Qualsiasità

La “Qualsiasità” dello sguardo si traduce in una fotografia del quotidiano, attenta agli aspetti minori del territorio e rivolta al paesaggio vissuto come luogo primo dell’osservazione.

Cesare Fabbri, Via Cesare Terranova, Foce di Filo, FE, 2011
Nei primi anni Ottanta, Guido Guidi avvia un progetto di ricerca rivolto al territorio come accumulo democratico di tracce, con una rinnovata sensibilità per la luce naturale e per il colore, per l’architettura dei vuoti spaziali, per le contiguità e le associazioni: “Cercavo di avvicinarmi alle origini del linguaggio visivo semplicemente guardando e collegando, come il cacciatore preistorico individua la preda attraverso le tracce da essa lasciate sul campo.” L’esplicito riferimento alla zavattiniana “qualsiasità” e l’accento posto sulla quotidianità rivelatrice del senso dei luoghi non si esauriscono nel tempo e ancora oggi manifestano un chiaro legame con il Neorealismo che perdura nella ricerca fotografica di Guidi e in una nuova generazione di fotografi testimoni della sua particolare attitudine all’esplorazione del paesaggio.
Cesare Fabbri, Via Colonna Wladimiro, Anita, FE, 2013
In apertura: Cesare Fabbri, Via Cesare Terranova, Foce di Filo, FE, 2011 Sopra: Cesare Fabbri, Via Colonna Wladimiro, Anita, FE, 2013
Autori come Cesare Ballardini, Cesare Fabbri, Jonathan Frantini, Marcello Galvani, Francesco Neri e Luca Nostri – che in tempi diversi hanno frequentato le sue lezioni a Ravenna o Venezia e orbitato la sua casa-studio di Cesena – hanno proiettato nel nuovo millennio l’interesse per il paesaggio marginale come occasione per riflettere sulla natura della fotografia. La “qualsiasità” dello sguardo si traduce anche nei loro lavori in una fotografia del quotidiano, attenta agli aspetti minori del territorio e rivolta al paesaggio immediatamente vicino, vissuto come luogo primo dell’osservazione.
Guido Guidi, Gambettola, via Violetti, 1987
Guido Guidi, Gambettola, via Violetti, 1987
Ciò che lega tra loro queste diverse generazioni di autori è da un lato la ricerca delle impronte dell’uomo nel paesaggio, dall’altro il rifiuto della eccezionalità e della bellezza intesa in senso tradizionale, a favore di un lavoro di osservazione del reale nelle sue stratificazioni di significato.
Lo sguardo democratico che pone ogni aspetto del mondo visibile sullo stesso piano; il racconto di ciò che è provvisorio, non finito; l’accumulo dei segni che fanno del mondo un enigma, sono gli elementi che continuano a trasformare la loro pratica fotografica in atteggiamento esistenziale di piena interrogazione nei riguardi del mondo.

fino al 25 settembre 2016
Qualsiasità
a cura di Alessandro Dandini de Sylva
Fondazione Malaspina
Palazzo Malaspina
corso Giuseppe Mazzini 224
Ascoli Piceno

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