Storia di un urbanista

Con la sapiente regia di Bernardo Secchi, Campos Venuti entra nell’Olimpo degli Urbanisti Italiani. È accomunato a Piccinato, Marconi, Samonà, Quaroni, De Carlo e Astengo.

Urbanismo. Homenaje a Giuseppe Campos Venuti

di Pierluigi Cervellati

Urbanismo. Homenaje a Giuseppe Campos Venuti, Alfonso Alvarez Mora María, A. Castrillo Romón, Universidad de Valladolid (pp. 104, s.i.p.)

1960. Bologna – città sede della più grande Federazione comunista dell’Europa occidentale – è in forte crescita. In tutti i settori: produttivo, commerciale, edilizio. Unica pecca, l’urbanistica. Ha un piano regolatore da poco approvato, redatto da Plinio Marconi, che non decolla. Un piano assai simile ad altri redatti per le (poche) città dotate di strumento urbanistico. Farraginoso con volumetrie ingombranti, non è neppure funzionale alla stessa speculazione edilizia. È un piano difficile da gestire. Emergenti funzionari e amministratori del PCI vogliono cambiare. Rinnovare. Succedere alla vecchia guardia, pur nel segno della continuità. Dozza, il glorioso sindaco della Liberazione, rimane un baluardo. Sotto la sua protezione si progettano programmi economici e culturali innovativi che esigono la presenza di un urbanista capace. A Bologna non c’è. Si chiede un nome a Roma, alla direzione del partito. Entra così in scena, e non solo nella scena bolognese, Giuseppe Campos Venuti. Di lui si sa poco o nulla. Forse, è stato assistente di Marconi. Nel giro di pochi anni – dal 1960 al 1966, il periodo del suo assessorato comunale – diventa una presenza nella cultura urbanistica italiana. Bologna il suo trampolino. Accantona il piano regolatore che definirà (freudianamente?) di “prima generazione”. Non cancella le zone di espansione: le sostituisce in gran parte con piani di edilizia economico-popolare che per primo etichetta PEEP. Decreta la presenza di aree pubbliche indispensabili per realizzare gli standard. Pone le premesse per la salvaguardia del centro storico. In breve, ingaggia giovani appena laureati e preparati professionisti (soprattutto romani) per applicare i principi dell’urbanistica moderna. Dal contesto intercomunale al “centro direzionale”, ai grandi “assi attrezzati” – la famosa Tangenziale Nord, accordo e smistamento delle autostrade convergenti sul capoluogo – al verde pubblico e collinare: a tutto ciò che appartiene al vivace dibattito urbanistico in corso. Bologna diventa un modello di riferimento per il Paese. Diamanti rosa saranno definiti da Camilla Cederna i nuovi amministratori. Campos è il più brillante di tutti. Una stella polare. Alla razionalità dello zoning connette l’incisività della politica. Combatte con vari mezzi la speculazione edilizia. Con i PEEP. Con il rivoluzionario “fifty-fifty”. Il 50% del terreno urbanizzabile deve essere pubblico e il restante rimanere privato. Ed è un successo. Un grande insegnamento: come amministrare l’urbanistica. Non si limita a Bologna. Incide sui comuni del comprensorio. Provoca ripensamenti radicali nelle città emiliano-romagnole. Influisce direttamente sulle leggi nazionali (prima con quella urbanistica predisposta dal ministro Sullo e, dopo il fallimento di quest’ultima, con la legge che nel 1967 sarà definita ‘Ponte’).

