Un nuovo spazio di relazione tra i palazzoni di Rozzano

967arch e Atelier(s) Alfonso Femia hanno reimmaginato l’area con l'intenzione di liberarsi dagli stereotipi del degrado.

Un “vuoto di connessione”, uno spazio dove incontrarsi e riconoscersi, tra i due poli cittadini del Municipio e della chiesa di Rozzano, comune dell’hinterland milanese dalla storia importante, un’eco lontana spazzata via dal progressivo impoverimento del tessuto sociale che ha portato con sé un profondo senso di emarginazione. Per comprenderne le cause bisogna pensare all’incremento della popolazione – nell’ordine del 4221% (come emerse dal censimento del 1971) – dovuta alla realizzazione, negli anni Sessanta, del quartiere di edilizia economica popolare.

L’intervento – affidato a 967arch e Atelier(s) Alfonso Femia – si colloca nel centro cittadino, tra la piazza del Comune e via Mimose, una delle strade che si snodano tra i vari condomini. In quest’area intermedia, uno spazio di risulta “tra le cose”, il progetto prevede la realizzazione di un edificio dedicato a unità commerciali e di spazi pubblici che mettono in connessione la chiesa di S. Angelo e la piazza del Municipio. Il progetto ruota intorno a tre elementi – una piazza, un mercato e un parco – in grado di trasformare il paesaggio urbano e creare occasioni di aggregazione, dando vita a un baricentro sociale. La forma dell’area è diventata la chiave compositiva per innescare una relazione urbana e architettonica tra gli spazi e le persone. La geometria a cui danno vita gli sguardi, i punti di vista, le prospettive è diventata l’input progettuale per il disegno dello spazio pubblico, una sorta di cucitura emotiva del vuoto.

Secondo Cesare Chichi e Stefano Maestri di 967arch “L’esigenza reale non è (solo) quella di fare un “buon progetto”, ma di creare una condizione di accoglienza che favorisca situazioni di comfort sociale e corrispondenza emozionale”. Prosegue Alfonso Femia, di Atelier(s) Alfonso Femia: “Abbiamo voluto realizzare una figura compositiva senza gerarchie spaziali o fronti privilegiati, realizzando uno spazio poroso, permeabile, fluido, dove si incrocino i flussi dei residenti e di chi lo attraversa, per trasformare un luogo passivo in uno spazio cronotopico, fatto di ritmi, sequenze, pause. Interpretare i tempi e i 'sentimenti’ di una vita collettiva e individuale al contempo: è questo il nostro dovere e la nostra responsabilità progettuale, pensare e creare un dispositivo spaziale intergenerazionale, interetnico, eterogeneo, permutando un’esigenza funzionale in un atto di generosità urbana”.

Il completamento dei lavori è previsto per la fine del 2026.

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