Sovrapposizione, equilibrio e impegno alla Biennale di Sydney

La 21ma edizione della biennale d’arte australiana continua ad agire in sedi geograficamente disperse, ampliando la sua impronta verso la parte occidentale della città.

Con oltre 70 artisti di 35 Paesi la 21ma Biennale di Sydney si svolge in sette sedi in tutta la città, all’insegna del principio curatoriale “Sovrapposizione: equilibrio e impegno”. Diversamente dalla stretta categorizzazione della Biennale del 2016 questa idea non blocca le opere in una pesante cornice di significati impliciti, ma dà loro modo di configurare un significato attraverso i rapporti con le altre opere e con i luoghi in cui sono esposte.

Fig.1 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.2 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.3 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.4 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.5 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.6 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.7 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.8 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.9 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography
Fig.10 Ryan Gander. Photo Silversalt Photography

Forse per giocare sul concetto d’interpretazione – e sullo stesso concetto di significato – alcune opere usano direttamente un testo o giocano con elementi decorativi, in certi casi in modo diretto e spettacolare. Tom Nicholson usa molto esplicitamente il testo come forma e come contenuto: in Untitled wall drawing ricopre le pareti della galleria con l’elenco manoscritto di tutti gli eventi che hanno creato dei confini nazionali a partire dall’epoca della federazione australiana del 1901, creando un rapporto tra le righe di testo e le linee disegnate, e mostrando il ruolo di entrambe nell’attività di demarcazione. In I can’t Nicole Wong incide nel marmo il testo dei risultati di una ricerca su Google, per tracciare un ironico parallelo tra il peso della stele di Rosetta e termini di ricerca ripetuti e cancellati tante volte che l’accumulo della loro scrittura sarebbe sufficiente a inciderli nella pietra. E nell’opera Carbon Copy l’artista Simryn Gill riunisce brevi citazioni sul tema dell’immigrazione risalenti al 1998 di due politici conservatori, il malaysiano Mahathir Mohamad e l’australiana Pauline Hanson, con minuscole frasi come “Buon senso” che compaiono in modo quasi innocente a piccoli caratteri finché non si comprende il contesto più ampio dell’opera.

Fig.1 Ai Weiwei, Crystal Ball, Artspace. Photo Document Photography
Fig.2 Ai Weiwei, Crystal Ball, Artspace. Photo Document Photography
Fig.3 Ai Weiwei, Crystal Ball, Artspace. Photo Document Photography
Fig.4 Exhibition view of the 21st Biennale of Sydney (2018) at the Art Gallery of New South Wales. Photo Document Photography
Fig.5 Exhibition view of the 21st Biennale of Sydney (2018) at the Art Gallery of New South Wales. Photo Document Photography
Fig.6 Exhibition view of the 21st Biennale of Sydney (2018) at the Art Gallery of New South Wales. Photo Document Photography

Sull’isola di Cockatoo l’opera Law of the Journey di Ai Weiwei riempie l’intero pavimento di una fabbrica con l’enorme modello gonfiabile di un battello di salvataggio e con la persecuzione dei profughi. L’immensa scala dell’opera si comprende solo se si prende il tempo di camminarle intorno – le dimensioni si misurano con il tempo che occorre a circumnavigare l’opera – mentre il visitatore è invitato a leggere testi di svariate fonti, tutti dedicati a teorie e concezioni filosofiche dell’ospitalità, forse allo scopo di risvegliare la nostra natura migliore.

Fig.1 Exhibition view of the 21st Biennale of Sydney (2018) at Carriageworks. Photo Zan Wimberley
Fig.2 Exhibition view of the 21st Biennale of Sydney (2018) at Carriageworks. Photo Zan Wimberley
Fig.3 Exhibition view of the 21st Biennale of Sydney (2018) at Carriageworks. Photo Zan Wimberley

Molte opere si basano sulle tracce, richiamando l’attenzione su qualcosa che è assente ma è stato presente, giocando sulla propria storia e sulla propria perdita. L’accento sulle tracce è di per sé interessante, perché di solito una traccia presuppone uno stretto rapporto individuale con il referente. Al centro d’arte Carriageworks l’opera Constellations di Marco Fusinato consiste in un'unica mazza da baseball legata a una catena sul pavimento di una sala vuota, dove il visitatore è invitato a dare un colpo sulla parete con quanta più forza possibile, mentre un sistema di amplificazione riecheggia l’effetto del colpo con risonanze più profonde. I visitatori che entrano nella sala possono osservare i segni lasciati dai loro contemporanei, stratificazioni del coinvolgimento di altri visitatori, che in qualche caso strappano strati di vernice dalla parete, in altri sono a un’altezza quasi impossibile: un catalogo di storie, di tentativi, di segni abbandonati.

Fig.1 Semiconductor. Photo Zan Wimberley
Fig.2 Semiconductor. Photo Zan Wimberley
Fig.3 Semiconductor. Photo Zan Wimberley
Fig.4 Semiconductor. Photo Zan Wimberley
Fig.5 Semiconductor. Photo Zan Wimberley

Nello stesso luogo l’artista del Western Desert George Tjungurrayi espone una serie dipinti astratti a motivi decorativi. Queste opere, il cui simbolismo rimane complicato, mostrano segni astratti che per il visitatore rappresentano le caratteristiche topografiche dell’ambiente, che si tratti di linee ondulate nella sabbia o specchi d’acqua rotondi. C’è una sorprendente analogia con la video arte del gruppo Semiconductor, che presenta dati sismici sulla formazione del paesaggio da parte di terremoti, vulcani e ghiacciai, tradotti in una colonna sonora che crea un’animazione multicanale. Ciò che le opere hanno in comune è il modo di mostrare le linee ondulate e la coerenza del cambiamento morfologico della terra. Attraverso l’animazione digitale come attraverso la scintillante tecnica pittorica di Tjungurrayi entrambe le opere mostrano l’incessante movimento del terreno sotto i nostri piedi.

Fig.1 Sam Falls, Winter Trees, 2017. Photo Zan Wimberley
Fig.2 Sam Falls, Winter Trees, 2017. Photo Zan Wimberley
Fig.3 Sam Falls, Winter Trees, 2017. Photo Zan Wimberley
Fig.4 Sam Falls, Winter Trees, 2017. Photo Zan Wimberley

I bei dipinti di Sam Falls si riferiscono specificamente anch’essi alla natura, realizzati come sono con una tecnica che prevede la copertura della tela con materie organiche come ramoscelli e foglie, e poi con il pigmento. L’autore le lascia all’aria aperta, esposte alla pioggia e al vento, per poi rimuovere i materiali e conservarne le tracce sulla tela: profili colorati che ricordano non solo il modo in cui sono stati creati, ma che gli oggetti che rappresentano.

Fig.1 Symrin Gill, Carbon Copy. Photo Silversalt photography
Fig.2 Symrin Gill, Carbon Copy. Photo Silversalt photography
Fig.3 Symrin Gill, Carbon Copy. Photo Silversalt photography
Fig.4 Symrin Gill, Carbon Copy. Photo Silversalt photography
Fig.5 George Tjungurrayi, Installation view at Carriageworks, 2018. Photo Zan Wimberley
Fig.6 George Tjungurrayi, Installation view at Carriageworks, 2018. Photo Zan Wimberley
Fig.7 George Tjungurrayi, Installation view at Carriageworks, 2018. Photo Zan Wimberley

Ogni sguardo su un’opera d’arte ne trasforma non solo il significato attuale ma anche quelli precedenti e successivi, e ognuno di questi significati è strettamente intrecciato agli altri. Per conservare la sua rilevanza la Biennale di Sydney deve riflettere su questo gioco di differenze che è parte della sua offerta. Continuando ad agire in sedi geograficamente disperse, ampliando di preferenza la sua impronta verso la parte occidentale della città, la Biennale renderà più profonda la nostra conoscenza, sia attraverso il rapporto con gli artisti internazionali in mostra, sia attraverso la varietà delle sedi cittadine.

  • Biennale of Sydney
  • Superposition. Equilibrium & Engagement
  • 16 marzo – 11 giugno 2018
  • Mami Kataoka
  • Art Gallery of New South Wales, Artspace, Carriageworks, Cockatoo Island, Museum of Contemporary Art Australia, Sydney Opera House and 4A Centre for Contemporary Asian Art