La rilevanza di questo secondo avvenimento non fu soltanto religiosa. La visita papale, la terza di Giovanni Paolo, ebbe importanti conseguenze per la Croazia. Giovanni Paolo II, il primo papa a calcare intenzionalmente il suolo croato (il papa Alessandro III giunse sulla costa croata nel XII secolo in seguito a un naufragio), condivideva con gli ospiti croati tanto il retaggio centroeuropeo quanto l'esperienza dello stato comunista. L'avvenimento segnò, dunque, sia la rinascita della pratica religiosa nella Repubblica croata postsocialista sia il rinnovamento del legame non solamente con il Vaticano, ma anche con l'intera Europa.
Nella sala di Randic e Turato questi legami si manifestano in tutta la loro portata e rilevanza per l'identità collettiva e le aspirazioni dei croati. L'edificio è per molti versi l'espressione materiale della volontà e del caso all'origine della sua costruzione. Il volume contenuto della sala con il suo tetto a spigolo quasi piramidale, le sue superfici linde e le sue linee pulite è tanto archetipico (una ur-forma) quanto radicalmente contemporaneo. Anzi, fa scontrare l'una contro l'altra queste condizioni contraddittorie. La sua massa è al tempo stesso monumentale e smaterializzata dalla luce che filtra attraverso il "merletto" geometrico del suo rivestimento traforato di terracotta. I disegni traforati- come i pezzi Op Art che il gruppo di Zagrabia New Tndencies creò al computer negli anni Sessanta - creano una tensione visiva dinamica sulla superficie stessa. Alla sguardo le traforature sembrano quasi create da forze invisibili che, alternativamente, tirano, rilasciano e tendono le linde superfici del leggero volume di terracotta. L'animazione della superficie- che è in realtà di gran lunga più profonda e strutturale di qualsiasi animazione generabile al computer- genera una tensione tra la forma stabile e simmetrica e i disegni estremamente instabili che percorrono i suoi piani. È possibile leggere questo gioco di opposti e questa trasmutazione come il correlativo architettonico della condizione incerta, transitoria e colma di contraddizioni della Croazia contemporanea, un paese vicinissimo, e pronto, a entrare nell'Unione europea. È una condizione nella quale un numero incalcolabile di forze spingono il paese in una moltitudine di direzioni diverse e nella quale la stabilità sembra sempre essere accompagnata dal suo contrario. Questa condizione è potentemente evocata anche dalla posizione della sala di terracotta, che è appoggiata in maniera leggermente storta sul basamento di calcestruzzo- una condizione chiaramente visibile dal punto di vista soprelevato del sentiero percorso dai pellegrini che si avvicinano al sito dalla collina di Tersatto.
Immersa nella cultura mediterranea e centroeuropea l'architettura croata affonda le sue radici nelle tradizioni urbane e architettoniche delle sue città. Ma, come Randic e Turato, gli architetti croati sembrano sempre guardare al futuro, non al passato.
Di conseguenza il centro pastorale è sia oggetto sia spazio urbano, sia tempio sia agorà, e definisce un cortile che è luogo di raduno e di celebrazione per i pellegrini (che ammontano a migliaia il giorno dell'Assunzione), costeggiando e ribadendo la direzione del muro di pietra che cinge il sito. È tutta una questione di consapevolezza- la consapevolezza del funzionamento del muro di recinzione nell'organizzare l'esperienza stessa del pellegrinaggio; la consapevolezza della giustapposizione del muro antico e nuovo, degli antichi edifici della chiesa e del monastero e del nuovo spazio, che è insieme cortile e piazza urbana, con la sua cornice di portici, del distanziamento dei muri dei portici, che si allarga al centro e si contrae alle estremità- rendendo tanto evidenti quanto significativi le differenze e i rapporti reciproci. Organizzando e riconfigurando i rapporti tra i molteplici strati degli elementi costitutivi del luogo di pellegrinaggio, questa consapevolezza crea tra essi anche un altro spazio, un "terzo spazio"- un anfiteatro naturale scavato nella collina adiacente, che rende possibile celebrare messe all'aperto nei giorni di massimo afflusso di pellegrini.
Al di là della formale retorica autoctona, che stimola la memoria e anima il luogo, il centro pastorale guarda esclusivamente al presente, all'uso e all'esperienza che combina la dimensione fisica con quella spirituale. L'esperienza dell'edificio e del più ampio complesso è attentamente calibrata in termini di transizione dalla luce all'oscurità, dalla piazza soleggiata al portico ombreggiato, dal culto collettivo alla contemplazione individuale. In diversi momenti il portico funge da chiostro ombreggiato, in altri, per esempio, quando la piazza si riempie di pellegrini, le profonde campate separate da lastre di calcestruzzo disposte a varia distanza l'una dall'altra si trasformano facilmente in estemporanei confessionali.
Internamente la sala traduce in forma concreta la semplicità e l'ascetismo dell'ordine francescano. È un volume imbiancato che segue i contorni dell'involucro esterno, inequivocabilmente semplice e allo stesso tempo, come l'esterno, pieno di ingegnose e inaspettate sorprese. Più si guarda, più cose si vedono: per esempio, il pulpito giallo oro che è e non è un pulpito; la banda di colore giallo, che corre all'altezza delle spalle per tutta la stanza, definendo il confine tra base e sovrastruttura, aggiunge alla lettura visiva dei piani murari sovrastanti e sottostanti la dimensione di un gioco percettivo. Le attese sono continuamente tanto soddisfatte quanto confuse. I pannelli di vetro verticali e orizzontali riempiono lo spazio di luce uniforme, ma le loro stesse superfici si screziano del tremolante disegno iridescente di ombra e luce gettato dalle traforature dell'involucro di terracotta. Come nella parte esterna dell'edificio, stasi e animazione sono costantemente in azione.
Lo spazio e la struttura commemorativi del Centro pastorale Giovanni Paolo II di Randic e Turato sono permanenti, solidi ed eterni. Ma sono anche completamente attuali, flessibili, adattabili, dinamici e orientati al futuro. E soprattutto sono frutto di una precisa volontà quanto radicalmente aperti al caso. Questa combinazione di precisa volontà e caso fa sì che ciascuna visita- ogni nuova esperienza dell'opera- non sarà soltanto diversa da quella precedente, ma anche fondamentalmente nuova.
Eve Blau
Pope John Paul II Hall, Rijeka, Croatia
Architect: Saša Randic , Idis Turato (Randic – Turato Architects)
Collaborators: Sinisa Glusica, Gordan Resan, Iva Cuzela-Bilac, Ana Stanicic (Technical Architects)
Client: Franciscan monastery Trsat
Design: 2003
Construction: 2008
Total floor area: 1,048 m2















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