Traducendo letteralmente dalla lingua basca, Plaza libreak significa “posti liberi”, e deriva dal nome dei piccoli campi usati per il gioco della pelota che si possono trovare in qualsiasi villaggio dei Paesi Baschi.
Plaza libreak
Asier Gogortza esplora i diversi tipi di campi per il gioco della pelota, presenze immancabili in ogni villaggio dei Paesi Baschi, e li usa come pretesto per indagare il rapporto tra architettura e paesaggio.
View Article details
- 22 ottobre 2013
È possibile affermare che il campo da pelota, o fronton, è la più significativa espressione architettonica dei Paesi Baschi, esportata con successo in paesi vicini e lontani come l'Argentina, il Messico, Cuba o gli Stati Uniti d'America, insieme al gioco stesso, dagli immigrati baschi. “Un basco, un berretto, due baschi, un fronton” afferma un detto popolare.
I fronton sono sempre stati collocati nei punti più importanti, sia nei villaggi sia nelle periferie più estreme, solitamente vicino alle chiese, e, oltre a essere un luogo ludico, sono spesso anche spazi comuni a disposizione degli abitanti, una specie di tempio laico dove si svolgono innumerevoli attività sociali e culturali. Per realizzare questa serie di fotografie sono partito dallo studio delle diverse tipologie di fronton e ho sviluppato una ricerca estetica, basando la mia indagine sul rapporto tra architettura e paesaggio.
Alla fine ho scelto i one-wall fronton, perché mi affascina il fatto che tali opere architettoniche elementari possano avere un'importante funzione tale sociale e, al tempo stesso, siano in grado di generare un tale potere simbolico. Molto è stato scritto circa il carattere scultoreo dei fronton, presentati dallo scultore Jorge Oteiza come il paradigma basco di “vuoto”. Tuttavia, con questa serie di fotografie, ho intenzione di mettere in evidenza l'idea del fronton come finestra di apertura al paesaggio, che può essere considerata come finestra che guarda alla memoria collettiva di un paese.
Quando stavo per finire la serie di fotografie ho saputo che l'architetto Peña Gantxegi aveva lavorato sugli stessi concetti e che aveva idato magistrale interpretazione delle sue idee nel cimitero a Oiartzun. Il suo lavoro consiste in un muro con la forma di un fronton (o di una lapide) sulla parete del cimitero, ma con un grande foro rettangolare nel mezzo, dal quale può essere contemplato il paesaggio esterno. Una finestra tra il mondo dei morti e il mondo dei vivi.
Asier Gogortza