Superstudio: ossessioni, connessioni e abitare il flusso

E altre altre cose che portiamo a casa, assieme a due film, dalla mostra del CIVA Bruxelles, che attraverso l'abitare del Superstudio racconta il nostro.

Ho tenuto alcune lectures con titoli di tipo “A public Suicide”, “Fundamental Facts:  Life, Ceremony, Death versus Architecture”, “The 14th Ideal City” (...) L’Architectural Association e la scena inglese sono vivamente disturbate da queste lectures: Qualcuno dice che sono un ciarlatano (rimetto a voi la parte che vi spetta) altri, invece, dicono di non aver mai sentito un tale vocabolario usato in architettura. (...)  Onestamente è una gran faticaccia: non me l'aspettavo. Soprattutto ho sempre una gran tensione nervosa dovuta al fatto che ho sempre paura di sputtanare lo studio e me, visto che qui intorno è pieno di gente che non aspetta altro...

(Adolfo Natalini al Superstudio, London Report 2, 22 gennaio 1971)
 

Mentre il mondo si appresta a celebrarlo nel 1972 — nella mostra Italy: The New Domestic Landscape del MoMA — almeno a conoscerlo, indubbiamente a iconizzarlo nel suo sacrario di radicalità provocazione griglia onnicomprensiva, il Superstudio e in realtà al massimo dell'apertura dei suoi recettori, della sua potenzialità, della sua natura di multiverso, di sincretismo trasversale a una molteplicità di storie. a partire da quello dei suoi componenti: Adolfo Natalini, pittore, Cristiano Toraldo di Francia che scopre la verità attraverso la scrittura, Roberto e Alessandro Magris, Alessandro Poli; tutti architetti e designer, cui si aggiunge Gian Piero Frassinelli, architetto e con interessi di antropologia culturale.
Entriamo nella narrazione di Superstudio Migrazioni, la mostra aperta presso CIVA Bruxelles a cura di Emmanuelle Chiappone-Piriou, ed entriamo in un attualità di storie e riflessioni in cui Superstudio è in realtà progettista e interprete più del nostro contemporaneo che non del suo, all'epoca del New italian Landscape.

Superstudio, supersuperficie New Italian Landscape, MoMA - domus
Superstudio, la Supersuperficie per The New Italian Landscape, MoMA, New York, 1972. In apertura: Migrazione, laminato plastico serigrafato, per Abet Print, 1969.

“Superstudio è un'organizzazione autofinanziata di ricerche e studi d'architettura. Tutti [i partners] hanno una forte preparazione architettonica e un comune interesse per l'architettura. un'architettura sempre più light, soft, o conceptual. Il 60% del tempo viene impiegato in un lavoro di industrial design, interior and architectural design. il 40% in un lavoro di ricerca teorica. la metà dei proventi del lavoro reale viene impiegata nella ricerca. (Qui segue, a seconda del tipo di auditorio, una disquisizione sulla ripartizione degli utili secondo basi comunitarie, in base al principio ‘da ciascuno secondo le possibilità, a ciascuno secondo il bisogno’). Attualmente lo studio è impegnato in una ricerca sul componenting per l'edilizia, una specie di catalogo generale di possibilità di ‘reciclare’ prodotti esistenti sul mercato, e in una ricerca sugli atti fondamentali: la vita, la cerimonia, la morte.”
Alla fine piangono tutti. O sono fortemente impressionati da tale idealistica condotta…


(Adolfo Natalini al Superstudio, London Report 5, 5 febbraio 1972)
 

Migrazione è una grafica creata per i laminati plastici di Abet nel 1969, e contribuisce non meno del celebrato Monumento Continuo alla ricerca ossessiva del disegno unico, capace di mettere omogeneamente a sistema forme flussi azioni del mondo. Nelle parole della curatrice, Migrazioni è una figura dell'interpretazione che rappresenta tutto il Superstudio, nella sua cifra di migrazione: quella effettivamente geografica dei suoi membri, all'epoca sparsi tra Europa e America — a saldare contatti alle Summer Schools dell’AA, insegnare, ed esporre; quella del lavoro cerebrale di rielaborazione e diffusione globale di idee, che caratterizza la vita di Superstudio in quegli anni; ma soprattutto la percezione che la vita umana sulla Terra si stia trasponendo nella sfera di una mobilità che è condizione sempre più ambientale, atmosferica, destinata a diventare la vera materia del nostro habitat — come infatti oggi è, nella omogeneità di flussi e tecnologie che caratterizza il contemporaneo.

