Arnaldo Pomodoro faceva controcultura?

Gli anni americani dello scultore, tra Berkeley e Stanford dalla seconda metà dei Sessanta, furono un’iniziazione a un nuovo modo di concepire l’arte e la forma. Lo racconta una mostra a Milano. 

C’è una bellissima serie fotografica di Michelangelo Antonioni e Monica Vitti alla Biennale d’Arte di Venezia del 1962. I volti dei due, messi a fuoco, si perdono nelle silhouette sfocate in primo piano di alcune sculture di Giacometti. In una Monica Vitti tende la mano verso una di esse, come rapita dalla sorprendente matericità di quelle forme esili.

Ma c'è anche un’altra fotografia, oggi custodita presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano e simile a quelle della Biennale 1962, in esposizione per la mostra “La Negazione della Forma” (aperta fino a maggio 2024).

Lo scatto riporta una dedica “Più sei bravo e più ti voglio bene. Dove andremo a finire?! Monica, 1965”. Quattro anni più tardi, Pomodoro è in California, al Death Valley National Park, a farsi ritrarre in uno sgargiante camiciotto rosso garibaldino accanto al cartello di Zabriskie Point, set dell’omonimo capolavoro di Antonioni.

Arnaldo Pomodoro davanti a due Rotanti esposti all’esterno dello Staats theaters di Darmstadt, 1972. Foto: Ludwig Pit.
Arnaldo Pomodoro al lavoro nella stamperia Collector’s Press di Los Angeles, 1968-1969. Foto: Hank Baum.

Il rapporto di amicizia e stima con Vitti-Antonioni lo aveva portato a firmare, insieme a tre altri artisti statunitensi, la decorazione della carena dell’aereo che si vede nella scena finale del film. Un lavoro che sublima, nei suoi toni lisergici e politici, i quattro anni, dal 1966 al 1970, in cui Arnaldo Pomodoro frequenta Stanford e Berkeley, stravolgendo la sua visione artistica. 

Un percorso che è oggi al centro di “La Negazione della Forma. Arnaldo Pomodoro tra Minimalismo e Controcultura”, una mostra a Milano che la Fondazione Arnaldo Pomodoro dedica agli anni americani dello scultore, tra carteggi, filmati, disegni d’archivio e bozzetti, mettendone in mostra una matrice controculturale spesso rimasta obnubilata in favore delle opere finite.

Arnaldo Pomodoro con gli studenti dell’Art Department della Stanford University, 1966 - 1967. Foto: Leo Holub.
Arnaldo Pomodoro con gli studenti dell’Art Department della Stanford University, 1966-1967. Foto: Leo Holub.

Gli anni americani, senza bidet

La residenza artistica presso la prestigiosa università di Stanford e, soprattutto, le cattedre come visiting professor a Berkeley fanno conoscere all’italiano, prima del loro arrivo massificato in Europa, la controcultura Beat e i movimenti per l’emancipazione afroamericana, con cui già era entrato in contatto a Milano attraverso l’attività di Fernanda Pivano. Il campus diventa per Pomodoro un terreno fertile di dialogo e di amicizie, specialmente quelle con gli studenti che lo scultore esorta a spingersi oltre il nozionismo accademico e a protestare affinchè potessero riflettere sul “senso e ruolo dell’intellettuale e dell’artista nel nostro tempo”.

Non sopporto il conformismo dei professori che anche senza barba o vestiti da Brooks Brothers, restano professori

Arnaldo Pomodoro

In una lettera del ‘66 indirizzata alla famiglia del critico e attore Francesco Leonetti, suo futuro biografo (nonché voce del corvo in Uccellacci e Uccellini di Pasolini), scrive, “Liberi, scalzi, bermude, stracciati, capelloni…sono liberi davvero o è una forma di snobismo? Non ho capito ancora, la mia posizione qui è accademica o quasi. Forse è bene che non vada a consumare il lunch con gli studenti? Ma non sopporto il conformismo dei professori che anche senza barba o vestiti da Brooks Brothers, restano professori.”

