento del concetto di spazio come a priori oggettivo, costante e stabile della percezione. La Kunstwissenschaft di Alois Riegl, Gottfried Semper, Heinrich Wölfflin, e successivamente la scuola warburghiana con Panofsky, contribuiscono a catturare la dimensione spaziale all'interno delle dinamiche culturali, individuando tanti modelli spaziali quante sono le grandi civiltà della storia umana. Così lo spazio, dislocato bruscamente dalla realtà esterna all'interno della soggettività, si vede sottratta la sua quieta trasparenza e sicura affidabilità.

All'interno di questo scenario culturale tipicamente fin de siècle, fanno la loro comparsa due fenomeni del tutto inediti: da un lato la metropoli moderna, che disegna rapporti spaziali e interpersonali inediti; dall'altro, le nuove nevrosi topologiche (agorafobia, claustrofobia). La tesi proposta da Anthony Vidler in La deformazione dello spazio prende le mosse proprio da questo scenario, e sostiene come la città moderna, popolata di forme architettoniche disturbanti, abbia impresso allo spazio liscio una torsione verso la problematicità. Questa condizione di ambivalenza e di inquietudine di cui si colora lo spazio urbano è ciò che la cultura psicanalitica chiama perturbante, cioè la trasformazione di qualcosa di familiare (heimlich) in un che di estraneo (un-heimlich). L'"uomo della folla" di Poe ed Engels, il flâneur di Benjamin e Baudelaire, il vagabondo di Charcot ma anche le hotelhalle di Siegfried Kracauer e le scenografie espressioniste dei film dell'UFA sono tutte figure eminenti di questo paradigma spaziale deforme e instabile, che ha acquisito profondità e fascinazione a dispetto della fiducia e della consuetudine.

Uno schema che, secondo Vidler, si ripropone anche oggi, dove l'arte e l'architettura contemporanea hanno rivalutato l'idea di "spazio inquieto" facendone lo strumento di una radicale denuncia contro l'inconsistenza di concetti ideologici come trasparenza, funzione, evidenza e razionalità. Gli spazi progettati da Vito Acconci o da Coop Himmelb(l)au, spiega Vidler, sono luoghi frammentati ed emotivi in cui è andata perduta in maniera definitiva ogni fiducia nei miti igienici e positivi del Modernismo architettonico. L'avventura modernista si presenta così per Vidler come una parentesi astratta, un'interruzione temporanea nella più ampia oscillazione dello spazio de-formato.

Con La deformazione dello spazio Vidler continua la sua ricerca sull'inconscio ottico dell'epoca moderna, di cui fanno parte anche la monografia su Ledoux e Il perturbante dell'architettura.

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