1992. Con la sapiente regia di Bernardo Secchi, Campos Venuti entra nell’Olimpo degli Urbanisti Italiani. È accomunato a Piccinato, Marconi, Samonà, Quaroni, De Carlo e Astengo. In questo libro (curato da P. Di Biagi e P. Gabellini, editato da Laterza) Secchi – in rapporto soprattutto con gli scritti di Foucault e in particolare Che cos’è un autore – nella lunga postfazione, individua gli urbanisti monografati quali “autori di comportamenti e di discorsi che hanno influenzato la folla oscura di tutti coloro che nello stesso periodo hanno fatto urbanistica”. Per Campos – sempre molto attivo – l’accentuata sottolineatura del lavoro svolto a Bologna è indubbiamente limitativa. I piani redatti per Ancona, Firenze, Madrid, Reggio Emilia, ecc. (nonché l’attività che svolge per l’INU, l’intensa pubblicistica tesa a riformare la disciplina e il raffinamento dei principi che consentono di perequare il valore dei suoli) mostrano la diversità e incisività di Campos rispetto agli altri. Mostrano altresì come la “folla oscura” – brillante sinonimo secchiano di replicante – abbia in Campos un vero e forse unico paradigma. Che continuerà negli anni. Se l’avvio bolognese era impostato su legame tecnico/politica ora il docente universitario, il presidente dell’INU, l’urbanista che è stato assessore comunale e consigliere regionale, coniuga la professione con la politica. E non a caso si definirà “urbanista riformista”. La riforma quale garanzia per un corretto e moderno sviluppo della città. Nonostante lo svuotamento dei centri urbani e l’esodo verso la campagna, radicata rimane la visione di una città in espansione. Quando ritornerà (1985) ad occuparsi di Bologna – con un piano che battezza di “terza generazione” – renderà edificabili aree – definite ‘interstiziali’ – già considerate fondamentali negli anni Sessanta per l’equilibrio fra gli spazi liberi e costruiti. Per chi ritiene che le città (per rimanere città) debbano evitare di crescere all’infinito con il recupero dell’esistente, la riqualificazione del costruito periferico e di ciò che resta della campagna, l’equità distributiva dei suoli edificabili o perequazione, può apparire troppo ancorata al periodo pionieristico dello sviluppo edilizio e urbano. Quando era dominante il furore costruttivo, l’esproprio del terreno edificabile costituiva (ed era) un atto rivoluzionario. L’altissima percentuale di alloggi in proprietà e il parossistico consumo di territorio dovrebbero adesso suggerire nuovi criteri pianificatori. Alle grandiose quantità di verde pubblico, che il Campos riformista ipotizza redigendo il piano di Roma, si deve contrapporre la non meno grandiosa quantità di metri cubi che – in cambio – si debbono realizzare più o meno a ridosso delle stesse aree. Per chi invece aspira alla soluzione della crisi economica (ritenuta, forse a torto, ciclica) con un ritorno ai criteri in essere negli anni del boom economico, ritiene ‘sostenibile’ il progetto – difeso con passione da Campos – del “passante nord”, una super autostrada che tagliando obliquamente la pianura dovrebbe svolgere la funzione di nuova tangenziale alla vecchia tangenziale bolognese.

2026. Giuseppe Campos Venuti compie 100 anni. (Auguri). Abita ancora nella città che lo ha visto attore e spettatore. Protagonista sempre delle vicende urbane e territoriali. La città è profondamente cambiata. Irriconoscibile. Nonostante i suoi piani di seconda e di terza e di quarta generazione. Nonostante i suoi ragionamenti e convincimenti siano diventati spesso linguaggio comune. Riferimento – come appunto scrisse Secchi – per tutti coloro che si occupano di urbanistica. Gli anni Sessanta del secolo precedente sono stati gli anni dell’Amministrare l’Urbanistica. Anni in cui si deve essere in prima linea per denunciare leggi incostituzionali. Anni che per abbattere la speculazione edilizia si agisce da sovversivi. Gli anni Novanta diventano del Pianificar Facendo. Senza scalfire tuttavia la continuità di un approccio tecnico, che rischia di sacrificare fisicità e identità dei luoghi pur di garantire lo sviluppo. Costi quel che costi. Le riforme, in questi anni Novanta, sembra che stiano per attuarsi da un momento all’altro, ma il problema dei presunti diritti di chi è proprietario del suolo rimane aperto, non risolto. E se anche lo fosse il risultato non sarebbe molto diverso. Alla pianificazione mancata dei Sessanta è subentrata la riforma rinviata dei Novanta. Il decano degli urbanisti italiani con strumenti sempre più raffinati continua la sua battaglia. Purtroppo il paesaggio agricolo è diventato un devastante panorama di villette. La dimensione delle aree non urbanizzate – perequazione dopo perequazione – è molto, ma molto, ridotta. Congestione del traffico e inquinamento sono aumentati. Gli urbanisti emergenti valorizzano i nuovi insediamenti come “culla di esperienze di vita urbana proiettate nel futuro”. Campos, ex rivoluzionario e post riformista, è diventato neo con. Mica come quelli di un quarto di secolo fa, di bushiana memoria. Adesso è l’alfiere in difesa delle sempre più rare proprietà che hanno rinunciato a lottizzare, barattare, scambiare – magari con equità – terreno pur di ottenere metri cubi. La nuova battaglia è la più ardua di tutte. Auguri vivissimi.

Pierluigi Cervellati Docente di Riqualificazione urbana e territoriale allo IUAV di Venezia

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