Istanbul new stories

Il racconto fotografico dell'artista reggiana introduce una prospettiva illuminante, e scopre dinamiche urbanistiche e sociali inconsuete per un Paese di forte tradizione e matrice culturale come la Turchia.

Introducendo il progetto fotografico di Paola De Pietri, nella giornata inaugurale di Fotografia Europea, la manifestazione internazionale di fotografia che il Comune di Reggio Emilia promuove ogni anno dal 2006 con uno specifico tema d'indagine, Franco Farinelli ha colto nelle opere dell'artista 'una nebulosità di fondo che non permette una visione completa, come se le fotografie riservassero una certa indeterminatezza'.

L'incontro con la fotografa Paola De Pietri, ha permesso di comprendere meglio le dinamiche progettuali e le strategie operative utilizzate nella costruzione del suo ultimo lavoro e mostra Istanbul new stories, portando in luce il percorso di scoperta della città contemporanea che la fotografa reggiana inizia negli anni Novanta con Dittici [1] o Via…, n…, [2]. Frammenti di quotidianità ritagliati dall'attenta osservazione della Via Emilia diventano, nella visione fotografica, gli archetipi visuali della vitalità urbana, strumenti operativi attraverso i quali fermare situazioni in divenire, dagli spazi pubblici nella città storica ai luoghi della grande Guerra, come le periferie metropolitane, nuove terre di conquista. Il processo di analisi e stratificazione parte da un approfondito studio delle condizioni civiche, superando i banali stereotipi visivi che vogliono Istanbul città dalle spiccate qualità relazionali.