Superstudio, Supersurface. An alternative model for life on the earth, 1972. 16 mm, 9’40’’. Archivio Superstudio.


Ci siamo resi conto tutti, nella nostra abbastanza lunga carriera di architetti, che la gente non sa più progettarsi la propria vita.

(Gian Piero Frassinelli, 2020)
 

Quello del Superstudio è un lavoro sul dare senso allo spazio, ad uno spazio sempre più fatto di segni, di comunicazioni che possono direzionare la nostra vita; Superstudio, di contro, recepisce, reinterpreta, vuole sistemare e — ebbene sì — riordinare, con quello che è un suo grande lavoro cerebrale, ancora prima che un apparato provocatorio fatto di spaesamento pop. Dal mondo che lo circonda, dal linguaggio dei magazines, Superstudio assorbe una materia linguistica e la restituisce allo stesso mondo nel parlato del collage, di quelle figure che creeranno una vera ossessione globale, prima dentro Superstudio stesso poi dentro tutto una generazione.

Superstudio Supersuperficie - Supersurface Sunset, 1971 - domus
Superstudio, Gli Atti Fondamentali, Vita (Supersuperficie), 1971 – 1972, Supersurface Sunset, 1971. Mnam-CCI

Mi invitano a diversi parties dove trovo gente tipo Jencks, Cook, Stirling, Boyarsky, Pawley, Banham, Frampton, Rykwert, Colquhun,...e Price.  Insomma tutta l'intellighenzia inglese. L'atmosfera è sempre elettrica: Ognuno vuol far vedere come-sono-bravo-io. Io cerco di stare abbastanza abbottonato e così Cook mi dice che sono “encapsulated in your own ideas” ...e mi vien da ridere, perché mi sento proprio in mezzo al girotondo dell'”intelligenza”, e veramente mi accorgo che è un buffo giro chiuso di gente che cita se stessa, in circolo, cercando alleanze solo per far numero. Quale sia l'aggancio con la realtà non lo so proprio. Insomma è molto simile allo stare e lavorare a Bellosguardo.

(Adolfo Natalini al Superstudio, London Report 2, 22 gennaio 1971)
 

Mentre sta avviandosi ad essere studio (con commesse, noie burocratiche, appoggi, spauracchi esistenziali) il gruppo fiorentino è sempre più super, oggetto di attenzioni e centro di influenze, ponte tra un panorama esplosivo di riferimenti formativi — che troviamo raccontati nelle “biblioteche ideali” di ciascun membro, in apertura della mostra del CIVA — e una scena che si sta dividendo quella che Koolhaas chiama una “Second Coming of Architecture” . Dialettico con Archigram, ispiratore di Hans Hollein, affascinatore di studenti a Londra e negli USA, il Superstudio poi con Koolhaas è proprio amico: è con lui si che trova a dividere una comune lotta contro i quintali di polvere europea che ricoprono “entrambi” — e che il momento ha solo sollevato in aria — lasciando intuire vie per far saltare il tavolo, per scrivere il pensiero sullo spazio che abitiamo in modo nuovo, a partire dal perpetuum mobile globale che quello spazio è diventato.

I am afraid to irritate you with the continuing development of my Anglo-Saxon paranoia, but, although I feel much more sympathy for American than for English, I still suffer the same (intellectual) frustration here [Ithaca, Cornell University, NdR]; our European seriousness complicatedness, conceptual and ideal hang-ups explode here in a strange, sucking vacuum which creates an instant exhaustion; in a way we are used as a pacifier (dummy) in the mouth of an insatiable baby.
This whole nation is an inexplicable mixture of the totally wild and the totally docile.


(Rem Koolhaas ad Adolfo Natalini, 8 febbraio 1973)

Superstudio Migrazioni exhibition video, Alfons Meyer Studio, 2021

Mostra:
Superstudio Migrazioni
A cura di :
Emmanuelle Chiappone-Piriou, in dialogo con Cédric Libert
Luogo:
CIVA, Bruxelles
Data di apertura::
fino al 16 maggio 2021

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