Come ci muoveremo? Un quadro del presente per capire gli scenari che ci attendono

La sfida della guida autonoma, l’esplosione dell’elettrico e i costi di una transizione: abbiamo chiesto a Gian Luca Pellegrini, direttore di Quattroruote, di tracciare un profilo della nostra mobilità attuale prima di discuterne il futuro nel prossimo domusforum.

mini urbanaut - domus

L’Expo 2020, che ha aperto a Dubai a inizio ottobre, dedica un terzo della sua superficie, e un intero padiglione tematico, alla mobilità. Il racconto che si sviluppa è però, come nella maggior parte dei casi attuali, quasi interamente di scenario, volto esclusivamente al passato e al futuro. Noi invece come ci stiamo muovendo? In che modo siamo arrivati a concentrare i temi della mobilità contemporanea attorno a grandi narrazioni come il motore elettrico e la guida autonoma, e quanto queste stanno condizionando il nostro oggi? 

Gian Luca Pellegrini, direttore di Quattroruote, ha tracciato per noi proprio quel quadro del presente necessario a capire e costruire qualsiasi scenario.

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Zoox, il robotaxi autonomo di Amazon il cui lancio è previsto nel 2022. In apertura: la Vision Urbanaut di Mini, concept per la mobilità elettrica multimodale.

Negli ultimi anni — ci racconta — sta dominando una filosofia di mobilità individuale identificata dall’acronimo C.A.S.E.: ci muoviamo su veicoli sempre più connected, autonomous, shared, electric. L’autonomous , ossia guida autonoma, sta in realtà vivendo una temporanea battuta d’arresto per mancanza di infrastruttura pubblica e normativa: un’auto intelligente richiede strade intelligenti, che le varie autorità non hanno i mezzi per predisporre, oltre a non aver definito alcun regolamento a riguardo.  
Analogo stallo per lo shared, condiviso, che ad oggi conosce una redditività ancora bassa, se non nulla. A costo di grandi sforzi economici resta comunque una via percorsa solo perché ritenuta innovativa e promettente, ma intanto gli investimenti vengono deviati sull’elettrico.
Quanto al connected, poi, sappiamo che le automobili sono oramai delle grandi antenne, e la sfida è renderle aggiornabili in remoto tramite software proprietario, cosa che per ora succede solo con Tesla. Praticamente come un telefono? “La narrativa è quella, ma teniamo anche conto che le auto sono organismi molto più complessi, con un ciclo medio d’utilizzo di 15 anni e destinate a dover funzionare sott’acqua come a 40 gradi”.

amazon zoox - domus
Gli interni connessi di Zoox

Electric, infine.  “Una scelta politica, prima che tecnologica” sottolinea Pellegrini: “in Europa la si è operata fissando per il 2035 dei benchmark di emissioni raggiungibili solo da un motore elettrico; l’intento è stato quello di fare da apripista, contestuale alla perdita di incisività dell’industria automobilistica rispetto alla politica dopo lo scandalo Dieselgate del 2015”. Una scelta localizzata, legata al solo mercato europeo e ai suoi 15 milioni di auto all’anno su 90 prodotti a livello globale, e soggetta all’azione di numerose condizioni esogene difficilmente controllabili dai produttori e dalle politiche nazionali: il costo dell’energia in aumento, la filiera dei materiali controllata da pochi attori, prima tra tutti la Cina.

I produttori oltretutto devono affrontare investimenti e richieste strategiche enormi che li portano a considerare di unirsi per affrontare la sfida, come già fanno per lo sharing. Per indicare il peso che le innovazioni hanno sui tempi e modi produttivi dell’auto, basta pensare al fatto che la recente carenza dei semiconduttori — che ha parzialmente paralizzato le consegne di veicoli — si lega sì al rallentamento della domanda lungo il 2020, ma soprattutto alla discrepanza tra la vita di un chip per auto (14 anni) e quella di un chip per dispositivi generici (telefono, tablet 2-3 anni): il primo, rapidamente obsoleto e non conveniente, non rappresenta più una priorità per i fornitori, che hanno dato la priorità ad altri settori.

Nonostante tutte le difficoltà, la scelta elettrica è comunque decollata, anche incoraggiata dall’azione dirompente di alcuni game changers: “Tesla infatti continua ad affascinare tutti quanti perché ha fatto vedere che un’auto diversa era possibile, ha ribaltato canoni che non si erano mossi per 100 anni”, dice Pellegrini. Tesla è un attore che, nonostante le produzioni limitate, in borsa ha grandissimo valore, in ragione del suo ruolo di pioniere. Oltretutto è leader perché ad oggi unico detentore di software proprietario, quindi indipendente; ma non è destinata a rimanerlo a lungo, visto che giocatori “pesanti” come Volkswagen stanno dirigendosi verso lo stesso orizzonte nell’ottica di una produzione full-electric.

tesla solar roof - domus
Due prodotti Tesla: la Model S e il Solar Roof con cui produrre l'energia per la ricarica.

Il discorso ci restituisce un mercato dell’auto in piena salute, e non possiamo non chiederci se questa sia una regola valida globalmente e destinata a durare ancora a lungo.
Il mercato dell’automobile, della mobilità individuale privata — questa la risposta — non è in flessione; anzi, la domanda aumenta. Ci sono interi mercati che devono ancora conoscere una motorizzazione di massa — l’India, il Sud America, più tardi si aggiungerà l’Africa — e nulla fa presagire che questa motorizzazione sarà differente da quelle occidentali passate, e da quella cinese recente.
Si parla di auto come commodity, come bene di servizio o consumo, ma se così fosse davvero, lo sharing nelle città dovrebbe essere in attivo. La situazione attuale ancora non dà ragione a questa interpretazione.

Automobile come commodity: Share Now, il servizio car sharing di BMW

Nella visione di Pellegrini, lo scenario attuale difficilmente può essere modificato con un’iniziativa localizzata e estremamente dispendiosa come la transizione — solo europea — al motore elettrico, la cui impronta complessiva oltretutto resterà inquinante fino a che la rete di produzione energetica non sarà a maggioranza rinnovabile o pulita: “Si è buttato il cuore oltre l’ostacolo, ma non ci si è accorti di quello che c’è a monte (…) molto spesso ci si concentra su dove si vuole arrivare, senza vedere dove siamo, e altrettanto spesso si affronta il tema da posizioni pregiudiziali senza considerare fattibilità e vera domanda.”
Una riforma del nostro stile di vita anche rispetto alla domanda di mobilità, che si è mostrata possibile negli ultimi due anni, sarebbe quindi più efficace oltre che più immediatamente e facilmente praticabile: la provocazione rimane aperta, a segnare la sfida che attende le città del futuro, cuore della discussione del prossimo domusforum.   

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Il concept di ferry a guida autonoma della startup norvegese Zeabuz
Immagine di apertura:
Vision Urbanaut di Mini, prototipo, 2021
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