Tweets and the streets

In meno di 200 pagine, Paolo Gerbaudo riesce  ad accompagnare anche i completi neofiti in una riflessione originale sul rapporto tra la rivoluzione egiziana e i social media, senza mitizzarne il ruolo come ha fatto buona parte della stampa occidentale.

Paolo Gerbaudo, Tweets and the streets. Social media and contemporary activism, PlutoPress 2012 (pp. 208; €17.50)

 

6 giugno 2010. Khaled Said, un ragazzo egiziano di 28 anni, viene brutalmente ucciso dalla polizia di Alessandria, dopo esser stato prelevato con la forza dal cyber-café da cui stava aggiornando il suo blog. L'immagine del suo volto devastato inizia a circolare in rete e scatena discussioni, commenti, articoli. La violenza del regime di Mubarak è aspramente criticata: “Avrei potuto essere io”, iniziano a pensare centinaia di giovani della classe media egiziana. In quei giorni Wael Ghonim, trent'anni, dipendente di Google, crea una pagina Facebook intitolata “Siamo tutti Khaled Said”. In pochi giorni vi si iscrivono oltre 36 mila persone, rendendola la più popolare pagina web anti-regime del Paese. È l'inizio della rivoluzione, il dado lanciato dalla 'generazione Facebook' (shabab-al-facebook) per trasformare l'indignazione dei commenti in protesta reale.

 

Il volume mostra il carattere emotivo dell'uso dei social media nelle proteste di Egitto, Spagna e Stati Uniti

Il ruolo dei social media nella rivolta di piazza Tahrir in Egitto, nelle manifestazioni degli indignados spagnoli e nel movimento Occupy è il soggetto di Tweets and the streets – Social Media and Contemporary Activism, volume pubblicato da PlutoPress nel 2012. L'autore, l'italiano Paolo Gerbaudo, è Lecturer in “Cultura digitale e società” al King's College di Londra ed è stato professore associato di sociologia all'Università americana del Cairo, dove ha vissuto per anni. La sua analisi nasce da una stretta vicinanza con gli ambienti che hanno nutrito i movimenti di cui parla. Lo sguardo dall'interno, che non fa perdere però allo scritto l'obiettività di uno studio sociologico, è uno dei fattori di forza del libro, che presenta nomi, circostanze e racconti inediti di quei giorni di protesta.

 

Tweets and the Streets
Paolo Gerbaudo, Tweets and the Streets. Social media and contemporary activism, PlutoPress 2012. Vista pagine interne

In meno di 200 pagine, Gerbaudo riesce  ad accompagnare anche i completi neofiti in una riflessione originale sul rapporto tra la rivoluzione egiziana e i social media, senza mitizzarne il ruolo come ha fatto buona parte della stampa occidentale (come ricorda nel libro infatti, all'epoca delle manifestazioni solo il 25% della popolazione egiziana aveva accesso a Internet e solo il 4% aveva Facebook).  

 

Tweets and the Streets
Paolo Gerbaudo, Tweets and the Streets. Social media and contemporary activism, PlutoPress 2012. Quarta di copertina

La parola chiave per capire questa relazione, secondo Gerbaudo, è “tensione emotiva”. Nel corso del libro, attraverso esempi concreti e case studies, il sociologo mostra infatti come Facebook e Twitter siano serviti ai giovani egiziani (come agli spagnoli e americani) per costruire un forte rapporto emotivo in relazione all'argomento della lotta, che fosse il regime di Mubarak o la disuguaglianza economica. I social media servivano per creare un "contagioso senso di anticipazione o di impeto prima delle proteste", e un'attrazione "emotiva intorno ai sit-in e alle manifestazioni", non erano semplici strumenti tecnici di informazione. Questo uso “emotivo” della rete, di cui la pagina Facebook amministrata da Ghonim ne rappresenta un chiaro esempio, avrebbe permesso a moltissimi giovani di andare oltre l'isolamento e la distanza di un monitor, di “surriscaldarsi” e scendere in piazza, insieme agli altri.

 

In più punti del libro Gerbaudo insiste sul fatto che la rivoluzione di Tahrir non sia stata un fenomeno del “peer to peer”, una lotta nata e cresciuta in rete, ma un movimento costruito “shoulder to shoulder”, spalla a spalla, legato quindi alla reale partecipazione. Online i ragazzi di Tahrir avrebbero trovato degli strumenti tattici, sicuramente, organizzativi, ma soprattutto una forma di unione, di riconoscimento, una narrazione comune che ha permesso anche a persone distanti fra loro (per classe, interessi, priorità e obiettivi) di sentirsi parte di uno stesso popolo. E di prendere insieme la piazza.

 

Tweets and the Streets
Paolo Gerbaudo, Tweets and the Streets. Social media and contemporary activism, PlutoPress 2012. Vista pagine interne
Oltre a mostrare quindi il carattere emotivo dell'uso dei social media nelle proteste di Egitto, Spagna e Stati Uniti, Tweets and the streets entra nel vivo delle dinamiche decisionali e organizzative che attraverso i social media hanno reso questi movimenti unici rispetto al passato.
Tweets and the Streets
Paolo Gerbaudo, Tweets and the Streets. Social media and contemporary activism, PlutoPress 2012. Vista pagine interne

Gerbaudo affronta così il problema della leadership in una rivoluzione che si vuole completamente orizzontale e “2.0”, in cui tutti sono utenti e creatori allo stesso tempo, ma dove alla fine i leader, seppur "riluttanti" come lui li definisce, emergono lo stesso e sono spesso gli stessi amministratori di pagine o account che mediano la comunicazione del movimento verso l'esterno. Si interroga inoltre sulla retorica della spontaneità, di cui le proteste si sono nutrite, ma che era in realtà “ben organizzata” da dei leader “soft” capaci di creare una cornice all'interno della quale tutti potessero esprimersi senza perdere l'obiettivo unitario.

 

E ancora, prende posizione sulla dialettica fra continuità ed evanescenza che caratterizza queste proteste, e gli strumenti che usano (su Twitter un messaggio scompare dopo 5 giorni, su Facebook un evento dopo la sua data è perso per sempre). Insomma, tanti interrogativi, aperti, a cui Gerbaudo cerca di rispondere con gli esempi e i racconti di oltre 80 attivisti intervistati e un'analisi profonda delle dinamiche in atto. Un libro importante, e sicuramente utile, per orientarsi in un tema vasto che non potrà che tornare in futuro a occupare le piazze di discussione virtuali. E reali, ovviamente.

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram