Il realismo visionario di George Baird

Attraverso 24 saggi, il volume pubblicato da Artifice books raccoglie la critica operativa dell’architetto canadese, che ha un progetto preciso: proporre una pratica architettonica realista e analizzare le condizioni materiali per una visione migliorativa al pluralismo della città contemporanea.

George Baird
George Baird, Writings on Architecture and the City, con l’introduzione di Francesco Garofalo, Artifice books on Architecture, Londra, 2015

Il volume dal titolo Writings on Architecture and the City raccoglie ventiquattro saggi dell’architetto canadese George Baird scritti tra il 1969 e il 2013, con l’introduzione di Francesco Garofalo. L’autore è fondatore dello studio Baird Sampson Neuert in Toronto e professore emerito alla John H. Daniels dell’università di Toronto, dopo essere stato dean della stessa scuola e aver insegnato alla Graduate School of Design di Harvard.

Nelle sei sezioni dell’antologia Architecture and Semiotics, Architectural Theory between Structuralism and Phenomenology, Urban Morphology and Architectural Typology, Critical Biography, Public Space, On the “Critical” in Contemporary Architectural Theory sono raccolti soggetti come gli aspetti politici del critico inglese Colin Rowe, il revisionismo visionario dell’architettura metropolitana dell’OMA, il concetto di decorum negli edifici di Venturi, Rauch e Scott Brown, i lati proiettivi del ‘progetto’ nel pensiero di Manfredo Tafuri, tipo architettonico e forma urbana nella metropoli americana. Dopo The Space of Appearance (1995), e Public Space: Cultural/Political Theory; Street Photography (2011), George Baird illustra la sua posizione sul pubblico in architettura e sul ruolo dell’architetto nella società contemporanea, contribuendo in modo rilevante alla discussione a partire da tre argomenti: l’importanza di una pratica teorica in architettura, una critica operativa vigile contro l’ideologia dello zeitgeist e attenta alla pratica architettonica, un realismo visionario nel rapporto tra architettura e città.

George Baird e Peter Eisenman ai tempi dello IUAS
George Baird e Peter Eisenman ai tempi dello IUAS

Come indica Francesco Garofalo nell’introduzione, alla fine degli anni Sessanta, scrivere fu per George Baird, cosi come per altri architetti con cui l’autore canadese entrò in contatto durante il suo periodo di studio a Londra all’inizio degli anni sessanta, tra cui Joseph Rykwert, Charles Jencks, Alan Colquhoun, un lavoro intellettuale necessario per descrivere le nuove condizioni in cui operava l’architettura e contribuire a una pratica teorica. Attraverso la scrittura, si diffonde un’idea condivisa di teoria architettonica come conoscenza non ‘soggettiva e empirica ma generale e logica,  capace di radicare l’architettura in una visione più ampia delle scelte individuali del singolo progettista, come precisa lo stesso Baird attraverso le parole di Ignasi de Sola-Morales, nella recensione al libro Differences: Topographies of Contemporary Architecture (1997).

La pratica teorica diventa parte indispensabile di quella ‘ricerca’ menzionata anche da Aldo Rossi nell’introduzione ai suoi Scritti Scelti sull’Architettura e la Città (1975).

Tuttavia, a differenza della sfiducia post-modernista di fronte alla frammentazione del discorso architettonico che coinvolse lo stesso architetto italiano, la scelta di cominciare la raccolta con le due sezioni più speculative Architecture and Semiotics, Architectural Theory between Structuralism and Phenomenology, rivela come per l’autore canadese la teoria architettonica sia oggi un progetto attuale e possibile.

La fiducia nella pratica teorica di Baird è il riflesso delle condizioni fertili dell’accademia nordamericana, e insieme di una visione consapevole che la totalità è non più il problema della teoria in architettura. I soggetti diversi città, edifici, eventi, personaggi, testi, dibattiti come quello tra criticals e post-criticals, descrivono come la frammentarietà del discorso diventa il territorio in cui si forma ed evolve la critica architettonica contemporanea. La nota introduttiva a ogni testo della raccolta, suggerisce come la teoria architettonica diventa un’accumulazione di testi prodotti come ‘eventi’ dettati da circostanze, mettendo in crisi l’idealismo di una teoria intesa come un sistema di principi a priori ai fatti e soprattutto alla progettazione.

George Baird, Writings on Architecture and the City, Artifice Books
George Baird, Writings on Architecture and the City, Artifice Books

La sensibilità di Baird alle circostanze è un sintomo della preoccupazione per una critica operativa che produce teoria e influenza la pratica architettonica.

