10000 Lives – Gwangju Biennale 2010

Di ritorno dalla Corea del Sud, Roberta Tenconi mette in evidenza le opere principali esposte alla Biennale di quest'anno.

La teoria delle diecimila ore afferma che tante sarebbero le ore di pratica necessaria per raggiungere l'eccellenza in un'attività e essere considerati esperti. Quest'anno a Gwangju, nella Corea del Sud, diecimila ore potrebbero non bastare anche solo per immaginare la storia che si cela dietro ciascuno dei protagonisti delle opere in mostra all'ottava Biennale, da poco inaugurata nell'omonima città, a meno di tre ore da Seoul.

Il titolo della Biennale 10000 Lives è la traduzione inglese di Maninbo, un'opera epica in trenta volumi in cui l'autore Ko Un, nell'arco di oltre venticinque anni, ha descritto tutte le persone che ha conosciuto nella sua vita: oltre quattromila poemi ritratti di uomini e donne reali effettivamente incontrate, ma anche immaginate, inclusi personaggi della storia e della letteratura del passato. Concepita mentre Ko Un si trovava in carcere per la sua partecipazione al movimento democratico coreano e in particolare alla rivolta di Gwangju del 18 maggio 1980 contro l'allora dittatore Chun Doo-hwan, violentemente sedata dall'esercito, l'opera 10000 Lives è doppiamente legata alla Biennale di Gwangju, essendo la manifestazione stata istituita nel 1995 proprio per commemorare i cittadini morti durante la repressione di tale insurrezione.

Tema centrale della mostra 10000 Lives curata da Massimiliano Gioni – direttore della Fondazione Nicola Trussardi di Milano e dei progetti speciali del New Museum di New York – sono le relazioni che legano le persone alle immagini e le immagini alle persone, e il modo con cui le immagini cambiano il nostro rapporto con il mondo. Le opere dei 134 artisti inclusi nella mostra, con lavori che vanno dal 1901 fino alle nuove produzioni del 2010, non procedono in ordine cronologico ma per sottotemi, e si susseguono come una grande galleria di ritratti. 10000 Lives è in effetti una mostra ciclopica per il numero delle opere – in tutto circa novemila pezzi – che letteralmente proliferano nelle sale in quantità equiparabile al numero di immagini presenti in un'enciclopedia o in un grande archivio o, più banalmente, tale da competere con quelle che affollano la nostra vita quotidiana. Per vederla si passano ore nella Biennale Hall e nei tre edifici adiacenti che la ospitano, e tuttavia non risulta per nulla faticoso percorrerla.

La visita inizia azzerando il proprio sguardo assieme a Bruce Nauman, che nel video Poke in the Eye/Nose/ear 3/8/94 Edit (1994) si ficca ripetutamente le dita negli occhi, quasi un tentativo di fermare il flusso di immagini e di rimanere cieco davanti ad esse, per finire con le mille polaroids di Thousand (2009) di Philip-Lorca Dicorcia che chiudono la mostra: un microcosmo di tutto – fiori, paesaggi, interni di case, nature morte, strade, vecchi, adulti, bambini – un'opera che racchiude il potenziale di un intero mondo. In mezzo, la sensazione è quella di sentirsi costantemente parte di un flusso, ed è facile immedesimarsi in uno dei protagonisti del video Carrying Pictures (2010) di Tom Holert, una collezione di persone che "portano" immagini come fossero bandiere o stendardi, che si fanno portavoce di pensieri e memorie. Da spettatori, in effetti, si è chiamati in causa più e più volte e spesso si è fisicamente inglobati nella mostra. Come, per esempio, nella celebre opera di Franco Vaccari presentata per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1972, Leave On The Walls A Photographic Trace Of Your Fleeting Visit - Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio (1972), in cui i visitatori sono invitati a scattare una propria foto tessera per poi appenderla sulle pareti della sala espositiva: un ritratto della biennale stessa, un'azione che lascia il segno del proprio passaggio – come quando in vetta a un monte si lascia un piccolo sasso per ricordare che qualcuno è passato di lì; o ancora nell'opera di Carsten Höller Three-fold Delayed Infrared Room (2004) che con tre videocamere a infrarossi rende lo spettatore oggetto e soggetto dell'opera.

A parte alcune mirabili eccezioni la mostra procede con opere di piccole dimensioni, poche sono le nuove grandi produzioni, ma neppure ci si aspetta che ci siano. Uno dei progetti più spettacolari è l'imponente l'installazione di The Teddy Bear Project (2002), quasi una mostra nella mostra, composto da tremila fotografie di persone con orsacchiotti, raccolte dalla collezionista-curatrice canadese Ydessa Hendeles; o ancora l'installazione delle 103 sculture in dimensioni reali che compongono Rent Collection Courtyard (1974-1978) che mostrano la realtà della condizione di miseria e sfruttamento dei contadini cinesi della regione del Sichuan; e l'installazione Solo Scenes (1997-1998) di Dieter Roth, un grande affresco su 128 monitor della vita quotidiana dell'artista, ultimo progetto prima della morte.

La storia entra a pieno titolo nella mostra anche attraverso i suoi eventi tragici e la loro trasposizione in immagini, come nelle opere di Thomas Hirschhorn incredibilmente accostate a quelle di Jean Fautrier, o nel video Unforgettable Memory (2009) di Liu Wei, in cui l'artista in occasione dell'anniversario della strage in piazza Tiananmen a Pechino mostra agli studenti della Beijing University un'immagine icona di quei fatti – la fotografia di uno studente solitario di fronte a una fila di carri armati – e chiede di commentarla, ricevendo soltanto vaghe e molto sfuggevoli risposte, un lavoro che tutt'oggi mai potrebbe essere esposto in Cina.

