La sfida post-pandemia: gli spazi al chiuso potranno essere nuovamente sicuri?

In dialogo con quattro interlocutori d'eccezione, Domus esplora gli impatti del Covid sull’ambiente costruito, per capire come si riconfigurerà il ruolo degli edifici in quanto promotori di benessere e salute.

Il Covid ha messo in luce l’urgenza di ambienti costruiti che promuovano la salute e l’inclusività, non solo per riconquistare la fiducia delle persone e permettere un ritorno sicuro agli spazi interni, ma anche per prevenire la futura diffusione di nuovi virus.

Per il nostro benessere fisico, mentale e sociale, il modo in cui progettiamo gli edifici che abitiamo è di vitale importanza . Che siano privati o pubblici, urbani o rurali, gli ambienti costruiti dovrebbero assistere alla salute di tutti i loro utenti. In particolar modo, in tempi di emergenza sanitaria come una pandemia globale, pianificare saggiamente decisioni rigurdo sistemi di trasporto, ambienti di lavoro e luoghi di incontro può avere un impatto significativo sull’esito della crisi.

Rivalutare gli standard sanitari

“L’ambiente fisico e sociale in cui viviamo ha un enorme impatto sulla nostra salute, a partire dai cambiamenti d’umore e dal tempo che trascorriamo nella natura,  fino al modo in cui il nostro cibo viene prodotto e confezionato e a come ci muoviamo all’interno di uffici, scuole e altri luoghi”, dice Ann Marie Aguilar, vicepresidente dell’International WELL Building Institute (IWBI).

L’Istituto, che è alla guida del movimento globale per salvaguardare la salute e il benessere negli edifici, promuove il WELL Health-Safety Rating, un rapporto da attuare per prevenire minacce alla salute. Prendendo in considerazione metriche di performance come la qualità dell’aria e dell’acqua, l’illuminazione e l’acustica, il rating punta a ridurre al minimo l’esposizione ad agenti patogeni e malattie infettive, spiega Aguilar.

Garantire un livello base di qualità dell’aria interna che contribuisca alla salute degli utenti dell’edificio è ora diventato un requisito fondamenteale. Il rapporto sancisce che la qualità dell’aria interna sia testata contro contaminanti come il particolato (PM2.5/PM10) o altri composti organici volatili (VOC).

Il rating dell’IWBI ha avuto particolare applicazione durante e subito dopo la pandemia di Covid-19, raggiungendo l’equivalente di un miliardo di metri quadri di spazi iscritti, che includono tutte le industrie e vari tipi di edifici. “Raggiunta in soli nove mesi, questa pietra miliare segnala un’adozione globale accelerata di strategie che utilizzano gli edifici in prima linea nella battaglia immediata contro il Covid-19 e che aiutano le aziende a muoversi verso un impegno a lungo termine in nome di luoghi più sani”, sottolinea Aguilar.

Ann Marie Aguilar. Foto International WELL Building Institute (IWBI).

L’unione di design e tecnologia per favorire il benessere

Come immediato impatto del pandemia sul mercato, i consumatori hanno iniziato a prediligere prodotti che possano garantire un livello più alto di igiene e sicurezza, pur tuttavia senza perdere di vista comfort e praticità. Patrick Speck, Leader di LIXIL Global Design, EMENA prende a cuore la questione.

“In che modo, come gruppo, possiamo capire queste esigenze per poi creare prodotti che facilitano le routine quotidiane sostenendo il benessere mentale e fisico?”, si chiede Speck incontrando Domus. La risposta, spiega, sta nel raccogliere dati sui trend di mercato, impegnarsi in discussioni più profonde con i consumatori, analizzare il loro comportamento e rispondere rapidamente con soluzioni di design universale.

“L'architettura degli spazi pubblici sta cambiando e penso che, per essere di nuovo rilevanti per tutti i target, dobbiamo creare esperienze tra il consumatore e il prodotto che favoriscano il comfort, aiutino le persone con tutti i livelli di abilità a rimanere indipendenti e offrano soluzioni eco-sostenibili”, commenta Speck.

Queste linee guida su igiene e benessere si riflettono, fra altri, nei prodotti GROHE, uno dei brand del gruppo LIXIL e azienda leader a livello globale nelle soluzioni complete per il bagno e sistemi per la cucina sanitari. In particolare, nel suo perfezionamento della gamma di prodotti dotati di tecnologia touchless che, oltre ad assicurare migliori livelli di igiene, offre vantaggi anche in termini di accessibilità e riduzione degli sprechi.

“Da una recente ricerca condotta nei ristoranti del Regno Unito, abbiamo rilevato che i consumatori si sentono decisamente più rassicurati e a loro agio nel frequentare spazi pubblici che siano dotati di questo tipo di prodotti”, illustra Speck. “Ora la richiesta della tecnologia touchless è maggiore e destinata a diffondersi ancora di più negli spazi pubblici”.

Ma nuovi standard e abitudini di vita hanno influenzato il design anche negli spazi privati. Le ultime collezioni del brand, infatti, evidenziano il nuovo ruolo centrale assunto dal bagno durante i lunghi mesi della pandemia, come nel caso della rinnovata linea GROHE SPA che offre esperienze sensoriali su misura per ricreare la propria spa domestiche.

