di Matteo Pirola
Tutto comincia con una corsa. Contro il tempo o meglio con il tempo, come il vento – che spesso spazza la città e rinvigorisce gli abitanti – per accelerare le esperienze.
Una vera e propria gara podistica (frequentatissima e accompagnata da una passeggiata e da un bike tour che ne moltiplicano la portata) per attraversare i luoghi più significativi della città, organizzata dal Dac (Danish Architecture Center) per dare il via ai lavori del World Congress of Architects, che si è svolto a Copenaghen dal 2 al 6 luglio.
Questo insieme di eventi, per ora unico al mondo, è l’apice delle celebrazioni dell’Architecture World Capital 2023, che per tutto l’anno vede la capitale danese come centro di interesse internazionale e ufficiale della cultura del progetto.
Uia (Unione Internazionale degli Architetti) insieme all’Unesco ha lanciato l’iniziativa Capitale Mondiale dell’Architettura per sostenere e confrontarsi con l’Agenda delle Nazioni Unite 2030 per uno Sviluppo Sostenibile, presentata nel 2015 con lo scopo di porre fine alle disuguaglianze, implementare il rispetto universale di tutti i diritti e le dignità umane, e rendere le città e gli insediamenti abitativi inclusivi, sicuri, resilienti e, appunto, sostenibili.
Rio de Janeiro è stata nominata prima Awc nel 2020 ma la pandemia ha costretto una riprogrammazione nel 2021 e poi l’iniziativa è stata svolta solo online, mentre oggi, finalmente, si può vivere l’esperienza dal vero e dal vivo, come offre e richiede l’architettura. L’architettura la si comprende e capisce solo vivendo gli spazi, provando l’azione anche temporanea di abitare un luogo, non solo da lontano, da fuori, ma da dentro, permeando e sentendosi permeati.
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Ogni tre anni, la città nominata Capitale Mondiale dell’Architettura diventa un forum globale in prima linea nelle discussioni sull’urbanistica contemporanea e sulle questioni architettoniche. Una nuova occasione per celebrare l’architettura, iniziata con l’intento di offrire un momento continuo di riflessione sullo stato dell'arte dell'abitare umano e sui diritti fondamentali di tutti ad avere un riparo.
Tutti – non solo gli architetti e i designer – devono poter avere la possibilità e la responsabilità di partecipare alla progettazione del futuro della propria abitazione, e quindi delle città e dei territori, così non solo i professionisti sono invitati a frequentare le mostre e le conferenze, ma anche – e forse soprattutto – la più grande quantità possibile di visitatori comuni che – come direbbe Gio Ponti – dovrebbero “amare l’architettura”.
Oltre al congresso, che affronta 6 aree scientifiche e tematiche – adattamento climatico, ripensamento delle risorse, le comunità resilienti, la salute, l’inclusività e la partecipazione – e ospita i più importanti progettisti globali rappresentanti di una nuova generazione – tra cui il solo italiano Carlo Ratti – il programma è fitto di appuntamenti continui e duraturi tra mostre ed eventi, guide e tour, conferenze e presentazioni, che invitano quindi anche il grande pubblico a farne parte lungo tutto l’anno solare.
La città
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L’architettura danese contemporanea è nota per la sua attenzione alla scala umana e per il suo approccio democratico, e Copenaghen rappresenta perfettamente la cornice migliore in cui lo sviluppo urbano innovativo, insieme alle sue grandi ambizioni in termini di rispetto ambientale, soluzioni di sostenibilità e opportunità di vivibilità offrono esempi concreti e attuali.
Da circa 20 anni Copenaghen ha iniziato un lungo, proficuo e ancora in progress processo di riqualificazione e rigenerazione, e visitando la città tutti i quartieri emanano un’energia vitale, tra edifici residenziali innovativi e comunitari, spazi urbani per abitanti di ogni età, dai più piccoli ai più anziani e diversamente abili compresi, aree ricreative e ristorative sulle sommità degli edifici, piste ciclabili più numerose e importanti delle strade carrabili, fino alle numerose piscine galleggianti nel porto ramificato.
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La città vive il più possibile il suo infinito water front, con accessi all’acqua per imbarcazioni ma soprattutto per attività ludiche e sportive a corpo libero e fa del riuso e riqualificazione di grandi aree ex industriali o periferiche e abbandonate un sistema policentrico e prolifico.
Per l’occasione sono state create delle nuove guide disponibili al pubblico che conducono ad esempi costruiti e visitabili, da singoli edifici fino ai nuovi quartieri come Sluseholmen, un insieme di abitazioni a diretto contatto con l’acqua costruite su isole artificiali collegate con piccoli ponti, o Ørestad, un “parco giochi” per star dell’architettura, tra cui il più rappresentativo a livello internazionale è Bjarke Ingels (BIG).
