di Matteo Mai
Ultramar. L'invenzione europea del Nuovo Mondo, Aldo Andrea Cassi,
Laterza, Bari/Roma 2007 (pp.200, € 16,00)
Tra gli strumenti di cui si avvalgono le attività di progettazione
urbanistica e architettonica per elaborare e raffigurare anticipazioni,
la cartografia incorpora un valore fondativo: la rappresentazione di un
contesto circoscritto, o di uno spazio geografico, consente una prima
individuazione e interpretazione (conoscenza) delle correlazioni tra le
grandezze fondamentali (economia, popolazione, reti)che caratterizzano
un determinato ambito territoriale. Quando questo territorio-spazio è
in gran parte sconosciuto, non ancora compiutamente rappresentato e solo
sommariamente raffigurato, ma il processo di esplorazione avviato e
irreversibile, altri strumenti possono sostituire e/o integrare la
nascente cartografia, e quindi prefigurarne la successiva presa di
possesso (toma de posesión). Ultramar, ricostruendo quel complesso
intreccio tra geografia e diritto che ha accompagnato dal secolo XV al
XVIII il Descubrimiento e la Conquista del Nuovo Mondo, offre un
articolato e dettagliato scenario di riferimento (anche metodologico)
sul processo di trasformazione strutturale di un territorio.
"La
presenza del diritto, della quale il notaio Rodrigo de Escobedo,
imbarcato sulla Santa Maria, era solo la prima, visibile icona,
accompagnò costantemente l'avventura di Colombo e dei conquistadores.
Quest'ultima rappresentò un'impresa non solo geografica, militare,
politica ed economica, ma anche giuridica. Anzi, sotto molti aspetti
costituì un evento eminentemente giuridico. Il diritto improntò di sé la conquista del Nuovo Mondo, entrando in
tutti i suoi momenti chiave". La
questione iniziale di riflessione che
interessò il mondo giuridico (quindi la
sfera politica ed economica) riguardò il
Mar Tenebroso, con la necessità di
"qualificare giuridicamente quell'infinita
quantità d'acqua che le caravelle di
Colombo avevano assegnato alla nuova
realtà naturale; [si trattava] di una
priorità non solo cronologica (prima di
raggiungere le terre, si doveva solcare il
mare) ma anche assiologica (lo si
doveva solcare legittimamente)".
Geografia e diritto vengono così
interessati dall'attualizzazione dei loro
ordinamenti in riferimento alle mutevoli
condizioni dell'esplorazione, ma
soprattutto in ragione dell'enormità della
scoperta che investe nell'ordine della
successione degli eventi: i nuovi mari, le
nuove terre e gli indios (i tre capitoli che
rappresentano la parte centrale del
libro).
"I nuovi mari rappresentarono la prima
sfida posta ai giuristi europei: ancor
prima del 1492, il monopolio castigliano
e soprattutto portoghese sulle rotte
africane aveva suscitato complesse
questioni politico-giuridiche, destinate a
esplodere nella 'libresca guerra dei
cent'anni' dopo che I'Almirante Colombo
aprì alla navigazione il gran Mar Océano,
troppo diverso, ontologicamente e
giuridicamente, dal Mare Nostrum
mediterraneo perché vi potessero valere
Ie medesime regole. Fu poi la volta della
Tierra Firme; essa appariva ai
conquistadores come un'immensa,
sconfinata terra di nessuno
(tecnicamente: una res nullius) della
quale, pertanto, ci si poteva
legittimamente impossessare. Restava da
stabilirne l'assetto organizzativo, il cui
fulcro divenne l'istituto giuridicoeconomico
dell'encomienda, vagamente
riconducibile al feudo europeo".
L'encomienda oltre a essere una forma di
organizzazione territoriale (definita
secondo complessi meccanismi
geografici), costituiva un caposaldo
militare e una base per il processo di
evangelizzazione delle popolazioni
indigene, ma anche il luogo di riscossione
dei tributi e di sfruttamento economico
delle risorse naturali. Un ruolo plurimo
indirizzato al governo – coercitivo – di
vastissimi e complessi territori (con
migliaia di indios) e delle loro dinamiche
strutturali; nei fatti una nuova
organizzazione sociale che si
sovrapponeva alla preesistente,
progressivamente cancellandola. Nello
stesso momento in cui in Europa si
manifestava e diffondeva, attraverso le
descrizioni letterarie e l'iconografia,
l'interesse e il fascino per quelle realtà,
interpretate come la testimonianza della
concreta applicazione di modelli sociali e
urbani ideali. L'organizzazione materiale
del Nuovo Mondo, che doveva risultare
funzionale al massimo sfruttamento delle
sue straordinarie e illimitate risorse,
esigeva uno specifico vocabolario: e
quando le conoscenze geografiche (ma
anche teologiche) si dimostrarono
insufficienti alla comprensione della
nuova realtà si ricorse alla cultura
giuridica. "Furono i giuristi, che per
mestiere avevano in orrore le
approssimazioni, i primi a sforzarsi di
essere più precisi e […] cominciarono a
questionare, a distinguere. Le diatribe
aumentavano e le contraddizioni
crescevano. Il punto è che la Conquista al
suo inizio fu tutta una contraddizione, un
dicere contra, un 'definire altrimenti'. Ma
fu proprio quel definire a rappresentare il
primo passo verso la comprensione del
Nuovo Mondo. Per prenderlo bisognava
prima comprenderlo, e fu
comprendendolo in quei termini, in quelle
definizioni, che lo si conquistò davvero".
Ma "quegli infiniti fatti" (Borges), così
distanti temporalmente, non sembrano
poi così dissimili dalla contemporanea
questione legata alla spartizione dei
territori polari e dello sfruttamento delle
loro straordinarie risorse.
Matteo Mai,
Docente di Urbanistica a Milano
Tra geografia e diritto
Ultramar. L'invenzione europea del Nuovo Mondo, Aldo Andrea Cassi, Laterza, Bari/Roma 2007 (pp.200, € 16,00) Ultramar, ricostruendo quel complesso intreccio tra geografia e diritto che ha accompagnato dal secolo XV al XVIII il Descubrimiento e la Conquista del Nuovo Mondo, offre un articolato e dettagliato scenario di riferimento (anche metodologico) sul processo di trasformazione strutturale di un territorio.

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- 06 novembre 2007