“Credo molto nelle nuove tecnologie”, continua Speck. “E in questo momento stiamo solo grattando la superficie di ciò che possiamo fare con esse, come la personalizzazione dei prodotti e la riduzione del consumo di materiali, acqua ed energia nel processo di produzione”. Speck aggiunge che, in futuro, il digitale continuerà ad essere campo di esplorazione per l'azienda, in quanto potrebbe aiutare a comprendere meglio e prevedere l’interazione di comportamenti e interventi a favore della salute.

Patrick Speck Leader LIXIL Global Design. Foto LIXIL, EMENA.

Ambienti più sani e più inclusivi

La dott.ssa Helen Pineo, docente di Sustainable and Healthy Built Environments presso l’UCL Institute for Environmental Design and Engineering (IEDE), ritiene che finora abbiamo adottato una concettualizzazione troppo ristretta degli standard sanitari per gli edifici. Non dovremmo concentrarci sugli impatti che hanno “solo sui loro occupanti, ma anche sulle comunità vicine e persino sulle persone che vivono molto più lontano”, spiega Pineo.

Secondo la docente, questi ultimi mesi hanno evidenziato come il miglioramento della qualità della vita e del benessere dovrebbe essere fatto su scala sociale e non guardando solo ai gruppi privilegiati. “Un edificio che promuove la salute tiene conto delle esigenze di tutta la popolazione”, commenta Pineo. “E dovremmo ampliare questo approccio sia nello spazio (a livello locale, regionale, globale) che nel tempo”.

Tuttavia, sarà necessario prendere in considerazione diversi fattori prima di iniziare a ridisegnare radicalmente gli edifici. “Gli standard non dovrebbero reagire troppo rapidamente al Covid-19 perché dobbiamo ancora vedere come diversi interventi quali i vaccini e le nuovi abitudini comportamentali potranno fermare del tutto la trasmissione”, sottolinea Pineo.

Dal suo punto di vista, ciò che si può fare fin da subito, invece, è concentrarsi sul design della casa, in particolare sul rispetto di standard di spazio minimo di dimensioni decenti. “Nel Regno Unito, abbiamo le case più piccole d’Europa e durante la pandemia questo ha avuto un impatto negativo. Le persone non avevano un posto dove lavorare comodamente e in sicurezza e correvano maggiori rischi di infezione negli alloggi sovraffollati”, ha spiegato la professoressa citando una sua recente ricerca sul tema.

Pertanto, mentre esploriamo il modo in cui le diverse parti interessate adoperano nuovi standard nel post-pandemia, Pineo ritiene che il quadro dovrebbe essere ridefinito non solo verso un processo di progettazione più sano, ma anche più inclusivo, equo e sostenibile.“Le differenze nella qualità degli ambienti costruiti possono avere effetti ingiusti sulla società, però questo può cambiare.”

Un edificio che promuove la salute tiene conto delle esigenze di tutta la popolazione e dovremmo ampliare questo approccio sia nello spazio (a livello locale, regionale, globale) che nel tempo.

Cambiare le abitudini comportamentali

Infine, nella sfida alla creazione di nuovi ambienti costruiti all'insegna della salute, un ruolo significativo sarà giocato dalle neuroscienze, dalla psicologia e dagli interventi basati sulle scienze comportamentali.

“Il Covid ha rappresentato un momento topico, segnando un “prima” e un “dopo” nell’asse temporale di molte discipline. Nella psicologia dell’abitare questo è stato particolarmente evidente, con una rinnovata consapevolezza dello spazio circostante", spiega Alessandra Micalizzi, psicologa e coautrice del libro Psicologia dell'abitare. Marketing, architettura e neuroscienze per lo sviluppo di nuovi modelli abitativi.

Micalizzi racconta come, nel corso della pandemia, il modo in cui percepiamo gli spazi e ci rapportiamo rispetto a essi è radicalmente cambiato. “Qualcuno ha vissuto lo spazio domestico con profondo piacere e benessere, altri lo hanno visto come una prigione o una scatola. Il Covid ci ha fatto percepire spazi consueti in maniera nuove”. A detta della psicologa, la casa è diventata il simbolo dell’isolamento, gli spazi semi-esterni come i balconi e le terrazze il punti di unione con il mondo esterno e momenti di partecipazione sociale, mentre i luoghi pubblici (almeno per alcuni) potrebbero essere ancora sinonimo di ansia o preoccupazione.

“Si tratta della cosiddetta ‘sindrome della capanna’, una sorta di chiusura verso il mondo esterno che porta ad una riconquista degli spazi più moderata e, a volte, persino connotata dalla paura”, dice Micalizzi. “Questo atteggiamento dipende molto dalla prossimità con cui ciascuno ha vissuto l’esperienza del virus”.

Ritornare al rapporto con lo spazio pre-Covid non sarà semplice, però almeno si potrà gradualmente familiarizzare e riappropriarsi dell’ambiente esterno attraverso la ricostruzione di vecchie routine (“Imponendosi magari di frequentare nuovamente i locali e rinunciare al delivery”, dice la psicologa) e mantenendo le accortezze introdotte durante il virus come l’uso della mascherina, il distanziamento sociale, la pulizia delle mani, i saluti distanziati e così via.

In ogni caso, quello che sembra certo è che “per riappropriarsi dello spazio esterno bisognerà riscrivere nuove abitudini perché è indubbio che sarà importante lavorare non solo sul piano architettonico ma anche su quello comportamentale”, conclude Micalizzi.

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