13 padiglioni
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Tegnestuen Lokal
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Tegnestuen Lokal
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Kim Holtermand
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Kim Holtermand
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I padiglioni
Bricks in Common by Aart, Mangor & Nagel - part of Aart, Noaa
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
Bricks in Common by Aart, Mangor & Nagel - part of Aart, Noaa
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
Tower of Wind by Anna Maria Indrio (Atenastudio), Henning Frederiksen, Christian Fogh, Simone Aaberg Kærn (Artist)
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
Tower of Wind by Anna Maria Indrio (Atenastudio), Henning Frederiksen, Christian Fogh, Simone Aaberg Kærn (Artist)
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
Poetic Daylight by Royal Danish Academy: Architecture, Design Conservation, Institute of Architecture and Design in collaboration with Claus Pryds Architects
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Tegnestuen Lokal
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Tegnestuen Lokal
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Kim Holtermand
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I padiglioni
From 4 to 1 Planet by ReVærk, Tegnestuen LOKAL, Leth & Gori, Rønnow Architects and BOGL.
Photo Kim Holtermand
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Bricks in Common by Aart, Mangor & Nagel - part of Aart, Noaa
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
Bricks in Common by Aart, Mangor & Nagel - part of Aart, Noaa
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
Tower of Wind by Anna Maria Indrio (Atenastudio), Henning Frederiksen, Christian Fogh, Simone Aaberg Kærn (Artist)
Photo Sandra Gonon
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Tower of Wind by Anna Maria Indrio (Atenastudio), Henning Frederiksen, Christian Fogh, Simone Aaberg Kærn (Artist)
Photo Sandra Gonon
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I padiglioni
Poetic Daylight by Royal Danish Academy: Architecture, Design Conservation, Institute of Architecture and Design in collaboration with Claus Pryds Architects
Photo Sandra Gonon
Per rendere ancora più ricca la città, oltre i suoi monumenti permanenti, antichi o contemporanei, nel centro storico sono stati realizzati e distribuiti in varie aree, 13 padiglioni temporanei, piccoli edifici in scala 1:1 sempre accessibili e costruiti ponendo attenzione sul consumo responsabile dei materiali con relativo piano di riciclaggio, riassemblaggio o il riutilizzo degli elementi dopo la chiusura dell’esposizione.
Ogni padiglione è il risultato di una collaborazione tra architetti, produttori, istituzioni e associazioni, tutti impegnati insieme a porre le basi di nuove risposte alle domande contemporanee relative alla costruzione del futuro, in relazione agli obiettivi dell’Agenda UN per lo Sviluppo Sostenibile.
Dac - Danish Architecture Center
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Il centro e quartier generale di tutte le attività della Capitale Mondiale dell’Architettura è il Dac, Danish Architecture Center, edificio chiamato Blox e realizzato nel 2017 da Oma (Office of Metropolitan Architecture – Rem Koolhaas) e dedicato alla promozione, esposizione, confronto e dibattito sulla cultura architettonica contemporanea.
L’edificio, caratterizzato da una volumetria regolare ma molto articolata e quasi decostruita, e una permeabilità su vari fronti stradali, pedonali, aerei e acquatici, contiene spazi espositivi, uffici e spazi di co-working, un caffè, una libreria, un centro fitness, un ristorante, appartamenti e un parcheggio pubblico sotterraneo.
Tra le numerose attività espositive ha recentemente aperto una galleria permanente che indaga la storia e le caratteristiche dell’architettura e del design danese, “So Danish!”, dai primi insediamenti vichinghi al design contemporaneo, e una che parla propriamente dell’assetto attuale della città in pieno sviluppo “Copenaghen in Common”.
La mostra “Copenaghen in Common”
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La mostra temporanea principale al centro è intitolata “Copenaghen in Common” e già dal titolo si preannuncia una modalità tipica di questo popolo e di queste latitudini nel vivere democraticamente, con partecipazione e in comunione l’architettura e la città e con un modello che spesso cresce dal basso e non viene imposto dall’alto. Gli spazi urbani soprattutto, ovvero gli ambienti pubblici e aperti che fanno la tessitura della città con i suoi nodi e la sua trama, oltre i blocchi privati delle singole abitazioni collettive che comunque hanno sempre più di un aspetto comunitario. La città ha oggi circa 800.000 abitanti e cresce di circa 10.000 unità ogni anno. L’età media della popolazione è 36 anni (!) e circa il 25% dei cittadini sono immigrati o con origini diverse dalla Danimarca.
La città si è sviluppata con un primo piano di sviluppo urbano nel 1947 con il famoso “Finger Plan”, ovvero la sovrapposizione della figura di una mano con 5 dita il cui palmo coincide con il centro storico mentre le direttrici principali si sviluppano nell’entroterra dell’isola di Zealand, lasciando delle grandi aree triangolari a verde destinate alla natura e alle attività ricreative all’aria aperta.
