Stefano Mancuso

Per un nuovo punto di vista sulle piante

Il neurobiologo e autore italiano Stefano Mancuso ci parla di “La Nazione delle Piante”, l’esposizione che presenterà in occasione della XXII edizione della Triennale di Milano, nel 2019.

Ritratto di Stefano Mancuso - Courtesy Broken Nature - XXII Triennale di Milano 2018

“Broken Nature” – l’attesissima 22a edizione della Triennale di Milano curata da Paola Antonelli – si terrà dal 1 marzo al 1 settembre 2019 nel capoluogo lombardo e sarà composta da una mostra tematica e da numerose partecipazioni nazionali. Tra di esse figurerà anche la nazione più popolosa del nostro pianeta: quella delle piante. Cosa sappiamo di loro? Cosa sono veramente? Possono aiutarci a progettare meglio?

L’esposizione “La Nazione delle Piante”, curata dal neurobiologo e autore italiano Stefano Mancuso – la cui ricerca guarda all’intelligenza del mondo vegetale – tenterà di dare qualche risposta a queste domande, dimostrando quanto noi umani potremmo guadagnare dalla comprensione delle piante, aiutandoci potenzialmente a migliorare la nostra progettualità sia nell’ambito del design che in quello sociale.

Abbiamo intervistato Mancuso per comprendere più in profondità le tematiche su cui lavora e come le metterà in scena nella mostra.

Cosa dobbiamo aspettarci da “La Nazione delle Piante”? Quale l’approccio curatoriale che avete deciso di adottare?
“La Nazione delle Piante” è innanzitutto un tentativo di far comprendere cosa sono realmente le piante. Di base, infatti, quello che la maggioranza di noi pensa di sapere sul tema è quasi completamente sbagliato. Siamo convinti che siano esseri passivi, incapaci di fare alcunché; che abbiano solamente una funzione estetica e al massimo una qualche utilità alimentare; le vediamo sempre come mezzi e oggetti e mai come esseri viventi.

La mostra poi racconterà come funzionano le piante: come sono fatte; perché sono diverse dagli animali; a che tipo di organizzazione rispondono e come questa loro organizzazione è diffusa, deconcentrata e distribuita, diversamente da quella gerarchica e centralizzata degli animali. Ci permetterà di contestualizzarne proprietà e capacità, facendoci capire quanto siano moderne.

Pensiamo alle tecnologie che abbiamo sviluppato recentemente, da internet, alla blockchain, alle criptovalute: si basano tutte sulla decentralizzazione e sulla distribuzione. Il futuro è inevitabilmente legato a queste caratteristiche; un'organizzazione che non ha un unico centro fondamentale non può infatti essere arrestata e per forza di cose è destinata a crescere e prosperare.

Perché una nazione per le piante?
Il tutto è costruito come un paradosso. Alla XXII Triennale di Milano parteciperanno tante nazioni, ognuna con il suo padiglione che ne dimostrerà l’avanzamento tecnologico, intellettuale e filosofico. Abbiamo quindi deciso di considerare le piante come uno stato a sé stante che si presenterà con il proprio sistema di valori e competenze.

La mostra poi racconterà come funzionano le piante: come sono fatte; perché sono diverse dagli animali; a che tipo di organizzazione rispondono e come questa loro organizzazione è diffusa, deconcentrata e distribuita.

Negli ultimi mesi ha messo in scena varie installazioni interattive e sperimentali – come The Florence Experiment (Firenze, 2018) e Botanica tour (Italia, 2017) - che permettevano ai visitatori di apprendere di più riguardo alle piante. Dobbiamo aspettarci installazioni simili a Milano l’anno prossimo?
The Florence Experiment è stato un esperimento [molto riuscito, visti i circa 60.000 spettatori, NdR] di unire arte e scienza. L’idea era quella di riportare insieme due facce della stessa medaglia che per qualche strano motivo qualche secolo fa sono stati separati. Al giorno d’oggi stiamo capendo l’importanza della riunione di questi due elementi; essi non devono infatti escludersi a vicenda.

Con “La Nazione delle Piante” proveremo però qualcosa di diverso. Vogliamo presentare una nazione che non esiste; una nazione con la sua costituzione e le sue leggi, che funziona in maniera diversa dagli altri stati perché appartiene solo alle piante. Si tratta di una metafora ed è il tentativo di immaginare a cosa potrebbe assomigliare una nazione di uomini che si ispira al mondo vegetale.

Quali quindi i suggerimenti della “Nazione delle Piante” di cui dovremmo fare tesoro come esseri umani?
Le piante sono e potrebbero essere ancora di più un modello per il nostro futuro. Nella mostra esploreremo come possono essere un modello da imitare per quanto riguarda l’organizzazione, i materiali, l’energia, i rapporti sociali e la comunicazione.

Cosa pensa del tema della XXII Triennale di Milano, “Broken Nature”? Lei considera che la Natura sia stata maltratta e distrutta?
La natura non è stata completamente distrutta, ma è sicuramente danneggiata. Dobbiamo però tener conto che quando parliamo della distruzione del pianeta, come al solito, noi umani siamo molto presuntuosi. Ci mettiamo ancora una volta al centro del discorso: quello che ci preoccupa è la nostra stessa sparizione. È vero, c’è una forte probabilità che ci estingueremo, ma possiamo stare tranquilli che la natura e la vita di questo pianeta ci sopravviveranno.

C’è un bellissimo libro che si chiama “Il mondo senza di noi” [Alan Weisman, 2007], in cui l’autore racconta quello che potrebbe accadere in nostra assenza: dopo qualche milione di anni non ci sarebbe più alcuna traccia di noi; le piante e gli animali tornerebbero a vivere serenamente. Quindi anche se la stiamo ferendo, la Terra non si lascerà distruggere irrevocabilmente da noi!

Titolo mostra:
La Nazione delle Piante
Date di apertura:
1 marzo – 1 settembre 2019
A cura di:
Stefano Mancuso
Allestimento:
Studio Folder
Luogo:
Triennale di Milano
Indirizzo:
Viale Emilio Alemagna, 6, 20121 Milano

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