La profondità va nascosta

During Dutch Design Week seven designers presented at La Terrasse their exploration of the dimensions that shape the surface in the context of aesthetics and materials.

Le superfici uniscono qualità contraddittorie.

Denotano una pelle esterna superficiale e allo stesso tempo delimitano la profondità silenziosa compresa all’interno dell’oggetto. Questo punto di incontro tra interno ed esterno comporta un’intensità di materiali e un investimento di pensieri, presunzioni, e curiosità.

Elisa Strozyk, Ceramic surface reflections

Lisce, curve, piatte, monocrome, morbide: le superfici svelano frammenti del passato del progettista e costruiscono il suo futuro, dando forma a un intreccio di attribuzioni culturali ed esistenze incorporee. Come scrive Hugo Von Hofmannsthal ne Il libro degli amici, “La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie”. Questa mostra ha esplorato le dimensioni che modellano la superficie nell’ambito dell’estetica e dei materiali.

Tuomas Markunpoika, Distant Light. In Distant Lights, lo spettatore vede una lente di Fresnel quadrata di fronte a un anello di LED, che getta uno schema geometrico di luce sulla parete dietro di esso. Mentre il modello geometrico è una conseguenza relativamente stabile delle distanze tra l’anello, la lente e la superficie della parete, l’immagine che lo spettatore vede nella lente stessa si basa interamente sulla sua posizione. Dalla parte anteriore, la lente ritrae una serie di cerchi concentrici di luce colorata, ma lo spostamento della prospettiva da lato a lato crea un’immagine tridimensionale di due paraboloidi circolari. Lo spettatore si confronta con la fugacità della percezione dell’oggetto, o dell’oggetto stesso, in contrasto con lo schema statico di luce proiettato sulla parete. Mentre l’oggetto ha una sua logica, lo spettatore può sperimentare solo la loro percezione impermanente e immateriale della luce, una costruzione attiva degli occhi in relazione con l’oggetto e l’ambiente

Ogni designer ha presentato la propria interpretazione della superficie, rispettando queste prescrizioni: la superficie deve essere definita in una cornice di 20x20cm; questa superficie genera quindi il proprio oggetto; questo oggetto richiede un’utopia da parte del progettista. Si tratta quindi di una mostra che ha più a che fare con le possibilità future che con i processi del passato.
Poiché la superficie costituisce la membrana tra la realtà conoscibile, visiva e tattile e le profondità inconoscibili che scatenano interrogativi fantasiosi, ogni progetto trascende i suoi limiti fisici per suggerire il mondo ipotetico che lo circonda.

Alan Boom, Interea 3.0. La parola latina per “maschera” è persona: tutta la determinazione dell’entità di qualcuno, di un ruolo sociale o di un attore che interpreta un personaggio. Generalmente il proprio aspetto fisico è la prima cosa che soddisfa l’occhio. Allo stesso tempo guardiamo attraverso strati invisibili come l’interpretazione e la preoccupazione, giocando con la nostra mente. Diseguale, morbido, umido, forte, elastico e butterato; il nostro più grande organo è una superficie in continua evoluzione, che sta tra tutti i tipi di interazione fisica ed emotiva. Dove Leonardo da Vinci nel XVI secolo ha reso reale la pelle della Gioconda sovrapponendo strati di oli trasparenti, nel 1960 di Madame Orlan ha usato la chirurgia plastica come mezzo per trasformare il suo aspetto fisico in qualcosa di irreale. Il mezzo stesso è spesso trattato come una pelle. All’interno di immagini in movimento, i registi d’avanguardia hanno applicato la scarificazione ai livelli della pellicol. Interea 3.0 permette ai visitatori di interagire con diversi media e i loro stessi corpi allo stesso tempo, formando una nuova superficie. Il lavoro ha bisogno del corpo umano per essere completo. Si tratta di un rapporto in termini di rappresentazione spaziale e narrativa
Erez Nevi Pana, Lot’s Wife. Photo By Ronald Smith. In questo progetto Nevi Pana ha scelto di perforare il piedistallo versandoci del sale. Combinando argilla e sale, alcuni degli oggetti sono stati cotti ad alta temperatura per formare un materiale forte, resistente all’acqua e completo. Altri oggetti sono realizzati con sale e argilla cotti separatamente, e poi combinati. In altri ancora, il sale è raschiato per scoprire il nucleo ceramico. Il suo utilizzo è stato cambiato, rivelando la nozione di tempo. Il piedistallo si trasforma in una serie di vasi. Il suo scopo è quello di contenere anziché di mostrare. Non più come supporto formale classico, viene investito di un nuovo significato, invisibile, ma presente. Che sia piena o vuota, cotto con il sale o senza, la superficie visibile sulla parte superiore viene svuotata e la nostra prospettiva e attenzione è attratta da ciò che si trova al suo interno
Francesco Zorzi, Contemporary Archeology. Photo By Ronald Smith. La carta termica è al centro di questo progetto, che rappresenta la superficie nella sua natura sfaccettata, misteriosa e piena di contraddizioni. Questo materiale candido e immacolato è anche effimero e fragile, artificiale e ingannevole, tutto in uno. Si tratta di una storia unica fatta di tante storie più piccole. La carta termica reinventare se stessa, visualizzando il potenziale che risiede nella sua profondità. Oltre la superficie
Francesco Zorzi, Contemporary Archeology
Tal Erez, The surface is a black hole. In un futuro non troppo lontano, potremmo non dover più vedere la profondità, non ci sarà nessun asse Z. Solo superficie. Ma all’interno di questo confini bidimensionali esistono immensi fondali nascosti. In questo paesaggio virtuale, risorgono vecchie questioni che sono state perse: funzionalità ed ergonomia, semantica e tattilità, esperienza e usabilità. In questo nuovo mondo, in cui non possiamo più capire né la meccanica né l’elettronica del prodotto digitale, siamo costretti a fidarci, volgendo lo sguardo alle cose che possiamo affrontare. Quindi le applicazioni hanno assunto il ruolo di prodotti, e il design è rinominato UX. Il mondo all’interno di questa superficie appiattita sta diventando un buco nero. L’ambiente materiale è al collasso, continuando a disegnare al suo interno prodotti che una volta erano oggetti fisici: quaderni e orologi, radio e macchine fotografiche, cornici, interruttori, torce elettriche, sistemi audio e biblioteche. La superficie sta inghiottendo la terza dimensione, riflettendo la sua bidimensionalità nel mondo fisico. Noi accettiamo i suoi confini come assiomi, come le nuove regole della natura


La Terrasse Vol 1: Surfaces
a cura di Erez Nevi Pana
grafica: Camille Bulteau Barreau
illustrazioni: Konrad Bialowas
La Terrasse
Gas Fabriek
Nachtegaallaan 15, Eindhoven