Il primo aspetto che si evidenzia è chiamato Blue City, dove vedere come la città e i cittadini si occupano del loro essere soprattutto una città di porto. Banchine, ponti, piscine galleggianti, club di natanti e pescatori, parchi pubblici con accesso all’acqua, sono oggi ovunque in una città che solo 40 anni fa era molto inquinata e piena di fabbriche pensati.
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Il secondo aspetto che caratterizza ulteriormente la sensibilità ambientale di questo luogo è la cosiddetta Green City, ovvero il corrispettivo vegetale del mondo acquatico. Nonostante la popolazione cresca continuamente e le stagioni rigide non permettano apparentemente una vita agile all’aria aperta, ogni isolato ha una grande percentuale di verde pubblico, attrezzato o selvatico.
La densità e quindi la concentrazione delle attività nel rispetto degli spazi aperti e liberi, è il terzo punto della mostra, Dense City, quindi la logica propone abitazioni di dimensioni contenute con spazi comuni in condivisione e un servizio di trasporto pubblico ottimizzato che permette i più veloci spostamenti sui mezzi di terra, d’acqua o sulle onnipresenti e ubique biciclette (la media di percorrenza di ogni cittadino e di quasi 10 km al giorno).
Infine un’ultima sezione pone l’attenzione sulla Mixed City, dove tenere sempre presente e insieme, e con il miglior equilibrio, diversità di origine, classe sociale, attività lavorative e livelli di qualità secondo il reddito diverso di tutte le diverse persone che gravitano insieme necessariamente nel tessuto urbano e fanno funzionare la città per tutti.
Fuori dai percorsi ufficiali
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Uscendo un po’ dai numerosi percorsi ufficiali, pur restando nell’orizzonte di questo appuntamento straordinario per comprendere come e dove l’architettura e il design stanno andando, segnaliamo la mostra “Reset Materials” presso il CC - Copenaghen Contemporary, un nuovo centro di ricerca ed esposizione di arte contemporanea che ha deciso di dedicarsi per l’occasione all’architettura.
Curata da Chrissie Muhr, un architetta e ricercatrice indipendente, realizzata in collaborazione con l’Associazione Danese degli Architetti (Arkitektforeningen), progetto di allestimento di Archival Studies e progetto grafico di Studio Atlant, questa mostra presenta 10 installazioni architettoniche, che rimettono in discussione il tema dei materiali da costruzione, per struttura o rivestimento esterno e interno, e soprattutto vanno molto oltre, potremmo dire in profondità, al tema della materia cosiddetta “naturale”.
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Quale significato dare veramente o nuovamente alla abusata parola sostenibilità? Si può fare architettura con i funghi, con la terra, con le ortiche, con la canapa, “coltivando mattoni” o elementi costruttivi? Partendo dal presupposto che l’architettura è una delle attività umane più inquinanti, soprattutto per l’uso di risorse naturali destinate alla costruzione e abbandonate dopo la demolizione, è urgente per gli architetti, per i costruttori e per la società, attuare delle trasformazioni e delle evoluzioni anche nei metodi che si considerano più tradizionali.
Questa mostra esplora un universo di sperimentazioni possibili e già attuabili, e ha il pregio di essere realizzata con tutte risorse locali, da quelle hardware degli elementi fisici utilizzati a quelle software delle idee e degli autori in campo.
Il design nell’epoca dell’intelligenza artificiale
Infine chiudiamo questa potenzialmente infinita recensione di una manifestazione che appare senza confini temporali e spaziali, con la visita ad un nuovo luogo pubblico di ricerca e sperimentazione per il design, Space 10, ricavato in una parte degli ex macelli e magazzini alimentari, dietro la stazione centrale della città.
Questo centro di cultura, ricerca, esposizione e condivisione è finanziato da Ikea che qui sviluppa i temi progettuali più interessanti della contemporaneità.
Sono esposti 4 progetti speculativi co-creati tra studi di design e intelligenza artificiale generativa, dimostrano come l’intelligenza umana e informatica si possano unire per migliorare sicuramente almeno i processi in attesa dei nuovi prodotti per una nuova società che dovrà essere un po’ reale e un po’ virtuale, tra sapere e sentire antico e primario insieme – e non più in opposizione – alla tecnologia informatica più avanzata e futuribile.
Conclusioni
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Dopo la corsa iniziale, per molti giorni lungo tutto l’anno e soprattutto d’estate, singoli esploratori, professionisti o appassionati, grandi gruppi di architetti, designer, turisti, cittadini, studenti, riempiono ancora la strade, le piazze, i ponti, i tetti, le caffetterie, i ristoranti, i moli, le spiagge e i musei della città, dove con un ritmo più rilassato lasciarsi condurre come le onde del mare e sedurre da angoli segreti tutti da scoprire e comprendere tra vita, architettura e natura.
Appuntamento alla prossima World Capital of Architecture che sarà a Barcellona nel 2026.