Design Museum Dharavi

A Dharavi, un laborioso sobborgo di Mumbai, è nato un interessante esperimento museale dedicato al design coordinato da Amanda Pinatih e Jorge Mañes Rubio.

Design Museum Dahravi, Mumbai 2016
Frutto di un processo aperto di scambio con la comunità locale, il Design Museum Dharavi guarda al progetto come fattore inclusivo e di sviluppo di nuove pratiche capaci di stimolare e dare consapevolezza delle loro abilità ai numerosi artigiani che vi lavorano. Amanda Pinatih e Jorge Mañes Rubio ci raccontano come è nato e come si sta sviluppando il programma del museo di Mumbai.

 

Marco Petroni: Come è nata l’idea del museo e come si è sviluppata?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Tutto è cominciato durante un viaggio di Jorge nel 2011. Durante la sua permanenza a Dharavi ha incontrato un luogo vivo, pieno di energia dove creatività e progettualità erano potenzialmente in ogni cosa che popolava la vita di questo straordinario frammento metropolitano. Quello che è stato più sorprendente è stato la scoperta di un tessuto produttivo fatto di piccoli laboratori condotti da artigiani che si tramandano antiche tecniche e saperi da generazioni vivendo uno accanto all’altro in uno stretto rapporto di relazione e scambio, una rete incredibile di piccole realtà produttive che generano un’economia locale spontanea e di altissimo valore sociale. Saperi manuali convivono accanto a imprese più avanzate tecnologicamente che utilizzano attrezzature a controllo numerico o di taglio al laser. Un mondo molto distante da quell’immaginario apocalittico che viene descritto e venduto in molti film, libri e tabloid. Un punto di vista che inizialmente ha condizionato anche il nostro sguardo, poi l’incontro con Rahul Srivastava e Matias Sendoa Echanove di URBZ (collettivo di architetti con sedi a Mumbai e Goa) che hanno più di dieci anni di esperienza di lavoro a Dharavi e un altri insediamenti informali in tutto il mondo ha facilitato lo spostamento dello sguardo verso potenzialità sottese e radicate nella comunità che vi abita. Al ritorno ad Amsterdam abbiamo dato vita a un gruppo di lavoro con il coinvolgimento di Amanda che è una storica e curatrice d’arte. A febbraio di quest’anno siamo stati a Dharavi per la creazione del museo e l’organizzazione di due mostre con numerosi laboratori ed eventi. Oltre al programma di Dharavi, abbiamo realizzato una mostra e una conferenza ad Amsterdam per presentare e far conoscere il museo raccontando la nostra esperienza anche in un libro. Il progetto ha ricevuto un premio dal governo olandese nella categoria “Best New Museum – Asia Pacific” ed è tra i progetti esposti al New Design Museum di Londra nella mostra “Beazley Designs of the Year”.  

Design Museum Dahravi, Mumbai 2016
Design Museum Dahravi, Mumbai 2016

Marco Petroni: Qual è il vostro approccio al progetto e come questo si esprime nel museo?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Noi pensiamo che il design, per essere rilevante oggi come nel futuro, dovrebbe stimolare un dibattito e promuovere una maggiore diversità in termini di utilizzo, forma e impatto sociale. Il Design Museum Dahravi mette in mostra talenti locali attraverso uno spazio espositivo nomade e impiega il design come strumento per promuovere un cambiamento in termini di innovazione sociale su una scala non solo locale ma soprattutto su una scena più ampia e globale.

Marco Petroni: Ho la sensazione che il vostro modo di progettare si avvicini a quello del traduttore di saperi locali che utilizza il design come mezzo significativo per indagare conoscenze attraverso oggetti materiali. Siete d’accordo con questo punto di vista? Potreste chiarire che tipo di processo avete attivato a Dharavi?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Sì, siamo d’accordo con questa tua visione, noi operiamo come connettori che utilizzano il design come un processo non come prodotto finale. Abbiamo voluto aumentare la fiducia dei produttori locali, fornendo loro il tempo, lo spazio e le risorse per portare la loro creatività un passo avanti e a realizzare oggetti che non hanno mai prodotto prima. In seconda battuta, abbiamo lavorato per cambiare il modo in cui il mondo (gli abitanti di Mumbai, ma anche i media internazionali) vede Dharavi, non come un ambiente nefasto, ma come un luogo creativo.

Ultimo ma non meno importante, prevediamo un museo dove le pareti sono mobili e che coinvolge realmente la comunità locale, piuttosto che vedere il museo come un simbolo di potere o di controllo.

Marco Petroni: Nella presentazione del progetto affermate che “a Dharawi gli artigiani hanno creato un ambiente in cui lo spazio del lavoro e della vita convivono in armonia. Una modalità di esistenza che si trova tra la macchina per abitare di Le Corbusier e lo strumento conviviale di Ivan Illich e così la casa si trasforma in un dispositivo di soddisfazione sia economica che umana”. Cosa significa? Pensate che la vostra idea di museo sia collegata con le esigenze reali della comunità locale?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Questa nostra affermazione vuole chiarire come sia la comunità locale a dare forma al proprio ambiente, usando le case anche come aree di lavoro. Il museo asseconda, esalta questo carattere flessibile ed elastico. La creazione di un museo in un posto come Dharavi, anche di natura temporanea o nomade, è in sé una provocazione. Ne eravamo consapevoli fin dall’inizio. Museo è una parola grossa, un’idea molto occidentale, e l’abbiamo scelta intenzionalmente. Per noi, Dharavi ha dimostrato di essere il posto giusto per re-immaginare un museo, proprio perché una tale idea in realtà non rientra in un contesto come quello. Potremmo cominciare da zero perché il concetto di un museo non esiste ancora qui, non perché non sia necessario. Lo spirito sperimentale del progetto sta proprio all’interno di queste barriere che mirava a rompere.

