Milano Design Week

Salone del Mobile e Fuorisalone 2025


Una stanza d’albergo temporanea, sospesa su Milano

Tra le tempeste del Fuorisalone, su un tetto della città atterra Faro Milano, il prototipo di una camera d’albergo che gioca sui paradossi del tempo.

Nel 1997 con l’installazione Hotel Interclone per la Biennale di Istanbul, Diller Scofidio + Renfro si interrogavano sul senso e i limiti del paesaggio mono-culturale della camera d’albergo: un format prototipico e introverso, indifferente ai linguaggi e alle specificità delle città e dei mondi che li circondano.

Ribaltando completamente quella distopia d’interni, lo studio RMA (Roberto Murgia Architetto) realizza a Milano, in via Bettinelli 3, un prototipo di micro-albergo che al contrario esteriorizza ed enfatizza al massimo l’ambiente interno, rendendolo (super)visibile alla città.  

Nasce così Faro Milano: un parallelepipedo di un piano in acciaio e vetro, trasparente su tutti i lati, che trasforma un'alta torre di mattoni degli anni Sessanta, originariamente destinata ad antenna telefonica, in una lanterna urbana stagliata sulla Darsena dei navigli, il piccolo e storico porto di Milano.

Il nuovo segnale irradiato dall’edificio, evolutosi in altezza e significato, non risiede soltanto nell’emanazione luminosa, visibile da gran parte della città. Aperto alla condivisione e alla molteplicità di usi (oltre a tre camere campione, è dotato di una cucina, uno spazio per il coworking, un living e uno sky deck, tutti liberamente usufruibili), Faro Milano è anche in fondo una riflessione sul rapporto tra gli interni e le città, più o meno stabile, più o meno temporaneo.   

Faro Milano di RMA (Roberto Murgia Architetto) foto Giovanni Hanninen

Pur amplificando ed esteriorizzando il tema di appartenenza, il progetto non può prescindere da un medesimo destino transitorio, anche se esteso rispetto agli standard del turista medio. Fra tre mesi la sparizione della sua luce lascerà forse un interrogativo sui limiti dei luoghi troppo legati al concetto di “tempo”, in un’epoca in cui spesso lo “spazio” sembra volersi ritirare in una camera d’albergo.  

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