The ark is also a metaphor for movement and slowing down. The grave economic crisis that hit Greece prompted the curators to work on the theme of slowness. Production speeds have been slowed down by the economic situation but the curators seem to be saying that we can draw on the lesson of history to create and embrace a new living dimension. Forced as we are to reduce the pace of production, we can rediscover that connection with the soil that the fast life has made us forget. Zissis Kotionis does not see the ground as an element of nature but “a substance impregnated with memory”, and the product of our actions. GG
The curators’ want to take visitors back to the soil and reintroduce them to the dimension of direct contact with the ground, rediscovering a physical contact commonly assimilated with an idea of toil and suffering and that, actually, produces a sense of hedonistic pleasure.
La Grecia si presenta alla Biennale con un’Arca. Una struttura in legno lunga 12m, alta 1,70m e larga 3,30m. Carica di semi da salvare, l’arca è una “reminiscenza dell’antico significato di salvazione, ma non nell’accezione biblica” – spiega l’architetto Phoebe Giannisi, curatrice del padiglione insieme al collega antropologo Zissis Kotionis, dell’Università di Thessalia. L’idea gerarchica di paternità è sostituita da quella di networking: il progetto è stato sviluppato da un ampio gruppo di persone, tra cui artisti, biologi, architetti e studenti che insieme hanno raccolto semi, piante e frutti provenienti da tutta la Grecia per salvarli dall’estinzione che le nuove politiche agricole planetarie prospettano irrimediabilmente. Si tratta di semi raccolti con metodo e pazienza nei piccoli villaggi rurali che attorniano le grandi città greche, “semi veri, prolifici, non i semi sterili che vengono venduti ai contadini dalla multinazionali e che ci stanno assoggettando imponendoci la dipendenza agricola” – sottolinea Maria Papadimitriu, una degli artisti coinvolti nella realizzazione del padiglione.
L’arca è anche metafora del movimento e della lentezza. Lo stimolo che ha spinto i curatori a lavorare sul tema della lentezza è stata la grave crisi economica che ha colpito la Grecia. Il freno al ritmo produttivo è una congiuntura economica, ma dalla lezione della storia, sembrano dire i curatori, possiamo ricavare e fare nostra una nuova dimensione dell’esistenza, costretti a rallentare il nostro ritmo produttivo, possiamo ritrovare quella connessione con il suolo che la velocità ci ha fatto dimenticare. Nella visione di Zissis Kotionis, il suolo non è visto come fatto naturale, ma come “una sostanza che incarna la memoria” e che deriva dal risultato delle nostre azioni.
Il tentativo dei curatori è quello di riavvicinare lo spettatore alla terra, di reintrodurlo nella dimensione del contatto diretto con il suolo per ritrovare un contatto fisico, comunemente assimilato all’idea di fatica e sofferenza, da cui derivi invece una sensazione di edonistico piacere. GG
Images: The President of the Biennale di Venezia, Paolo Baratta with the curators Phoebe Giannisi and Zissis Kotionis