Il saggio Criticality and Its Discontents (2004) esamina il critical thinking e l’autonomia dell’architettura per dissociarli da quei principi di resistenza e opposizione, che gli scritti di Michael K. Hays e l’avanguardia di Peter Eisenman avevano elaborato da un’interpretazione restrittiva della storia di Manfredo Tafuri.

Nel contesto culturale marxista, l’influenza sull’architetto canadese di intellettuali come Louis Althusser introduce un umanismo che fa riflettere sull’essenza dell’architettura come struttura ma anche fenomeno, con una dimensione sensibile e estetica che non si dissolve nell’astrazione di un’architettura come prodotto di strutture e processi generali.

Baird usa la semiotica per definire un’epistemologia architettonica in rapporto a strutture e processi culturali, mettendo in luce i limiti dell’ideologia sia del total design del CBS building di Eero Saarinen, che del life-conditionerThe Potteries Thinkbelt di Cedric Price ma non disconosce l’uso della la fenomenologia per enfatizzare l’importanza della percezione individuale nella descrizione degli edifici di Alvar Aalto, Hans Scharoun e Frank O. Gehry. La pratica critica dell’autore canadese è contraria a ogni determinismo tra teoria e pratica architettonica. Una relazione che non è mai pensata come diretta o totalizzante. L’analogia tra architettura come langue e parole, mutuata dalla semiotica espande le categorie di lettura oltre il funzionalismo ma l’autore canadese è attento a non proporla come soluzione estetica o formale immediatamente applicabile alla progettazione. Quella che potrebbe sembrare una debolezza è in realtà un riconoscimento dell’autonomia della disciplina architettonica e una precauzione contro i rischi di una crescente deriva nel linguaggio, che Baird intravede già nell’estetizzazione dell’ordinario nell’architettura di Venturi, Rauch and Scott Brown.

George Baird, <i>Writings on Architecture and the City</i>, Artifice Books
George Baird, Writings on Architecture and the City, Artifice Books

La critica operativa dell’architetto canadese ha un progetto preciso, proporre una pratica architettonica realista che analizza le condizioni materiali per proporre una visione migliorativa sensibile al pluralismo della citta contemporanea.

Nelle sezioni della raccolta Urban Morphology and Architectural Typology e Public Space, Baird mostra i suoi lati più politici, operativi legati alla progettazione, ritornando sul problema dell’azione individuale attraverso l’attualizzazione del pensiero di Hannah Arendt, e sul valore operativo della struttura fondiaria esistente, contro una fascinazione recente per l’utopia post-moderna, indifferente nei confronti della parcellizzazione urbana.  (Thoughts on ‘Agency’, ‘Utopia’ and ‘Property’ in Contemporary Architectural an Urban Theory).

La rilevanza del ‘lotto’ dell’intervento urbano in Theory: Vacant Lots in Toronto (1978) e Studies on Urban Morphologies in North America (1988), che Baird elabora a partire dal concetto di tipologia di Aldo Rossi, contribuisce in modo significativo a ridurre l’astrazione del figure-ground che caratterizza gli studi sulla morfologia urbana.

La parcellizzazione della metropoli contiene le istruzioni per comprendere quelle ‘condizioni di adiacenza’ che contribuiscono alla modificazione dei tipi urbani e costituiscono i nuovi principi della metropoli. Un insegnamento importante in una fase storica in cui il controllo pubblico del suolo sta diventando sempre più complesso ma che non per questo pregiudica la produzione di una buona architettura come emerge dalle pubblicazioni dell’Atelier Bow Wow, Made in Tokyo e Pet Architecture, che Baird sceglie come riferimento per descrivere come le piccole dimensioni del lotto facilitino la densificazione urbana.

George Baird
Reception del Sanatorium di Paimio di Alvar Aalto, 1933. Photo Fukio Futagawa
Anche se la critica di George Baird non produce visioni urbane come nel caso di Mario Gandelsonas o strumenti come nel caso del figure-ground di Colin Rowe,  il suo realismo visionario indica la strada per un’architettura consapevolmente ‘decorativa’, come suggerisce lo stesso autore nel testo che chiude la raccolta ‘Why Architecture Can not be Happy?’ (2009). Una pratica architettonica che a differenza della complessità elevata a paradigma, di cui l’ultima raccolta di saggi di Alejandro Zaera Polo The Sniper's Log: Architectural Chronicles of Generation X (2013) rappresenta una sofisticata attualizzazione, sia capace di teorizzare e costruire una presenza pubblica semplice e ottimista, senza per questo rinunciare a essere, critica e proiettiva, profonda e popolare.
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