Marco Petroni: Vorrei sapere come è nata l’idea di lavorare su un museo come processo di partecipazione e quello che rende questo diverso da altri progetti analoghi?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Il Design Museum Dharavi nasce da pratiche che hanno visto il coinvolgimento della comunità locale e rappresenta una precisa identità che è unica e solo di quel luogo.

Marco Petroni: Definite Dharavi come un ingresso, una piattaforma per un mondo che cambia in termini di produzione e commercializzazione. Potete chiarire il senso di questa nuova opportunità che suona come un’occasione sociale ed economica per la comunità locale?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Probabilmente è troppo presto per determinare l’impatto economico che il museo ha sul business globale di Dharavi, ma siamo certi che rappresenti l’avvio di una buona pratica. Poche settimane fa abbiamo ricevuto una foto di uno dei vasai con cui abbiamo lavorato per la prima mostra. Mitul ha avviato la produzione di una nuova serie di pentole, unendo i pezzi più tradizionali con la collezione che ha creato per il Museo. Durante questa collaborazione abbiamo spinto noi stessi gli artigiani a compiere grandi passi in avanti: il pensiero di nuovi prodotti con tecniche tradizionali, nuovi modi di creare oggetti e forme impossibili per i prodotti esistenti. Questa sperimentazione è una novità per i produttori locali che normalmente non hanno molto tempo o le risorse per farlo. Così, per giungere a un prodotto reale abbiamo fatto dieci passi avanti e poi cinque passi indietro. Il che significa trovare una via di mezzo per l’innovazione in cui ognuno si sente a suo agio. Pensiamo che questi nuovi oggetti prodotti da Mitul mostrino come ora possa sentirsi a proprio agio a lavorare in questa terra di mezzo. Il museo sta aprendo nuove opportunità per lui e per la sua attività più in generale.

Marco Petroni: Il vostro progetto è ambizioso e apre a nuove pratiche nel contesto del design. Qual è il vostro parere personale sul futuro di questa disciplina e in che modo sarà diversa da quella di oggi?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Siamo entusiasti di vedere come i musei, il mondo accademico e le istituzioni culturali adotteranno un ruolo sociale più rilevante in futuro dove le metodologie e le teorie sul progetto si realizzano in scenari inaspettati. Qual è l’importanza delle collezioni di design oggi? In che modo queste collezioni saranno percepite in futuro, e come potrebbero evolvere in qualcosa di altro? Stiamo raccogliendo reperti sufficienti per un museo che cresce in un ambiente sociale segnato da una continua evoluzione? Noi crediamo che progetti sperimentali come il nostro possano anche essere impegnati non solo nel collezionare, ma anche nella creazione di nuovi oggetti di modo da attivare nuove narrazioni in contesti apparentemente difficili e promuovendo una prospettiva più diversificata su differenti culture e comunità. Pensiamo che il design sia un mezzo capace di potenziare queste comunità, il loro lavoro e la loro eredità culturale.

Marco Petroni: Il vostro progetto suggerisce alcuni temi vitali e urgenti per i progettisti con nuove possibilità e spazi d’azione ma che aprono problemi legati alla sfera economica, politica definendo un sistema complesso in cui necessariamente diverse discipline collaborano. Qual è la vostra opinione al riguardo?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Il mondo del design sta andando speditamente verso una visione multidisciplinare del mondo soprattutto in ambito accademico. La collaborazione tra diversi ambiti disciplinari è la condizione necessaria per stabilire nuovi percorsi di innovazione a diversi livelli da quello sociale a quello più autenticamente culturale. Ma in un luogo come Dharavi dove la base sociale è specializzata in un particolare commercio, e si lavora per perfezionare le tecniche utilizzate, innovazione significa efficienza. Entrambi gli approcci sono interessanti e così abbiamo pensato che il Design Museum Dharavi potesse portare a un dialogo tra queste visioni e approcci, anche se solo in una fase iniziale.

Marco Petroni: Quali sono gli obiettivi per il futuro e come pensate di migliorare il museo?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Il nostro primo obiettivo è quello di rendere il DMD sostenibile dal punto di vista economico, operativo e di svilupparlo ulteriormente.

Il secondo obiettivo è quello di esplorare la possibilità di creare progetti simili in luoghi diversi. Abbiamo raccolto tutto quello che abbiamo imparato da questo progetto in un manuale e l’idea è quella di creare un modello flessibile che in futuro possa essere implementato in altri insediamenti simili. Abbiamo voluto indagare come il design può contribuire a creare un forte senso di identità in questi luoghi e nelle comunità che vi vivono.

Marco Petroni: Come si sostiene il progetto?

Amanda Pinatih, Jorge Mañes Rubio: Nel 2016 il Design Museum Dharavi è stato sostenuto da un finanziamento governativo olandese. Ora siamo alla ricerca di nuovi partner per esplorare anche nuove possibilità operative.

© riproduzione riservata

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