Il molo più instagrammato del pianeta ora è un libro

Nelle foto di Pierfrancesco Celada la vicenda del cosiddetto Instagrampier di Hong Kong, dal feed ufficiale al libro che lo renderà (forse) un’icona.

Le foto che scorrono lungo il nuovo libro di Pierfrancesco Celada, artista italiano da anni a Hong Kong, nascono nel 2016 sul feed @insta_pier. E però malgrado la leggerezza e l’apparente facilità che permeano sia il feed che il libro, dietro entrambe le operazioni non c’è nulla di casuale.

Il “pier” che ha ispirato a Celada il progetto, è un molo per navi cargo accessibile al pubblico nella zona occidentale di Hong Kong e, per un caso di cortocircuito culturale, è comunemente chiamato Instagrampier: noto per le sue caratteristiche fotogeniche, è infatti diventato negli anni uno dei luoghi prediletti dai locals, e quindi dai turisti, per realizzare fotografie, inusuali ritratti di matrimonio, e soprattutto selfie perfetti per Instagram, dove al gusto per l’ambientazione industriale si somma quello per l’autorappresentazione.

Un po’ come per il fienile più fotografato d’America (una delle sottotracce più lungimiranti e predittive—siamo nel 1985!—del Rumore Bianco di DeLillo), è difficile stabilire se l’attrazione per questo specifico luogo sia stata amplificata quindi dalle sue reali peculiarità o proprio e solo dal fatto di essere diventato di moda: quel pier di Hong Kong è il più postato su Instagram semplicemente perché è il più postato su Instagram.

Naturale quindi, ma affatto scontato, che una volta scoperto l’Instagrampier, nel 2016 Celada abbia deciso di inventarsene il feed ufficiale, @insta_pier appunto, di diventare il fotografo che fotografa i fotografi che si fotografano, ampliando e rendendo più complesso e interessante quello stesso corto circuito che l’aveva portato ogni giorno su quello stesso molo dove ogni giorno locali e turisti si recavano a immortalare una versione di se stessi perfetta per Instagram.

Pierfrancesco Celada, dalla serie Instagrampier, 2016–2020

E che sia stato Celada a farlo è una fortuna, per il Pier e per noi, perché il suo sguardo acuto e sornione restituisce con profondità e leggerezza, e quindi senza la tara di un saggio di sociologia o il surplus di una complicata azione d’arte concettuale, l’ormai inveterato paradosso che sta dietro alla nostra necessità di proiettare di noi un’immagine quanto più possibile personale e al contempo canonica, di distinguerci restando parte del gruppo, di primeggiare senza violare le regole non scritte di un nuovo “contratto sociale”, per così dire.

Che poi questo particolare caso di paradosso arrivi da Hong Kong rappresenta solo un fatto ancora più interessante: a differenza di alcuni dei suoi altri lavori realizzati nell’ex colonia inglese, che si trova in questo momento a dover gestire una complicata transizione verso le logiche e i valori di una Cina più autoritaria, in Instagrampier Celada ha evitato pressoché totalmente qualsiasi lettura politica. Questo perché, come ci dice lo stesso Celada, «il Pier era per tutti e di tutti, indipendentemente dalla visione politica. Anche durante i mesi di protesta il Pier è stato utilizzato allo stesso modo. Malgrado la città stesse cambiando irreversibilmente, il Pier ha mantenuto la sua funzione “ludica”, fino alla sua chiusura definitiva, ufficialmente per misure contro la pandemia, a Marzo 2021.»

Difficile però non vedere nell’assoluta spensieratezza con cui va avanti la vita sul Pier anche una pericolosa deriva di colpevole inconsapevolezza, dove l’onnivoro interesse per l’apparenza—che è alimentata da e che alimenta proprio i social network come Instagram—ci fa preferire di noi una versione disinformata e ignorante. Il che è poi ancora più curioso considerando quanta parte giochino ormai proprio i social network nei movimenti popolari, dalla Primavera Araba a Black Lives Matter, dalla generazione Greta alle proteste di Hong Kong stessa, passando dai vari Occupy al parco di Gezi, solo per citare alcuni tra gli esempi più rappresentativi.

Il libro sarebbe dovuto uscire nel 2019 con Peperoni Books, l’interessantissima casa editrice berlinese del compianto Hannes Wanderer che ci ha regalato le più belle pubblicazioni di Michael Wolf ma che, nonostante una decisa propensione per gli autori tedeschi, era interessato anche alla fotografia italiana, come dimostrato da Ilaria Turba, Jacopo Benass e lo stesso Celada. La scomparsa di Wanderer a poche settimane dalla stampa ha costretto il progetto a restare tale, ma ora Celada ha deciso di pubblicare finalmente il libro come MuddyIsland books (disponibile direttamente sul sito dell’autore), mantenendo la stessa selezione e sequenza a cui aveva lavorato con Wanderer ma rielaborando la cover (che ospita la primissima foto postata su @insta_pier) e aggiungendo degli emoji adesivi per personalizzarla.

Il cerchio si chiude dunque con una versione “definitiva”, fisica e tangibile, di un progetto nato fluido, che è solo una delle possibili morti editoriali (forse ancora la migliore) di un’idea semplicemente perfetta.

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