Lettera inviata da Arlo Acton a Pomodoro, in merito alla decorazione dell’aereo di Zabriskie Point. 10 febbraio 1969. Immagine su gentile concessione della Fondazione Arnaldo Pomodoro.
Lettera inviata da Arlo Acton a Pomodoro, in merito alla decorazione dell’aereo di Zabriskie Point. 10 febbraio 1969. Immagine su gentile concessione della Fondazione Arnaldo Pomodoro.

I documenti sono preziosi insight, vivi e febbrili, negli States dalla prospettiva di un intellettuale italiano dell’epoca, al pari degli scritti americani di Arbasino, Calvino e di Sottsass nella sua rubrica per Domus Memoires di Panna Montata. “Fuck al perbenismo, al puritanesimo…mi manca il bidet, con doccia su doccia la mia pelle è diventata secca!”

Nelle foto d’archivio un Pomodoro informale, in camicie da lavoro in tessuto chambray come quelle indossate dal giovane Ginsberg, dialoga con studenti dai capelli lunghi che sembrano arrivare dalle diapositive del Monterey Pop Festival. Con uno di essi, Arlo Acton, si cimenterà anche nella decorazione dell’aereo di Zabriskie Point

Pomodoro e Harold Paris a Berkeley, durante la Summer Session 1970. Foto su gentile concessione della Fondazione Arnaldo Pomodoro.
Pomodoro e Harold Paris a Berkeley, durante la Summer Session 1970. Foto su gentile concessione della Fondazione Arnaldo Pomodoro.

Sotto la sua supervisione gireranno film sperimentali in Super 8 dal tono politico e Pop, contro l’amministrazione Nixon e la guerra in Vietnam. Un’influenza che tornerà, al culmine dell’esperienza americana, nel film sperimentale Shaping Negation – La forma negativa (1970) girato con Ugo Mulas e Francesco Leonetti. Un’opera figlia del marxismo che attraversa il clima culturale dell’epoca per riflettere, con autoironia, sulla condizione dell'intellettuale-artista ai tempi dell’“arte-merce”.

A un certo punto, non potendo fare con continuità la spola tra Milano e Berkeley, Pomodoro decide di condensare tutto il ciclo di lezioni in un’unica cattedra di 24 ore con molteplici ospiti, che assume i contorni dell’happening Beat ma anche dei festival lisergici della controcultura, gli stessi che si tenevano al Fillmore East e West di Los Angeles o che, a Londra, seducono il giovane Tinto Brass di Col Cuore in Gola.

Arnaldo Pomodoro, Senza titolo , 1969. Litografia, 76 x 55 cm. Archivio Arnaldo Pomodoro n. GR/14. Foto Archivio Arnaldo Pomodoro
Arnaldo Pomodoro, Senza titolo , 1969. Litografia, 76 x 55 cm. Archivio Arnaldo Pomodoro n. GR/14. Foto Archivio Arnaldo Pomodoro

Verso una democratizzazione dell’arte

L’esperienza americana ha due grandi meriti. Il primo è di esporre Arnaldo Pomodoro al minimalismo che lo conduce alla nuova concezione della scultura come “operazione mentale” e che confluisce in opere come Onda e Forma X, materializzazioni delle forme negative del suo studio sui celebri Rotanti. Idee che prendono, prima di tutto, forma su carta, attraverso assonometrie – visibili in mostra insieme alle sculture – che mettono in luce nel loro uso di colori sgargianti la grande influenza del gusto Pop a stelle e strisce.

Il secondo è di mettere Pomodoro a confronto con la cultura consumista più sfrenata e, di conseguenza, con un’arte underground dalla vocazione politica, partecipativa e democratica. Un ambiente distante da quello di molte gallerie italiane con cui, comunque, lo scultore dialoga assiduamente con la volontà di farsi ponte tra Stati Uniti e Italia. Tra il 1967 e il 1972 porta infatti a Milano, presso il visionario Studio Marconi, Sue Bitney, Harold Paris, William T. Wiley e Stephen Laub all’epoca sconosciuti nello Stivale, andando a ricoprire un ruolo che nella letteratura controculturale è di Fernanda Pivano e sarà poi, per l’evoluzione del Pop nel graffitismo degli ‘80, di Francesca Alinovi. 

