Venini, azienda che ha reinventato il vetro

Nel corso della sua storia la vetreria-mito, che ha reinventato in ottica di abitare moderno l’artigianato di Murano, ha collaborato con nomi celebri del design e ha anche una parte in 007. Una mostra la celebra.

Nel festeggiare i dieci anni di attività “le stanze del vetro” nell’Isola di San Giorgio a Venezia ospitano ora la mostra “Venini Luce 1921-1985” curata da Marino Barovier. Dieci anni di attività, scanditi da mostre, convegni, attività didattiche e l’acquisizione di numerosi cruciali archivi d’impresa e d’artista consegnano oggi un consistente patrimonio sulle eccellenze della storia del vetro muranese. Di questa storia Venini è la vetreria principe.

Visitare la mostra significa ripercorrere la formidabile produzione illuminotecnica di una vetreria-mito e poter fare il punto su quanto quell’esperienza abbia avuto delle ricadute sulle produzioni coeve di altre realtà industriali presenti nell’isola del vetro.

Nata subito dopo la seconda guerra mondiale, su iniziativa di un avvocato (il non veneziano Paolo Venini) e di un antiquario locale (Giacomo Cappellin) la Vetri Soffiati Muranesi Cappellin-Venini & C. è l’emblema della reinvenzione dell’artigianato artistico nella prospettiva di un abitare moderno. Reinventare la tradizione locale per creare un nuovo stile, elegante quanto contemporaneo, è il compito al quale vengono chiamati il vetraio Andrea Rioda e il pittore Vittorio Zecchin, direttore artistico dell’impresa.


Il successo è quasi immediato e l’affermazione dell’impresa passa per le grandi esposizioni. Già nel 1923 Venini presenta la sua produzione alla I Mostra internazionale delle arti decorative di Monza, seguiranno poi tutti i luoghi della creazione dello “stile italiano” degli anni venti la Triennale di Milano, la Biennale Arte di Venezia, la Quadriennale di Roma, l’Esposizione Nazionale e Internazionale di Torino.

Dopo solo un lustro Venini scioglie il sodalizio e costituisce la V.S.M. Venini & C. La direzione artistica viene affidata allo scultore muranese Napoleone Martinuzzi che introduce lavorazioni speciali e allarga l’offerta, incentrata sui vasi, verso quella di oggetti stilizzati e manufatti per l’illuminazione pubblica e privata. E questo il periodo in cui sono assunti a collaborare l’architetto Tomaso Buzzi, Gio Ponti e un giovane talentoso e sconosciuto veneziano: Carlo Scarpa.

Scandita per finestre temporali nella sequenza delle stanze espositive, l’esposizione presenta le tipologie illuminotecniche e la ricerca costante su nuove qualità del vetro di quel periodo. Cruciale negli anni '30 la messa a punto di sistemi a moduli di fasce in vetro, con differenti superfici e differenti disegni, accostabili con supporti in metallo teoricamente impilabili senza fine. Queste produzioni garantiranno, nella costante fornitura per cantieri di opere pubbliche quali stazioni ferroviarie, uffici postali e amministrativi, una dimensione industriale capace di supportare la ricerca artistica e la piccola produzione artigianale che sempre distinguerà il nome Venini.

“Venini Luce 1921-1985” curata da Marino Barovier. Foto Enrico Fiorese
“Venini: Luce 1921-1985”, Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio, Venezia. Foto Enrico Fiorese

Tra i tanti spunti a scandire le sezioni espositive, si segnala la documentazione d’archivio comprendente grandi fogli di bozzetti e fotografie d'epoca ad illustrare il salone dell’Albergo Principi di Piemonte a Torino realizzato nel 1937, hotel realizzato all’interno del progetto della Via Roma, considerato il progetto pilota della “nuova” urbanistica fascista.

Il fondo oro delle nicchie perimetrali a mosaico, animato a rilievo dagli elementi in vetro a costituire un tutto, messi in risalto dalla fonte luminosa radente, schermata dalle basse spalliere dai divanetti posti alla base, testimonia per date di esecuzione e collaborazioni di lavoro attivate la notevole qualità del risultato.

Venini è dunque al centro del sogno della luce artificiale che, grazie al materiale vetroso, partecipa e qualifica lo spazio del residenziale e pubblico. Stilisticamente differenti convivono negli stessi anni gli intenti perseguiti nella ricerca d'azienda, di un corpo luminoso che tendenzialmente vuole fondersi con la forma e struttura dello spazio.

“Venini: Luce 1921-1985”, Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio, Venezia. Foto Enrico Fiorese
“Venini: Luce 1921-1985”, Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio, Venezia. Foto Enrico Fiorese

Il dopoguerra continuerà questa storia con altro spirito e intenti non più autarchici ma internazionali. Nel 1954, le allungate “campane” di Venini a fasce orizzontali in diversi colori partecipano a un’altra icona dell’interior italiano, lo spazio Olivetti dei BBPR a New York, segnando una nota di colore sul grande bassorilievo della parete monocroma in sand casting creato da Costantino Nivola.

Di questa vicenda – che conduce l’affermazione di Venini a un'impresa di rilievo chiamata a costruire gli elementi in vetro dei grandi edifici internazionali nell’ambito dello spettacolo, dei musei, degli hotel – l’esposizione rende conto attraverso la ricostruzione di due installazioni a grande scala. La prima ripropone in forma ridotta la schermatura del lucernaio a Palazzo Grassi realizzata nel 1951 con “velari” in cavi d’acciaio ad infilare sfere in vetro di differente formato.

La seconda ricrea in uno spazio neutro la grande installazione realizzata da Carlo Scarpa con elementi in vetro poliedrici di tre differenti colori per il Padiglione del Veneto, alla Mostra delle Regioni di Italia ’61 a Torino. E questa una ricostruzione eccezionale, una vera sintesi del ruolo cruciale svolto dalle produzioni Venini nella storia dell’architettura italiana e dell’immagine del Made in Italy.

Lampada da tavolo in vetro opalino bianco con fasce verticali rosse su disegno di Massimo Vignelli, 1955, collezione privata
“Venini: Luce 1921-1985”, Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio, Venezia. Lampada da tavolo in vetro opalino bianco con fasce verticali rosse su disegno di Massimo Vignelli, 1955, collezione privata

Quei poliedri, già impiegati per dare forma al grande lampadario posto al centro del padiglione italiano dell’Expo di Bruxelles (allestito dai BBPR e considerato il manifesto della revisione italiana del modernismo attraverso la riconsiderazione della storia), sono trasformati da Scarpa in uno spazio-installazione che annuncia le ricerche degli anni Sessanta.

Ricerche che continueranno nelle collaborazioni degli oggetti organici prodotti da Venini con Fulvio Bianconi, Alessandro Mendini, Gae Aulenti ed Ettore Sottsass e anche molti designer stranieri come Tyra Lundgren, Ken Scott, Taplo Wirkalla. In un successo sempre più esteso che anche James Bond, alias Roger Moore, dovrà interessarsi alla produzione di Venini se vorrà provare a salvare il mondo in Moonraker.

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