Carlo Ratti. Innovazione significa anticipare il cambiamento

Conversazione con Carlo Ratti, direttore del MIT Senseable City Lab, sulle prospettive innovative dell’architettura, del design e della tecnologia e su come con il suo studio ha ripensato l’ex sito di Expo Milano 2015.

Carlo Ratti, Area Expo 2015, Milano

Carlo Ratti, architetto e ingegnere, dirige il MIT Senseable City Lab ed è cofondatore dello studio di progettazione Carlo Ratti Associati, con sedi a Torino e a New York. Il suo ultimo libro (scritto con Matthew Claudel) è La città di domani. Come le reti stanno cambiando il futuro urbano [trad. it. di Emilia Benghi, Torino, Einaudi, 2017].

Viviamo in un mondo connesso, dove le informazioni disponibili sono infinite, ma fatichiamo a tenerne il passo senza cadere negli equivoci o farci intrappolare in conclusioni superficiali. Come definiresti l’innovazione?
Sono visceralmente schumpeteriano: credo che il progresso umano nasca dal fare cose nuove oppure dal fare in modo nuovo cose già esistenti. Certe volte i media rappresentano l’innovazione come necessariamente legata all’idea di tabula rasa. Tuttavia io ritengo che l’innovazione dovrebbe partire da ciò che già esiste, e proporsi di migliorarlo.

Hai vinto, con la società immobiliare australiana Lendlease, il concorso internazionale per ripensare l’ex sito di Expo Milano 2015. Il piano regolatore prevede un parco tematico per la scienza e la tecnologia da un milione di metri quadrati. Qual è la caratteristica più innovativa di questo modo di vivere la città?
Credo che ciò che costruiamo oggi durerà per i prossimi cinquanta o cento anni. Tuttavia nei prossimi cinque-dieci anni la mobilità cambierà in modo radicale grazie all’avvento dell’auto senza conducente. Perciò abbiamo cercato di rendere il piano regolatore ‘a prova di futuro’: le strade del sito sono accessibili ai veicoli senza conducente, con un’impostazione che anticipa la diffusione del cambiamento relativo all’autonomia dei veicoli.

Quali saranno le conseguenze?
Un aumento della condivisione dei mezzi di trasporto, con una maggiore efficienza e – cosa più importante – con un incremento della socialità urbana. L’automobile resta inutilizzata per il 95 per cento del tempo, e quindi è la candidata ideale all’economia della condivisione. Ogni auto condivisa può togliere da dieci a trenta veicoli privati dalla strada. L’auto senza conducente promette un effetto spettacolare sulla vita della città. La “tua” auto potrebbe darti un passaggio al lavoro al mattino e, invece di starsene ferma in un parcheggio, dare un passaggio a qualcun altro della tua famiglia, oppure a uno qualunque dei tuoi vicini.

Per quali aspetti questo progetto rappresenta un progresso del pensiero creativo?
Mi piace molto il concetto di Common Ground: un nuovo tipo di spazio pubblico per far crescere la sperimentazione sociale, costituito da uno spazio a doppia altezza in tutto il piano generale. È animato da un vivace insieme di piazze, aree pedonali, padiglioni, caffè, orti comuni, gallerie aperte, laboratori e negozi. Anche gli spazi privati saranno aperti al pubblico. Abbiamo anche inserito vari elementi tipici del tessuto urbano milanese: i magici giardini nascosti che risalgono al Medioevo, gli ampi viali ottocenteschi e i più contemporanei edifici immersi nel verde.


Quali saranno gli effetti sul futuro di Milano, dell’Italia e del mondo?

L’innovazione sta iniziando a essere uno dei più potenti motori della città in tutto il mondo, come si vede dal crescente numero di luoghi che aggiungono al loro nome quello di un elemento chimico: Silicon Alley a New York, Silicon Wadi a Tel Aviv, Silicon Sentier a Parigi e così via. Pare che a Berlino venga fondata una nuova start-up ogni venti minuti. Parigi si adopera a costruire quello che sarà il più grande incubatore europeo alla Halle Freyssinet. E a Tel Aviv l’espressione Start-up Nation si è trasformata da slogan politico in realtà economica. È molto probabile che questo proliferare dell’innovazione sia solo l’inizio. Mentre Internet continua la sua penetrazione in tutti gli aspetti della vita stiamo entrando in quella che l’informatico Mark Weiser ha battezzato l’èra della “computazione ubiqua”: un’epoca in cui la tecnologia è tanto diffusa da “ritirarsi sullo sfondo della vita”. Presto il mondo digitale e quello fisico saranno indistinguibili. L’epoca del “silicio onnipresente” è alle porte, e sta prendendo forma nelle città di tutto il mondo.

In che modo la comunicazione cambia l’architettura?
A mano a mano che l’Internet delle cose entra nell’architettura gli edifici e le case iniziano a essere sempre più adattivi. L’architettura spesso è stata definita come una specie di “terza pelle”, che si aggiunge all’epidermide organica e agli abiti. Ma per troppo tempo ha funzionato più che altro come un busto: un’aggiunta al corpo rigida e intransigente. In futuro potremmo immaginare un’architettura che si adatta agli esseri umani, invece del contrario: uno spazio vitale su misura modellato intorno alle esigenze, al carattere e ai desideri di chi lo abita.

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