Bopeep: la luce dietro il sipario

Dalla prima selezione della giuria del concorso d’idee lanciato lo scorso aprile nasce un nuovo progetto Natevo. Domus ne parla con il progettista Roberto Paoli.

Roberto Paoli, Bopeep, Natevo
Dopo la presentazione della prima collezione ‘pilota’, avvenuta lo scorso aprile, e il contestuale lancio del concorso d’idee permanente per nuove soluzioni d’arredo luminoso, Natevo compie un passo ulteriore e presenta un nuovo progetto nato da questa speciale iniziativa, primo esito dei lavori della giuria del concorso riunita lo scorso giugno per analizzare i progetti arrivati sul sito web dedicato.
Roberto Paoli, Bopeep, Natevo
Roberto Paoli, Bopeep, Natevo. Bopeep è un contenitore polifunzionale che può indifferentemente essere posto a terra o a parete

Domus: Come hai accolto l’invito di Natevo a progettare prodotti ibridi tra lampade e mobili?

Roberto Paoli: Pur non essendo un amante, in generale, della multifunzionalità in sé degli oggetti, ho condiviso in pieno la scelta di Natevo perché la interpreto come volontà di legare questa caratteristica a un’essenziale semplificazione del nostro rapporto con lo spazio. Da parte mia, ciò significa anche un’idea di recupero di spazio. È ciò che ho voluto fare con Bopeep, un arredo, pensato principalmente per l’area ingresso della casa, che riunisce tre oggetti: uno specchio in cui guardarsi prima di uscire, una consolle su cui appoggiare (e qui anche celare, dietro lo specchio-sipario) quelle cose che in casa non servono, e che non sarebbero nemmeno così ‘belle’ a vedersi, ma che devono essere facilmente ritrovate quando serve, e infine la luce. Tre oggetti raccolti in un arredo compatto, che non vuole colpire esteticamente ma sottrarre spazio a quelle funzioni, per così dire, meccaniche del quotidiano e restituire lo spazio guadagnato ad altro, a cose dal valore emozionale più forte.

Roberto Paoli, Bopeep, Natevo
Roberto Paoli, Bopeep, Natevo. Lo specchio è un sipario che nasconde gli oggetti riposti sui 5 ampi ripiani del mobile e li rende ben visibili grazie a una sorgente luminosa LED della lunghezza di 1800 mm montata sulla sua parte posteriore

D: Non è la sola cosa che condividi con Natevo, poiché hai attivato un sito che, prevedendo un ‘promessa di acquisto’ per promuovere la realizzazione dei progetti presentati, funziona in modo molto simile.

R.P.: Anch’esso è infatti ispirato a Kickstarter, mi appassiona questa modalità, quindi ci siamo trovati in totale sintonia. Poi, rispetto a questa formula, ciò che propone Natevo è molto intelligente perché incrocia la dimensione virtuale con quella fisica, anche perché bisogna considerare abitudini di mercato che non possono essere trascurate improvvisamente, soprattutto in un mondo, quello del mobile, in cui sarebbe difficile scegliere esclusivamente dalla Rete senza quel momento rassicurante che ti permette di toccare con mano ciò che stai per acquistare. In fondo, parliamo di oggetti voluminosi destinati ad accompagnarci per molto tempo, se non per tutta la vita, nelle nostre case.

Roberto Paoli, Bopeep, Natevo
Roberto Paoli, Bopeep, Natevo. La struttura portante è in lamiera laccata bianco lucido (spessore 3 mm), il pannello frontale a specchio (spessore 4 mm) è molato a filo lucido con angoli raggianti

D: Il progetto Natevo rappresenta anche un’occasione preziosa che permette a chiunque di sottoporre liberamente un’idea, o meglio un progetto, a una grande azienda senza la necessità di un contatto più o meno consolidato con essa.

R.P.: È una grande apertura, soprattutto in questo momento di difficoltà del mercato, che scardina rapporti convenzionali per sperimentare nuovi processi di dialogo tra designer, aziende e consumatori, e di cui sarà estremamente interessante osservare gli sviluppi.

Roberto Paoli, Bopeep, Natevo
Roberto Paoli, Bopeep, Natevo. La luce, riflettendo sulle pareti interne, illumina sia il contenuto del mobile sia l’ambiente in cui è collocato. Bopeep offre due opzioni di luce: calda (3500°K) o naturale (4200°K), 14,4 W/m

D: Bopeep è il primo progetto che ha percorso tutto l’iter del concorso. Come è stato il vostro personale rapporto con Natevo e il centro ricerche Flou? E come si è sviluppato il progetto, sono state fatte modifiche rispetto alla versione originaria proposta?

R.P.: Abbiamo spedito più progetti, ne è stato selezionato uno e siamo stati convocati una volta fatto il primo prototipo. Da quel momento c’è stata una buona collaborazione, con modifiche anche sostanziali al prototipo: per esempio, avevamo previsto spessori maggiori, e quindi l’utilizzo di un materiale fenolico o un MDF verniciato, ma infine è stata scelta la lamiera che avrebbe permesso spessori più sottili e un risultato più raffinato dal punto di vista percettivo, e anche migliore come costo. Quindi abbiamo cambiato il materiale, poi sperimentato la possibilità di aggiungere una luce o una lastra specchiante, e così via fino al prototipo finale. E il tutto è filato via molto liscio. D’altra parte Flou è un’azienda che lavora molto bene e, soprattutto, al suo interno si può contare sulla presenza di persone preziosissime, figure storiche si può dire, che sanno guardare un progetto e dirti al volo come realizzarlo nel migliore dei modi, oppure ti chiamano dopo dieci giorni per mostrarti un prototipo che risolve aspetti cui tu non avevi nemmeno pensato. Sono il vero patrimonio della cultura del design italiano.

 

Roberto Paoli, Bopeep, Natevo
Roberto Paoli, Bopeep, Natevo. Schizzo di progetto

D.: Nel caso di Natevo, ciò rappresenta anche la garanzia di qualità, si può dire, offerta da un nucleo solido e tradizionale rispetto a un processo allargato in cui tutti, attraverso la Rete, possono rivestire potenzialmente un ruolo decisivo, sia all’inizio, come creativi, sia alla fine, come promotori effettivi della produzione di un oggetto: un iter circolare e apertissimo agli utenti finali che è uno degli aspetti più innovativi di questa iniziativa.

R.P.: Infatti, e proprio in virtù di tale apertura anche per Bopeep non sono ancora finiti gli esami, perché ora dovrà essere sponsorizzato dal pubblico di Internet per iniziare davvero il suo ciclo di vita. Speriamo che piaccia.

D.: A proposito: perché Bopeep?

R.P.: Volevamo un nome che enfatizzasse il concetto di riporre gli oggetti in un luogo un po' nascosto, ma anche un nome un po’ scanzonato. Bopeep è il modo in cui i bimbi inglesi chiamano il gioco del nascondino, e con lo stesso nome è chiamato il gioco in cui un bimbo si nasconde dietro qualcosa ed esce all’improvviso e fa 'boo'! Che da noi è forse il gioco del cucù.

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