Chi sta progettando le architetture del metaverso?

Milioni di dollari spesi per un lotto di terra digitale, studi che si stanno specializzando nella progettazione di sole architetture per il metaverso, brand e celebrità coinvolte. Il nostro viaggio in un futuro che fino a ieri sembrava solo fantascienza.

Pensate ad arrivare a Downtown Manhattan quando era ancora tutta campagna e acquistare un appezzamento di terreno, per esempio a SoHo. Non male come investimento, vero? Secondo chi sta puntando sul mercato immobiliare del metaverso – o meglio, nei mondi digitali in cui è possibile acquistare terreni per costruire edifici di ogni tipo, oggi stiamo attraversando una fase pionieristica equiparabile. Comprare un pezzo di terreno in ambienti basati su blockchain e ancora relativamente poco abitati come Decentraland (300mila utenti) o The Sandbox (500mila) permette di prendere possesso di un pezzo di quei mondi digitali in cui nel futuro – si pensa – trasferiremo una parte crescente della nostra quotidianità.

Decentraland, Not Fungible Art Complex
Not Fungible Art Complex, Decentraland. Courtesy VoxelArchitects

Prima di tutto, è importante chiarire una cosa: il metaverso non esiste ancora. Nel senso che non esiste un singolo mondo immersivo, aperto e in realtà virtuale in cui lavorare, giocare, assistere a concerti e muoversi senza restrizioni di alcun tipo – com’è stato immaginato e raccontato, tra gli altri, da Mark Zuckerberg. Esistono invece vari singoli ambienti digitali (in realtà virtuale o meno), ciascuno con le sue funzioni specifiche. Alcuni, come Fortnite, danno particolare enfasi al gioco; altri, come VRChat o Zepeto, sembrano dei veri e propri social network immersivi; altri ancora, come Horizon Workrooms o Microsoft Mesh, sono pensati per lavorare. E poi ci sono quelli come appunto Decentraland o The Sandbox, danno la possibilità di acquistare (e vendere) terreni in criptovalute, e poi di costruire su queste proprietà ogni tipo di edificio: gallerie d’arte in cui esporre i nostri più prestigiosi NFT, negozi d’abbigliamento digitale o locali in cui invitare gli avatar degli amici.

L’architetto del metaverso deve avere conoscenze in materia di architettura tradizionale, ma anche di arte concettuale.

Per quanto possa suonare assurdo, l’idea non solo ha funzionato, ma i prezzi sono schizzati alle stelle: nel novembre dell’anno scorso un appezzamento di Decentraland è stato acquistato per 2,4 milioni di dollari da una società che vuole costruirci un’area commerciale per brand di lusso. Pochi mesi prima, un fondo d’investimento aveva invece speso, sempre su Decentraland, 900mila dollari per un pezzo di terreno, scommettendo sulla continua crescita del suo valore. Simili prezzi folli si sono visti anche su The Sandbox, Axie Infinity e altri ancora.

  

Una delle ragioni per cui i prezzi stanno crescendo a questa rapidità e che questi terreni non sono illimitati. Su Decentraland, per esempio, esistono in totale 90mila pezzi di terra da 15 metri quadrati virtuali. La scarsità, come sempre, genera valore e fa scommettere su questa forma d’investimento. Oltre alla speculazione folle tipica del mondo delle criptovalute, però, c’è qualcosa di più. Una società come Tokens.com ha comprato un terreno in Decentraland sul quale ha costruito una torre digitale: l’obiettivo è guadagnare affittando ai brand che vogliono organizzare eventi nel metaverso.

La scommessa è che nel metaverso che sta gradualmente prendendo forma si creerà una vera e propria economia, accompagnata inevitabilmente da nuove professioni. Tra queste, una delle più promettenti sembra essere quella di “architetto del metaverso”. Negli ultimi mesi hanno infatti iniziato a prendere quota degli studi d’architettura specializzati che si dedicano a tempo pieno alla progettazione di edifici da costruire nei vari mondi digitali.

Studi come Polygonal Mind e Voxelarchitects, o designer come Kirk Finkel (in arte Untitled; xyz), hanno già raggiunto una certa visibilità mediatica e conquistato compensi che possono raggiungere anche i 300mila dollari. Niente di sorprendente, quando tra i clienti non ci sono solo accaniti cryptonerd, ma società come Sotheby’s e celebrità come Snoop Dogg. “Lavoriamo soprattutto con aziende, marchi, investitori e collezionisti d’arte per conferire loro una presenza digitale nel metaverso attraverso gli edifici da noi creati”, racconta a Domus George Bileca, CEO di Voxelarchitects. “Abbiamo lavorato con realtà come Sotheby’s, ConsenSys, Real Vision e oggi riceviamo anche molto interesse da parte di sviluppatori immobiliari”.

