La Casa de vidro di Lina Bo Bardi presentata da Gio Ponti

Dall’archivio Domus, l'icona di una nuova stagione della modernità progettata da una figura indipendente di un brutalismo latino e globale.

Nel secondo dopoguerra, Lina Bo ha lasciato l’Italia e ha ormai stabilito in Brasile una sua fiorente pratica di progettista che la confermerà come protagonista di una stagione cruciale per l’architettura sudamericana, una voce indipendente nel panorama del Brutalismo Paulista di figure come Paulo Mendes da Rocha e João Batista Vilanova Artigas. La sua è una figura di ponte tra diversi epicentri dell’architettura globale, che combina le ricerche del moderno europeo a quelle autonome del suo nuovo continente d’appartenenza. Gli anni ‘50 sono, in questo campo, anni in cui i confini si riaprono, modelli e linguaggi circolano rendendo realtà quell’International Style esistito più nelle teorie nei decenni precedenti. Domus racconta e alimenta da subito questo scambio, pubblica le architetture per la pace di un giovane Kenzo Tange nel 1952, e nel febbraio del 1953, sul numero 279, racconta nelle parole di Gio Ponti la Casa de vidro, il manifesto di un’altra modernità, firmato Lina Bo Bardi.

Domus 279, febbraio 1953

La “Casa de Vidro”, Lina Bo Bardi arch.

Ci si può compiacere di ritrovare nella architettura di questa dimora che andrà col nome di “casa de vidro”, come già la chiamano a San Paulo, una coincidenza con quei principi verso i quali muove l'architettura moderna, nei suoi esponenti più intelligenti.

Essenzialità: la casa che è tutta su un piano, sporge in parte a volo sul terreno che di sotto discende. È chiarissima. Volume orizzontale e ritti verticali sottilissimi si toccano e s’attraversano, ma restano indipendenti: non v’è confusione: i volumi orizzontali di muro e vetro della casa, sono anzi meglio espressi dalla esilità dei ritti, per la voluta assenza d’una tessitura strutturale visibile che avrebbe fatto “scendere” la composizione fino a terra. Apposta tutto quello che è nel vuoto “sotto” i muri della casa (e non quello che è incassato nel terreno), è esclusivamente metallico (ritti e scale).

Domus 279, febbraio 1953

La parte a volo (che non è una parte a sbalzo, ma appoggiata) è tutta vetrata, trasparente, leggera: cioè è esatta. Questa è una architettura intelligentissima, senza nulla di più o di meno di quel che occorre. Nulla da aggiungere, nulla da levare. Essenziale.

È un esemplare unico, nuovo, isolato, non imitabile, e tuttavia pieno di insegnamenti. […] Questo risultato totale di finito, di risolto, senza lacune, è una lezione d’architettura, che convalida un’opera che noi ammiriamo.
Domus 279, febbraio 1953

Illusività: tutte le architetture hanno egual peso naturale, ma disuguale peso espressivo. Questa casa ha un “peso espressivo” zero, cioè crea l’illusione di una leggerezza estrema. Valori di illusività sono in fondo le due solette orizzontali, due labbri di esiguo spessore ai margini, a volo: risultano emozionanti come tutte le espressioni d’arte. Fra esse solo cristalli, e totalmente. Lo spazio, il vuoto, non è intercluso da pareti ma circola attraverso i cristalli totali e penetra e traversa la casa anche dal sotto del piccolo patio vetrato. È spazio e non volume: o un volume trasparente. È una casa immersa nell’aria, periscopica.

Qui stanno già alcuni dei suoi valori poetici. Il posto da stare di giorno è librato nel vuoto, è l'occhio della casa, è tutto luce, aria, sole, verde, spazio, atmosfera: è un balcone, un posto d’osservazione. Il posto da stare per la notte è invece, come deve essere, murato, segreto. Protettore del letargo: così quello dei servizi, viscere della casa. Perfetto. Altri valori poetici, identificati con mano maestra sono in queste parti murate, dove si deve stare al chiuso: per chi se ne intende basti vedere le foto.

Domus 279, febbraio 1953

Fantasia di precisione: la casa è d’una fantasia totale, d’una fantasia difficile, quella delle precisioni, e del rigore, della coerenza, della unità. L’architettura, dissi, è un cristallo. Togliamo una volta per sempre alla “fantasia” il significato di volubilità, e di fronzolo, di abbandono romantico, di melodico: torniamo al suo significato di totale concezione fantastica, in un rigore bachiano. Così è questa casa: non è “piena di fantasia”, è un atto di fantasia: anche è una fantasia nel suo coraggio, che è magari temerità.

Personalità: il rigore, la coerenza totale anche in minuti particolari sono il segno della forza di una personalità. A volte la personalità la si vuol cercare o ridurre nelle accondiscendenze, nelle indulgenze, negli abbandoni; qui la si riconosce invece nelle virtù (virtus-forza), che sono unità, rigore, coerenza, bravura di mestiere, singolarità, nessun abbandono, nessuna concessione: questa casa vuol essere unica, aborre da ogni luogo comune o frequente (non ci sono brise-soleil). È un esemplare unico, nuovo, isolato, non imitabile, e tuttavia pieno di insegnamenti. Chi l’ha vista ed ammirata, come me, ricorda risoluzioni interessantissime; dagli attacchi elettrici a muro, ai doccioni. Questo risultato totale di finito, di risolto, senza lacune, è una lezione d’architettura, che convalida un’opera che noi ammiriamo.

Domus 279, febbraio 1953

Lina Bo, donna intelligentissima, che lavorò a Milano, ci lasciò senza notizie del suo lavoro in Brasile. Ci piace farne conoscere per primi in Italia la prova bellissima. Essa si fa riconoscere un posto nell’architettura moderna. E la “casa de vidro” deve essere classificata nell’argomento della architettura moderna. Fa onore al Brasile che l’ha motivata, ed all’Italia dalla cui scuola deriva.

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