Ogni epoca ha un luogo specifico da cui grandi artisti, piccoli scrittori e discreti viveur sono attratti: per i flussi geografici della cultura e delle idee, per le condizioni politiche differentemente gradevoli, per la suadente spinta dell'imitatio. Per molti versi, quella che un tempo è stata Parigi, Londra o New York oggi è Berlino, e svariati segnali indicano che questo flusso di spostamento ha trovato un terreno fertile, o una cassa di risonanza adeguata. Nell'ultimo gallery weekend, fra il 29 aprile e il 2 maggio, tre gallerie della capitale tedesca hanno dedicato una mostra personale ad artisti italiani.

Monica Bonvicini, alla galleria Max Hetzler, propone una lettura critica – mediata da un'ottica profondamente informata dalla gender theory – dell'architettura contemporanea, intesa sia nel senso letterale di costruzione di edifici che in quello, metaforico, di costruzione di complessi di idee, di sistemi concettuali, di visioni del mondo. Le sculture esposte, nella loro quasi scientifica mescolanza di materiali, nel modo in cui questi si caricano spontaneamente di allusioni erotiche, vogliono sottolineare col contrasto la chiave maschile di un certo modo di pensare l'architettura, la città. Un'installazione dell'ampiezza di Genital Modes – lastre di plexiglass su varie pareti, riportanti ognuna il nome di un concetto, di un problema legato al rapporto psicologico e spaziale fra i sessi – permette invece alla Bonvicini di tracciare una sorta di mappa concettuale dei termini con cui comprendiamo tale rapporto: e quindi della sua natura.

Riccardo Previdi, alla galleria Sommer&Kohl, espone un approfondimento della sua ricerca sulla neutralità dei messaggi, dei segni. Il corpo principale della mostra – intitolata "Testsieger", vincitore di un test – è composto da una serie di lavori in cui immagini di test, prove di stampa e di allineamento delle testine vengono stampate e filtrate – messe su carta colorata, accartocciate, e rifotografate e infine stampate su superfici di legno o su tela. Il risultato è qualcosa che si vorrebbe neutro (la prova di stampa, appunto) a cui una serie di interventi formali hanno aggiunto tanto rumore di fondo da trasformarlo in messaggio vero e proprio: il rapporto fra forma e contenuto si ribalta, e la neutralità del secondo cede il passo all'invadenza filtrata della prima. Qual è il punto, pare chiedersi la mostra di Previdi, in cui la quantità di errori inverte il segno alla grammatica?
Pietro Roccasalva, invece, offre dalla galleria Johnen una meditazione in tre fasi sul potere di ciò che è assente, sul rapporto fra ciò che è nascosto e ciò che appare: sui fantasmi. Un varano, due cavalieri in armatura, un pavimento scomparso e il portatore di un messaggio che non c'è: "Unicuique Suum Fussball", la mostra personale di Roccasalva, è discussa più approfonditamente nell'articolo "I tuoi fantasmi" (in domusweb, issues).

Oltre a queste tre mostre personali, anche una mostra collettiva si inserisce, abbastanza curiosamente, in questa panoramica dell'Italia vista da Berlino. In un caso forse più unico che raro, le istituzioni nazionali hanno deciso di rispondere alla realtà che hanno trovato: l'Ambasciata della Repubblica Italiana, di concerto con l'Istituto Italiano di Cultura, ha di recente dato inizio a un ciclo di mostre di artisti italiani residenti a Berlino, sotto la cura di Alessandra Pace e Marina Sorbello. La prima, "Italiens", ha inaugurato poche settimane fa, e resterà aperta oltre sei mesi: include lavori, fra gli altri, dello stesso Previdi, di Deborah Ligorio, di Patrick Tuttofuoco e di Armin Linke. Certo, forse è più facile per un artista trovare casa a Berlino che non per la sua opera trovare respiro nel contesto, pletorico e fastoso, di un'ambasciata; indubbiamente, però, a Berlino queste case ci sono.
Vincenzo Latronico