Molte anche le opere classificate come artefatti, oggetti e immagini non tradizionalmente esposti in contesti d'arte, spesso creati da outsider, come i disegni della medium Emma Kuntz, dal potere curativo, o la collezione di bambole al limite del feticismo di Morton Barlett, o ancora le statuette funerarie Kokdu. Tra questi anche i ritratti dei detenuti della prigione di Tuol Sleng dei Khmer Rossi in Cambogia, scattate tra il 1975 e il 1979 come pura documentazione prima dell'esecuzione dei prigionieri: le immagini, tra le più toccanti di tutta la mostra, sono difficilmente classificabili sia dal punto di vista etico che estetico, cionondimeno restano le uniche e ultime immagini che preservano la memoria e la vita di quelle persone. Usciti di lì, viene da chiedersi: è ancora possibile, in un mondo assuefatto dalle immagini, non rimanere indifferenti? A Gwangju la risposta sembrerebbe affermativa. Forse visitando 10000 Lives facciamo come il bambino del video Gin Rin (Silver Wheel) (1955) del collettivo sperimentale giapponese Jikken Kobo: sfogliamo un libro, ci addormentiamo, lasciamo il mondo del reale, ci imbarchiamo in una nuova dimensione, per poi svegliarci e trovarci a pensare in un modo nuovo e diverso. Ma non per questo meno confuso.
Roberta Tenconi
Tom Holert, <i>Carrying Pictures</i>, 2010 
Video © Tom Holert
Tom Holert, Carrying Pictures, 2010 Video © Tom Holert
Franco Vaccari, <i>Leave on the walls a photographic trace of your fleeting visit</i>, 1972
© Franco Vaccari
Franco Vaccari, Leave on the walls a photographic trace of your fleeting visit, 1972 © Franco Vaccari
Carsten Höller, <i>Three-fold Delayed Infrared Room</i>, 2004
© 2010 Artists Rights Society (ARS), New York/VG Bild-Kunst, Bonn, Courtesy Esther Schipper, Berlin, Photo: Attilio Maranzano
Carsten Höller, Three-fold Delayed Infrared Room, 2004 © 2010 Artists Rights Society (ARS), New York/VG Bild-Kunst, Bonn, Courtesy Esther Schipper, Berlin, Photo: Attilio Maranzano
Ydessa Hendeles, <i>Partners (The Teddy Bear Project)</i>, 2002
Installation at Haus der Kunst, Munich
Courtesy Ydessa Hendeles and the Ydessa Hendeles Art Foundation, Toronto, Photo: Robert Keziere
Ydessa Hendeles, Partners (The Teddy Bear Project), 2002 Installation at Haus der Kunst, Munich Courtesy Ydessa Hendeles and the Ydessa Hendeles Art Foundation, Toronto, Photo: Robert Keziere
Zhao Shutong, Wang Guanyi and the Rent Collection Courtyard Collective, <i>Rent Collection Courtyard</i>, 1974-78 
103 copper-plated fiberglass sculptures, life size.
Exhibition view, Schirn Kunsthalle Frankfurt 2009, © Norbert Miguletz
Zhao Shutong, Wang Guanyi and the Rent Collection Courtyard Collective, Rent Collection Courtyard, 1974-78 103 copper-plated fiberglass sculptures, life size. Exhibition view, Schirn Kunsthalle Frankfurt 2009, © Norbert Miguletz
Dieter Roth, <i>Solo Scenes</i>, 1997-1998
Video stills
© Dieter Roth Estate, Courtesy Hauser & Wirth
Dieter Roth, Solo Scenes, 1997-1998 Video stills © Dieter Roth Estate, Courtesy Hauser & Wirth
Thomas Hirschhorn, Embedded Fetish, 2006 © 2010 Artists Rights Society (ARS), New York/ADAGP, Paris, Courtesy Galerie Chantal Crousel, Paris, Photo: Romain Lopez
Thomas Hirschhorn, Embedded Fetish, 2006 © 2010 Artists Rights Society (ARS), New York/ADAGP, Paris, Courtesy Galerie Chantal Crousel, Paris, Photo: Romain Lopez
Jean Fautrier, <i>Otage</i>, 1943
Mixed media, 46 x 38 cm
© 2010 Artists Rights Society (ARS), New York/ADAGP, Paris, Courtesy Galleria Tega, Milan
Jean Fautrier, Otage, 1943 Mixed media, 46 x 38 cm © 2010 Artists Rights Society (ARS), New York/ADAGP, Paris, Courtesy Galleria Tega, Milan
Liu Wei, <i>Unforgettable Memory</i>, 2009
Video, 12:45
© Liu Wei
Liu Wei, Unforgettable Memory, 2009 Video, 12:45 © Liu Wei
Emma Kunz, <i>Drawing No. 086</i>, n.d.
© Anton C. Meier, Emma Kunz Foundation, CH-5436 Würenlos, Switzerland
Emma Kunz, Drawing No. 086, n.d. © Anton C. Meier, Emma Kunz Foundation, CH-5436 Würenlos, Switzerland
Jikken Kobo/Experimental Workshop, <i>Ginrin (Silver Wheel)</i>, 1955
35mm film transferred to DVD, 11:57 
© Tokuma Shoten Publishing Co., Ltd
Jikken Kobo/Experimental Workshop, Ginrin (Silver Wheel), 1955 35mm film transferred to DVD, 11:57 © Tokuma Shoten Publishing Co., Ltd

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