Sotheby’s
Sotheby’s, Decentraland. Courtesy VoxelArchitects

Vista così, progettare per il metaverso sembra il sogno di ogni architetto. Niente limitazioni fisiche, niente norme di sicurezza, niente cantieri, niente ingegneri e costruttori con cui scendere a compromessi. Solo creatività. “L’architetto del metaverso deve avere conoscenze in materia di architettura tradizionale, ma anche di arte concettuale. Poiché si è liberi dalle limitazioni del mondo reale, viene infatti enfatizzata la creatività più che l’esecuzione tecnica”, conferma Bileca. “Nonostante questo, ci sono regole anche nel metaverso. Qui le strutture sono in poligoni o in voxel (pixel tridimensionali, nda) e sono necessarie delle abilità specifiche per costruire con questi ‘materiali’. Infine, anche se non ci sono ingegneri strutturali, il loro ruolo è stato preso dagli sviluppatori, che hanno il compito di far sentire ‘vivo’ l’edificio. Sono loro che creano tutte le interazioni: poter aprire le porte, salire sull’ascensore o accendere un interruttore. Quando progetti nel mondo reale, sono interazioni naturali, ma in questo metaspazio è importante pensare a ogni singolo elemento. Alla fine, non è il design che crea l’immersività dell’edificio, ma i piccoli dettagli”.

  

Ma perché dovremmo aprire una porta, accendere un interruttore o salire su un ascensore se ci troviamo in un mondo virtuale privo di qualunque limite fisico? “Quando abbiamo iniziato a progettare nel metaverso ci siamo ispirati a strutture del mondo reale. Il motivo era poter dare ai nuovi arrivati la possibilità di adattarsi a questo spazio, offrendo loro un ambiente rassicurante”, prosegue Bileca. Ed è probabilmente per questo che molte delle strutture del metaverso che vengono pubblicizzate – come quella dell’artista digitale Andres Reisinger – sono spesso dotate di finestre, letti e tutta una serie di accessori che nel mondo digitale proprio non servono (chi è che ha interesse a far sdraiare il proprio avatar su un letto a non fare niente?).

Progettiamo punti di ritrovo per persone che si riuniscono da tutte le parti del mondo in un click.

“Oggi le architetture del metaverso assomigliano un sacco a quelle del mondo reale”, ci spiega il designer e architetto digitale Kirk Finkel. “In molti edifici virtuali ci sono addirittura i bagni. Ma questi ambienti non hanno gli stessi vincoli di quelli fisici, perché dovrebbero essere uguali? Credo che questa sia un’opportunità mancata per gli architetti, che tendono a ricreare ciò che già conoscono. Abbiamo regole diverse a nostra disposizione, un linguaggio differente fatto di poligoni invece che di mattoni”.

Mona
Mona. Courtesy VoxelArchitects

C’è un altro elemento che distingue nettamente la professione di architetto del mondo reale da quella di architetto del metaverso ed è il fatto che nessun edificio digitale è pensato per un uso privato. Chi entrerebbe nel metaverso per poi starsene a casa da solo o in compagnia del partner (peggio: del suo avatar)? “L’architettura che si crea qui riguarda soprattutto lo spazio pubblico”, prosegue Finkel, che lavora principalmente con artisti, curatori e istituzioni d’arte per la creazione di ambienti virtuali per l’arte digitale. “Progettiamo punti di ritrovo per persone che si riuniscono da tutte le parti del mondo in un click. La mia formazione in design urbano mi ha aiutato molto: alla fine, ciò che creiamo è più un progetto per la sfera pubblica che un vero e proprio ‘edificio’”.

Nascerà anche una nuova estetica caratteristica del metaverso, magari superando l’amplissimo – e inevitabile – utilizzo che si fa del design ultrafuturistico e cyberpunk? “In realtà, dipende molto da qual è il mondo virtuale in cui stai costruendo”, conclude Kirk Finkel. “Un luogo come Somnium Space (luogo virtuale costruito su Ethereum, NdR) ha un’estetica di base che è ultrarealistica, dove puoi passeggiare tra campi d’erba durante il tramonto circondato però da edifici che fluttuano. Altri ambienti più datati, come Cryptovoxel, hanno invece uno spirito più grezzo da internet dei vecchi tempi. Già nel 2018, gli artisti venivano qui per acquistare terreni e costruire installazioni o ospitare i loro studi. Sembrava la Berlino un paio di decenni fa. Ma adesso che questi mondi virtuali stanno diventando mainstream, il metaverso nel suo insieme sembra assomigliare sempre meno a Berlino e sempre più a Las Vegas”.

Immagine in apertura: Mona. Courtesy VoxelArchitects

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