Esperimenti sul metodo, 5 poesie annotate a mano di Roberto Sanesi con interventi originali di Arnaldo Pomodoro, 1967. Livre de peintre, Le Rame, Verona. Archivio Arnaldo Pomodoro n. V/67/13 Foto: Carlos Tettamanzi.
Esperimenti sul metodo, 5 poesie annotate a mano di Roberto Sanesi con interventi originali di Arnaldo Pomodoro, 1967. Livre de peintre, Le Rame, Verona. Archivio Arnaldo Pomodoro n. V/67/13 Foto: Carlos Tettamanzi.

Con questa nuova consapevolezza nasce, tra le altre cose, la necessità di riflettere sulla “commercializzazione dell’arte e di come un artista debba essere coinvolto nel contesto sociale nel quale si trova a vivere”. Ne deriva, così, la volontà di democratizzare la sua arte attraverso produzioni su larga scala come la serie di gioielli in dialogo con GEM Montebello. Una collezione, immortalata da Ugo Mulas, in cui lo studio sulle forme di Pomodoro si sposa con il gusto per il design futuristico della Space Age. Ma ci sono anche oggetti in ceramica (La dualità e l’uno), multipli, libri d’artista che diventano il terreno per condurre esperimenti sul metodo, copertine di romanzi come quella di Tappeto Volante di Francesco Leonetti (Mondadori, 1967) e una fitta attività critica e editoriale attraverso la rivista Che Fare.

Il pragmatismo che attraversa l’academia americana influenza anche una svolta nella pratica di Pomodoro, che inizia a concepire la mostra come verifica ma soprattutto come atto controculturale e di contraddizione. Ne è manifesto “Una scultura nella strada”, serie di mostre allestite dal 1970 a Milano e che portano nella piazzetta antistante la Libreria Einaudi in Via Manzoni nuove leve e venerati maestri, tra cui Alexander Calder, Ettore Colla e Mauro Staccioli. Negli scatti di Ugo Mulas si vedono bambini usciti da scuola specchiarsi nelle sfere di Pomodoro, meravigliati tanto i genitori che li accompagnano, adempiendo così alla volontà di creare un’arte pubblica. 

Manifesto della mostra Una scultura nella strada (piazzetta della Galleria Manzoni, Milano), ottobre 1970. Foto:  Carlos&Dario Tettamanzi.
Manifesto della mostra Una scultura nella strada (piazzetta della Galleria Manzoni, Milano), ottobre 1970. Foto: Carlos&Dario Tettamanzi.

A racchiudere questa duplice tensione nella vita e pratica di Arnaldo Pomodoro, quella tra l’Italia e gli Stati Uniti, ma anche tra l’underground e il rigore professionale verso il mondo della critica, è la nomina alla sottocommissione per le arti figurative della Biennale di Venezia del 1968. La Biennale della Polizart e della contestazione, di Ungaretti e delle cariche della Polizia sulla pietra umida di Piazza San Marco. Prima Pomodoro partecipa alla curatela, poi in solidarietà con gli studenti si dimette. Le foto di Berengo Gardin di quei giorni tumultuosi immortalano una Serenissima dal cielo plumbeo, di un grigiore che sembra alludere l’incipiente arrivo della stagione della tensione e dell’escalation della violenza politica urbana. Quella della perdita dell’innocenza della controcultura Beat conosciuta oltreoceano.

Un gruppo di Rotanti sulle rive del Ticino, 1968. Foto: Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati.
Un gruppo di Rotanti sulle rive del Ticino, 1968. Foto: Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati.

Immagine di apertura: Arnaldo Pomodoro e Robyn Martin (compagna di Arlo Acton) a Zabriskie Point, 1970. Foto su gentile concessione della Fondazione Arnaldo Pomodoro.

Mostra:
La Negazione della Forma. Arnaldo Pomodoro tra Minimalismo e Controcultura
Dove:
Fondazione Arnaldo Pomodoro, Via Vigevano 9, Milano
Date:
dal 12 marzo 2023 al 19 maggio 2024
Curata da:
Federico Giani

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