Istanbul vive una comprensibile dicotomia tra le componenti storiche ed i territori di frontiera; la cintura periferica diventa luogo di affermazione di un modello di vita e culturale che abbandona, sostanziato dalla speculazione immobiliare, il tradizionale territorio dell'abitare.
Paola De Pietri, <i>Istanbul new stories</i>
Paola De Pietri, Istanbul new stories
Racconta Paola De Pietri delle complesse vicende che accompagnano una esplorazione lunga un mese nei cantieri di grandi compagnie immobiliari, che portano a scoprire città satellite disseminate nel palinsesto edificato dei quartieri spontanei. Si passa dal modello storico i Gecekondu – strutture informali – stratificate temporalmente contribuendo a ridefinire un orizzonte costruito, frammentato e indefinito. Nella nebulosa periferia, sorgono i Toki, nuovi quartieri residenziali pubblici che superano l'inefficace, ma equilibrata matrice residenziale storica, allettati dalla possibile costruzione di un immaginario moderno frutto degli stereotipi televisivi (della società dello spettacolo). Luoghi e spazi che non sfuggono alle dinamiche privatistiche, gated communities, oggetti isolati nelle trame urbane e viabilistiche, frutto di un sogno imprenditoriale capace di attrarre i nuovi benestanti in un paradiso di artificiale sicurezza e inevitabile solitudine.
Paola De Pietri, <i>Istanbul new stories</i>
Paola De Pietri, Istanbul new stories
Le immagini esplorano una dimensione sociale indefinita, come ci spiega l'autrice, portano una "sospensione dello stato d'animo", formulazione di un paesaggio in cui gli stessi residenti convivono con l'impossibilità di potersene appropriare, circondati da oggetti inconsapevoli di un nuovo "cambio di prospettiva comunitaria", che impiegherà anni o generazioni per ricostruire il tessuto sociale, un nuovo assetto di convivenze, senza la necessità dello spazio pubblico. Se "la parte importante d'una foto è quella che rimane fuori dall'inquadratura, perché la parte inquadrata è solo un metro di misura per immaginare il resto", [3] le fotografie della mostra aprono un palinsesto fantastico sulla dimensione dell'abitare, le relazioni, l'uso e la condizione intermedia, ognuno diventa capace di proiettare la propria immagine mentale all'interno dei paesaggi periferici, costellati da presenze animali piuttosto che umane. Luoghi del genere – spazi interstiziali di un tessuto urbano incoerente – appaiono attraverso lo sguardo della fotografia come un nuovo territorio di conquista, regno dei cani abbandonati, dei bastardi e degli ibridi. Per loro "scompare la distanza tra personaggi e ambiente esterno". [4]
Spazi interstiziali di un tessuto urbano incoerente appaiono attraverso lo sguardo della fotografia come un nuovo territorio di conquista, regno dei cani abbandonati, dei bastardi e degli ibridi
Paola De Pietri, <i>Istanbul new stories</i>
Paola De Pietri, Istanbul new stories
Le persone, invece, ritratte come oggetti erratici nello spazio uniforme delle periferie, dichiarano un'inconsapevole distanza con lo sfondo urbano, dove le relazioni difficilmente si possono intuire, forse immaginare, a definire un'impraticabile corrispondenza luoghi-azioni. Il racconto fotografico introduce una prospettiva illuminante, scopre dinamiche urbanistiche e sociali inconsuete per un paese di forte tradizione e matrice culturale come la Turchia, ossessionata da un progresso economico e sociale già capace nell'Europa continentale, di un dissesto della civitas urbana difficilmente recuperabile. Gli edifici congelati nella fase intermedia di cantiere, telai spogli, riflettono monotonia e serialità non esplicabili nella configurazione finale, ma che restituiscono un catalogo uniforme di spazi, estranianti e, al tempo stesso, capaci di attrarre curiosità nell'immaginare le future personalizzazioni e storie famigliari per le quali saranno uno sfondo neutrale.
Paola De Pietri, <i>Istanbul new stories</i>
Paola De Pietri, Istanbul new stories
"La fotografia è premeditata" racconta Paola De Pietri, una condizione che associa al "pre-vedere una componente di caso" nell'atto realizzativo, ma che restituisce la sensazione di "essere proiettati nel luogo", uno spaesamento corrispondente a ciò che prova il fotografo nell'atto di cogliere un attimo transitorio. Diventa quindi indispensabile capire quale grado di approssimazione contengono queste immagini: un valore che si sostanzia nella forme sociali e relazionali dei nuovi conquistatori seriali della frontiera urbana. Possiamo immaginare, come ha dichiarato Farinelli, che la staticità dell'immagine fotografica sia il modo migliore per comprendere e cercare di recuperare un senso della civitas. Paola De Pietri, con questa esplorazione, contribuisce ad accrescere la consapevolezza delle dinamiche urbane nella futura Europa, raccontando di luoghi e spazi pensati per soddisfare esigenze piuttosto che ospitare i nuovi cittadini metropolitani.

Giovanni Avosani è co-fondatrice con Elisa Poli di Cluster Theory, laboratorio di ricerca multidisciplinare avviato nel 2011.
Paola De Pietri, <i>Istanbul new stories</i>
Paola De Pietri, Istanbul new stories
Note
1. Paola De Pietri, Dittici, Testi di Vittoria Coen, Roberta Valtorta, Art&, Tavagnacco, 1998.
2. Roberta Valtorta, Laura Gasparini, a cura di, Æmilia, Art&, Tavagnacco, 1996.
3. Gianni Celati riporta le parole di Luigi Ghirri, Nunzia Palmieri, Gianni Celati. Due o tre cose che so di lui (e dei suoi film), in Nunzia Palmieri a cura di, Documenti imprevedibili come i sogni. Il cinema di Gianni Celati, Fandango Libri, Roma, 2011.
4. Gianni Celati, Sul cinema italiano del dopoguerra mezzo secolo dopo, in Nunzia Palmieri a cura di, Documenti imprevedibili come i sogni. Il cinema di Gianni Celati, Fandango Libri, Roma, 2011.
Paola De Pietri, <i>Istanbul new stories</i>
Paola De Pietri, Istanbul new stories
Paola De Pietri, <i>Istanbul new stories</i>
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