La seduzione populista

Pubblicato da Quodlibet, il libro di Federico Ferrari si concentra sulla retorica della banalità e offre una prospettiva del tutto originale sul Postmodernismo.


Federico Ferrari, La seduzione populista: dalla città per tutti alla città normalizzata, Quodlibet, 2012 (pp. 240; € 23,00)
  La nostalgia culturale e istituzionale per il Postmoderno (come hanno provato, tra l’altro, la mostra "Style and Subversion" del Victoria and Albert Museum nel 2011 e la mostra dedicata a Tendenza dal Centre Pompidou nel 2012) ha messo in luce un dibattito analitico condotto su basi nuove, cresciuto nell’ultimo decennio nella e sull’architettura e l’urbanistica degli anni Sessanta e Settanta: studiosi, curatori, critici e teorici hanno iniziato a fare i conti con il passato recente.
  Con grande tempestività la pubblicazione di La seduzione populista: dalla città per tutti alla città normalizzata, recente opera del giovane ricercatore italiano Federico Ferrari, offre un’indagine sul termine ‘populismo’ che, insieme con il suo contrario ‘elitarismo’, costituiva una delle principali dicotomie del Postmodernismo.

Federico Ferrari, La seduzione populista, Quodlibet 2013. Vista copertina

Al centro del saggio di Ferrari ci sono due domande immediate: che cosa si intende di preciso con l’espressione ‘populismo’? E quali sono i possibili rapporti tra questo termine, l’architettura e l’urbanistica? Benché sembrino domande semplici le risposte avanzate dall’autore sono complesse, piene di sfumature, e si articolano in una varietà di casi, sia nel contesto americano sia in quello europeo.

Federico Ferrari, La seduzione populista, Quodlibet 2013. Quarta di copertina

Nel libro Ferrari si interessa principalmente all’architettura in quanto linguaggio piuttosto che all’atto del costruire in se e per sé. E nell’arco di poco più di duecento pagine illustra come la retorica populista sia stata usata da politici, immobiliaristi, architetti e teorici dalla metà degli anni Sessanta al principio degli anni Novanta. Il libro di Ferrari ha uno sviluppo retroattivo e si muove dal generale al particolare. Suddivisa in due parti principali (la prima che riguarda una serie di concreti casi di studio, la seconda che scava più a fondo nella storia delle idee), l’opera nasce dall’idea che ‘populismo’ sia pressoché sinonimo di ‘postmoderno’.

Federico Ferrari, La seduzione populista, Quodlibet 2013. Vista pagine interne

Che cos’hanno in comune la ville nouvelle di Bussy Saint-Georges vicino a Parigi, il quartiere di Celebration in Florida e i progetto Poundbury presso Dorchester, in Gran Bretagna? Apparentemente molto poco, e tuttavia questi tre casi costituiscono la prima sezione del libro di Ferrari, ovvero ciò che l’autore identifica come una serie di scenari rappresentativi di uno o più aspetti del populismo. Quando nel 1965 il governo francese decise di varare un programma per la creazione di nove ville nouvelles con lo scopo di controllare l’espansione delle città dovuta allo sviluppo e alla diffusione di una borghesia che era diventata la “nuova élite”, intendeva attribuire al popolo francese il potere di scegliere come vivere secondo i propri desideri.

Federico Ferrari, La seduzione populista, Quodlibet 2013. Vista pagine interne

Questa democratizzazione del gusto ovviamente aprì la strada al populismo e di conseguenza alla creazione, nel 1985, di Bussy Saint-Georges, comune del settore numero 3 di Marne-la-Vallée. Celebration, anch’esso nato da zero e inaugurato nel 1995, è un esempio di parco tematico concepito come soluzione urbanistica. Fondato sull’idea di controllo totale, Celebration è il paradigma di un populismo commerciale in cui gli abitanti sono contemporaneamente attori e spettatori, mentre l’architettura diviene parte dello spettacolo. A Pondbury, città nuova sperimentale realizzata dalla fine degli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta, l’architetto Leon Krier ha dato corpo a una parte delle sue idee tradizionaliste sull’architettura: dimensioni contenute, rapporti di vicinato, alta densità e funzioni miste. In tutti questi esempi estremamente differenti Ferrari si adopera a provare come la spontaneità dei gusti popolari sia direttamente collegata con l’individualismo caratteristico della società dei consumi postmoderna.

Nell’arco di poco più di duecento pagine, Ferrari illustra come la retorica populista sia stata usata da politici, immobiliaristi, architetti e teorici dalla metà degli anni Sessanta al principio degli anni Novanta

Mentre il primo caso (Bussy) viene indagato e documentato con grande perizia il secondo (Celebration) e in certa misura il terzo (Pondbury) paiono servirsi di materiali già editi, e spiace che l’autore non abbia compiuto ulteriori ricerche negli archivi americani. Ciò comunque porta il saggio su Celebration a essere forse meno informativo ma di intento più interpretativo.
La seconda sezione del libro è di maggior peso e molto più teorica: mira di fatto a spiegare la genesi del populismo, a partire dal discorso architettonico e muovendosi sul terreno piè generale della storia delle idee. In questa sezione Ferrari parte dalla rivisitazione della polemica antimoderna, attraverso l’esempio paradigmatico della glorificazione dell’ordinario, all’inizio degli anni Settanta, da parte di Robert Venturi e Denise Scott Brown. Scrive Ferrari: “Le polemiche di Carlo d’Inghilterra contro il modernist establishment e le operazioni di  Bussy Saint-Georges, Poundbury e Celebration non esisterebbero senza la rivoluzione culturale degli anni Sessanta, di cui il corpus teorico di Venturi e Scott Brown può essere considerato paradigma”. Segue un capitolo più generale sul populismo e le forme urbanistiche, in cui l’autore pare aver distillato l’intero insieme (e forse talvolta troppo) del suo bagaglio teorico.

Federico Ferrari, La seduzione populista, Quodlibet 2013. Vista pagine interne

La seduzione populista, parte della collana “Studio” dell’editore Quodlibet, si affianca ad altri titoli (tutti racchiusi da una sobria ed elegante copertina color ocra) tra cui Castelli di carte di Paola Nicolin (2011), dedicato alla storia del 1968 della Triennale di Milano, e Ponti sull’Atlantico di Ernesto Ramon Rispoli (2013), dedicato all’Institute for Architecture and Urban Studies e ai rapporti tra Italia e America. Il libro di Ferrari, scritto in uno stile corposo e accademico  che può apparire paradossale rispetto al tema affrontato, concentrandosi sulla retorica della banalità offre comunque una prospettiva certamente originale del Postmodernismo.