Surrealismo pop e bottega

#148 Tra riedizioni e novità, dietro al ‘surrealismo’ di Gufram ci sono una bottega artigiana e un materiale unico dalla ricetta segreta, un po’ come la Coca-Cola. #salone2015

Gufram, vista dell'allestimento allo Spazio Rossana Orlandi
Guardando indietro alle origini, Gufram continua il percorso di riscoperta e riedizione dell’immenso patrimonio d’archivio.
Al Salone propone la Cova, capolavoro di Gianni Ruffi del 1973 (Spazio Rossana Orlandi), e la chaise-longue Alvar (1967) e la poltrona Mozza (1968), disegnate da Giuseppe Raimondi, primo direttore artistico dell’azienda (in via San Gregorio).
Gufram, vista dell'allestimento allo Spazio Rossana Orlandi
Axel Iberti

“La Cova di Gianni Ruffi è un luogo”, spiega Axel Iberti, direttore della produzione per lo storico marchio fondato nel 1966. “Era stata dimenticata e fa parte invece della nostra strategia di ritorno alle origini del movimento del design radicale e dell’azienda stessa”. Per le sedute di Raimondi sono stati invece usati i tessuti Kvadrat. La sfida è cercare di mantenere l’identità storica dell’azienda, prendendo prodotti “pazzeschi” dall’archivio, ma ancora molto contemporanei e scoprendo come riattualizzarli.

In parallelo al lavoro storico-progettuale di riscoperta di tante icone, c’è anche un aspetto molto importante legato al materiale – la cui formula è tenuta segreta come quella della Coca-Cola – sperimentato da Gufram a partire dagli anni Sessanta. “Il fautore dell’applicazione del Guflac è stato Piero Gilardi”, prosegue Iberti “l’obiettivo era creare una pelle resistente elastica con una forte resilienza che si adattasse al poliuretano, con il vantaggio pazzesco di realizzare forme a stampo con un materiale espanso, accorciando così i tempi di lavorazione e risolvendo situazioni tecniche non possibili per esempio con il tessuto”.

Gufram, vista dell'allestimento in via San Gregorio
Gufram, vista dell'allestimento in via San Gregorio

La preparazione del Guflac resta sempre manuale, anche se con processo industrializzato. “È una vernice che va dove vuole, va rifinito a mano e lavorato per portare via i difetti, ci vogliono 12 mani a pennello, è un lavoro di precisione. Poi inizia il processo di catalisi da controllare, perché è un materiale a base naturale. Serve un know-how artigianale unico”, prosegue Iberti. “Immaginare che dietro al surrealismo dei prodotti Gufram c’è ancora dietro una bottega è una cosa unica”.

“L’altra fase su cui ci stiamo concentrando ora è presentare nuovi prodotti che possano inserirsi in questo catalogo di capolavori del design italiano. Lo scorso anno, Studio Job ci ha detto che avrebbe messo tutto il nostro mondo dentro un mobile, e c’è riuscito perfettamente creando un armadio dai molti livelli di lettura che vanno oltre l’estetica”.


14–19 aprile 2015
Gufram
Spazio Rossana Orlandi
via Matteo Bandello 14, Milano

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