Domus: Come è arrivata fin qui?
Paula Nascimento: Ho collaborato all’Expo internazionale di Corea per l’Angola nel 2012. L’altra me stessa ha una passione per gli Expo! Li visito da quello di Saragoza nel 2008. La partecipazione a quello di Corea ha fatto sì che avessi uno stretto rapporto con la commissione angolana anche per questo Expo, è stato un passaggio abbastanza naturale. E probabilmente ha contribuito anche il fatto che avessi già lavorato in Italia.
Domus: Sta parlando della Biennale, anzi delle due Biennali (arte e architettura)?
Paula Nascimento: Sì, ma la cosa interessante è che mentre lavoravo alle Biennali stavo contemporaneamente lavorando anche agli Expo. Credo che queste esperienze siano delle specie di “corsi di formazione”.
Domus: Come avete risolto il rapporto tra aree verdi e costruite, uno dei vincoli posti da Expo nella realizzazione dei padiglioni?
Paula Nascimento: Non volevamo niente di complicato e per noi era anche importante evidenziare i numerosi microclimi del Paese. Perciò è diventato subito un processo creativo che ha portato a quattro diversi giardini all’interno e all’esterno. Le piante sono state scelte sulla base della loro rilevanza alimentare, medica ma anche culturale e siamo stati fortunati a trovarle in Europa e a non doverle importare dall’Angola.
Domus: Quali sono i riferimenti a cui vi siete ispirati per l’architettura del padiglione?
Paula Nascimento: Sono diversi e importanti: l’architettura moderna tropicale, in particolare quella del brasiliano Vilanova Artigas, ma anche l’architettura in cui viviamo in Angola, penso per esempio al mercato disegnato da Vieira da Costa a Luanda e distrutto pochi anni fa. Mentre la facciata posteriore del padiglione fa riferimento ai brise-soleil. E poi l’albero, dal forte valore simbolico, che è la struttura portante della mostra.
Domus: Come avete risolto la questione della sostenibilità dell’edificio?
Paula Nascimento: Abbiamo realizzato una struttura metallica modulare pensata per essere smantellata per la parte espositiva, mentre la seconda parte del padiglione è in cemento prefabbricato a incastro, il resto è legname multistrato. Uno dei primi quesiti che ci siamo posti è proprio quello di come smontare il padiglione. Non solo perché lo richiedono le regole di Expo ma anche perché vorremo riportarlo in Angola; può essere trasportato in un centinaio di container ma non sappiamo se accadrà, questo va oltre le nostre capacità tecniche.
Domus: James Biber, architetto del padiglione USA, ha detto che gli si spezza il cuore all’idea di smontare il padiglione.
Paula Nascimento: (ride) Certo esiste un attaccamento a ciò che si costruisce; anche se per me la cosa più importante è il processo più che l’esito. In ogni modo il mio sogno è che il padiglione possa tornare in Angola ed essere usato dalla popolazione locale. Non abbiamo un simile edificio lì e potrebbe facilmente essere usato come centro culturale o come scuola.
Padiglione Angola
Commissario generale: Albina Assis Africano
Architetto: Paula Nascimento, António Gameiro
Team di progetto: Atlantic Alliance & MUSE Architecture Department; Masterplanstudio Milano
Strutture: ETS – Engineering and Technical Studio spa
Area: 2000 mq