Nato nel 1935 come scuola di moda, Istituto Marangoni si è aperto al design nel 2014. In che modo l’expertise nel campo del fashion definisce il vostro approccio alla formazione?
Quest'anno Istituto Marangoni compie 85 anni: parliamo dunque di una scuola solida, italiana, che ha saputo evolversi riuscendo sempre a portare nel mondo educational professionisti affermati, in particolare dal campo della moda. Sette anni fa abbiamo deciso di aprire una scuola dedicata solo al design, cercando di declinare questa disciplina partendo dalle nostre radici fashion. Questo non significa che abbiamo trasportato il fashion nel design, quanto che abbiamo introdotto alcune best practices del mondo del fashion nel mondo del design, tra cui la comunicazione, i nuovi prodotti, l'analisi dei trend, la tecnologia, il digital: questo ha permesso di distinguerci rispetto ad altre scuole che partono da una formazione architettonica per poi arrivare al design.
Il mondo della moda ha spesso un ritmo di creazione e produzione più veloce di quello del design, come crede che queste due e temporalità si intersechino e si riflettano nel lavoro degli studenti? Il momento di grande sofferenza che stiamo attraversando con la pandemia di Covid-19 ha suggerito in molti una riflessione. Il tempo è importante – penso al monito di alcuni grandi come Giorgio Armani – e non bisogna bruciare le tappe andando troppo velocemente. Il fast fashion è una cosa, mentre il ben fatto è un'altra. Gli studenti devono essere continuamente stimolati, un’esigenza imprescindibile in un mondo veloce e sempre più connesso, ma questo non significa far uscire prodotti che si consumino in una stagione. Il design non deve rincorrere le due collezioni ogni anno, ma deve saper captare quello che sta succedendo, perché le aziende possono sopravvivere in questo mondo sempre più competitivo non solo con la qualità, ma anche guardando al futuro.
Come si articola la vostra proposta formativa?
L’offerta di Istituto Marangoni Milano Design è un’offerta completa. Abbiamo dei corsi graduates validati, quale quello in Visual Design, e dei Master pensati per avvicinare il più possibile lo studente al mondo del design reale attraverso partnership con aziende e designer già affermati. Nel nuovo Master in Product Design abbiamo studiato tre moduli, ognuno indipendente, dove gli studenti lavorano alle dipendenze di un designer/art director durante la sua collaborazione con un’azienda, in modo da confrontarsi in maniera diretta con i processi aziendali, lo sviluppo creativo e le scadenze di un vero progetto. In particolare, Philippe Nigro lavorerà con Alias, Elena Salmistraro con Moroso e Studio Nendo con Alessi, in una collaborazione tra i due finora inedita.
L’art director della Design School è Giulio Cappellini, una istituzione per quello che riguarda la scoperta di nuovi talenti.
Giulio ha iniziato a lavorare con noi quando il progetto era ancora embrionale. Abbiamo sviluppato insieme gli interni in modo da far percepire il design in ogni dettaglio, sia come spazio fisico che come esperienza. Il suo coinvolgimento ha contribuito a imprimere alla scuola un profilo internazionale, collaborando con generosità e con una passione trasmessa ogni anno ai nuovi studenti.
La più vasta fenomenologia del lusso è una dimensione che l’Istituto Marangoni conosce bene. In che modo crede che il lusso influenzi il design di oggi e come si riflette sulla vostra didattica?
Vorrei sintetizzare questa dinamica con la parola heritage. Proprio ieri [domenica 4 ottobre, n.d.r.] a scuola c’è stato un bellissimo talk con la direttrice di Altagamma Stefania Lazzaroni, Patricia Urquiola, Luca Fuso, amministratore delegato di Cassina, Giulio Cappellini, il direttore marketing di Pigna Andrea Carnevale, dove si è parlato di heritage. Il lusso nel mondo del design non rappresenta un'ostentazione ma vuole essere un'eredità, esito di anni di sforzi dei nostri imprenditori nel dopoguerra e che trova le sue radici nelle botteghe di alto artigiano che arrivano dal Rinascimento se non dalle botteghe medievali. L'eccellenza italiana nel lavorare i materiali con una qualità estrema è riconosciuta in tutto il mondo e deriva in parte anche dal fatto di vivere in un posto bello, forse il più bello del mondo.
Hard skills e soft skills nell’insegnamento del design, quali sono le più necessarie?
Per le soft skills sicuramente la curiosità: senza non si riesce a progettare, non si riesce a vedere quello che potrebbe essere il futuro, non si riesce a creare innovazione. Nelle hard skills sicuramente una costante attenzione agli strumenti tecnologici, ai cambiamenti digitali.
Milano è da sempre il centro di gravità dell’Istituto Marangoni. Qual è il legame tra il progetto all’italiana e l’Istituto e quali sono i segnali più interessanti che arrivano dai vostri giovani laureati sulla sua evoluzione?
Già negli anni '80 Giulio Cappellini è riuscito a scoprire i giovani talenti internazionali rielaborando progetti della cultura italiana con una visione internazionale. Il nostro desiderio è alimentare questo processo. I nostri studenti vengono per il 70% dall’estero, sono nativi digitali, hanno una sensibilità diversa. Il loro futuro è nella loro visione: noi riusciamo a indirizzarli insegnandoli a cogliere i trend e supportandoli, ma solo poi loro che mettono in pratica tutto questo.
