In classe con Chris Burden

Paola Nicolin racconta della genesi del progetto “Piero Golia Diego Perrone on Chris Burden”, ma anche del dialogo tra generazioni, linguaggi dell’arte contemporanea e del parlarsi tra artisti.

Piero Golia Diego Perrone on Chris Burden, via Cesare Correnti 14 Milano
Abbiamo intervistato Paola Nicolin, tra i fondatori di Classroom centro di arte e educazione nato a Milano nell’aprile del 2016, sul workshop tenuto da Piero Golia e Diego Perrone su Chris Burden in via Cesare Correnti, ultimo episodio delle classi che hanno visto i Masbedo, Adelita Husni Bey e Hilario Isola protagonisti dei precedenti episodi. La mission di Classroom è quella di lavorare sul ruolo della storia e della teoria delle arti, come base di vari percorsi di formazione e sulle dinamiche con cui la storia è scritta, trasmessa e diffusa.

 

Domusweb: Cosa significa costruire una relazione con Chris Burden, che è americano ed è così lontano dalle generazioni più giovani, se non altro perché è morto?

Paola Nicolin: Con Classroom proponiamo agli artisti di creare un corso di storia dell’arte per degli studenti e insieme di progettare la loro aula. Con questo episodio volevamo creare un dialogo tra generazioni. Quest’anno abbiamo chiamato Piero Golia, artista italiano che vive a Los Angeles, che conosceva Burden e che dodici anni fa ha fondato la libera università d’arte The Mountain School of Arts, e che perciò ha un’idea ben chiara di cosa significhi insegnare. Golia ha accettato la proposta che comprendeva anche che collaborasse con Diego Perrone, scultore, un artista della sua generazione. Ci piaceva l’idea che ci fossero due punti di vista diversi su Chris Burden.

E come si può raccontare un’artista che è molto famoso ma per un pubblico abbastanza addentro l’arte contemporanea e che spesso conosce solo alcuni suoi lavori – penso alla performance in cui si fa sparare a un braccio – e il cui lavoro è piuttosto complesso. Ne è emerso una sorta di doppio ritratto. Tutto questo è stato facilitato dal fatto che Piero Golia ha ottenuto in prestito dalla famiglia dei materiali originali di Burden. Per averli è andato nel suo studio a Tupanga, in California e ha spiegato alla famiglia a cosa sarebbero serviti, cioè non per una classica mostra bensì, appunto per il workshop. In questo modo la classe ha avuto dei bellissimi materiali su cui lavorare.

Piero Golia Diego Perrone on Chris Burden, via Cesare Correnti 14 Milano
Piero Golia Diego Perrone on Chris Burden, via Cesare Correnti 14 Milano

Domusweb: Credi che – dopo anni in cui questo non avveniva più – si stia ricostruendo un dialogo tra generazioni?

Paola Nicolin: Sicuramente c’è un desiderio di rapportarsi con la storia in un modo molto libero e con freschezza. Di guardare anche ad episodi meno noti della storia dell’arte recente e usarli come materia prima. Penso per esempio alle poetiche dell’archivio, uno dei linguaggi più importanti della contemporaneità, piuttosto che al recupero della stagione del Moderno, talvolta anche dalle sue rovine. Oppure, ancora, al recupero del collage come tecnica. Con la consapevolezza che il futuro si costruisce a partire dal passato recente ma anche da quello lontano, senza troppe remore.

Gli artisti sono parte di una comunità e vivono degli scambi che all’interno di essa avvengono. Non credo però che sia così facile che si parlino. Oggi però questo sta avvenendo un po’ di più perché le forme che l’arte contemporanea sta sempre di più prendendo sono quelle della conversazione. Il fatto che grandi istituzioni e i musei, organizzano moltissimi momenti di dialogo, in primis con il pubblico, fa si che anche coloro che stanno “intorno al tavolo” si parlino. A me questo sembra molto interessante perché è un altro modo di scrivere la storia dell’arte, con un andamento acronologico, dove i fili della storia si intrecciano, è la grande rivoluzione degli anni 2000. E, se è vero che come diceva Alessandro Mendini ogni uomo è una scuola anche ogni artista è una scuola.

Domusweb: Ma il dialogo diretto fra gli artisti?

Paola Nicolin: Su questo punto resto dubbiosa. Gli artisti affermati hanno agende molto fitte e si muovono per il mondo, quindi hanno poco tempo. C’è però una tendenza in questa direzione, succede ma non così frequentemente.

Domusweb: Qual è stato il risultato di questo workshop? Sei soddisfatta?

Paola Nicolin: Sì. La sfida era difficile: parlare di scultura, performance, fotografia per interposta persona non è facile. E poi gli studenti hanno formato davvero una piccola classe coesa nonostante la loro provenienza non fosse omogenea. E questo è un altro aspetto interessante di Classroom. Abbiamo notato come si iscrivano non solo studenti delle Accademie di Belle Arti – un ambito disciplinare “naturale”–, ma anche del Politecnico e da altri ambiti della formazione.

È stato interessante anche il fatto che davvero Golia e Perrone hanno sviluppato due diversi punti di vista: l’uno più sul racconto, l’aneddoto, la storiografia; l’altro sui materiali, la materia di Chris Burden.

E poi lo spazio si è rivelato adatto al contenuto. E questo nonostante sia uno spazio dove faceva freddo, non c’è riscaldamento e non è stato ristrutturato, ma questo ha semmai amplificato l’idea dell’officina, quel luogo dove si crea la “reazione chimica”. Lo spazio ci ha permesso di essere più spontanei, sperimentali; di lasciare che studenti e docenti si confrontassero e si influenzassero a vicenda. Infine sono contenta che il risultato materiale del workshop, la piccola fanzine che hanno realizzato è un modo di presentare Burden senza farlo vedere. La fanzine è rilegata con dei pezzi di meccano che erano di Burden e che la famiglia ci ha regalato.

È la prima volta che da Classroom emerge un lavoro fisico che resta a ciascuno studente e anche questo è un bel risultato.

© riproduzione riservata

fino al 10 aprile 2017
The classroom
Piero Golia Diego Perrone on Chris Burden
a cura di: Paola Nicolin
via Cesare Correnti, 14 Milano

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