Crowdsourcing design

La giuria di Natevo – Manuela Messina e Andrea Corti (Flou), Susanna Legrenzi, Marva Griffin e Joseph Grima – racconta a Domus cosa sta succedendo dietro le quinte del concorso d’idee che sta esplorando un nuovo modo di fare design.

Thesia progetti, schizzo per Natevo
Il concorso d’idee lanciato da Natevo durante lo scorso Salone del Mobile si rivolge a una comunità creativa allargata e invita a sottoporre inediti progetti di mobili luminosi.
Il modello progettuale e produttivo proposto si colloca in una posizione particolare rispetto a una filiera convenzionale, istituisce un rapporto integrato con la Rete, solitamente appannaggio di altri settori più tecnologici, e infine (o in primis) mette sul piatto una forte ipotesi ecologica, secondo un iter di cui abbiamo ampiamente parlato. Domus ha intervistato la commissione di esperti chiamata a esaminare i progetti: Manuela Messina e Andrea Corti (Flou), Susanna Legrenzi, Marva Griffin e Joseph Grima, riuniti per la prima volta lo scorso giugno, mentre un secondo incontro è avvenuto a fine luglio e un terzo a fine ottobre.

Domus: Ci piacerebbe conoscere innanzitutto la vostra opinione generale su una proposta dal contenuto così articolato.

Joseph Grima: Credo che sia un’operazione estremamente interessante, perché è uno dei primi tentativi di affrontare la domanda, ovviamente enorme e per la quale nessuno può avere una risposta, sul significato del design nel XXI secolo. Natevo prende atto di un modo nuovo di progettare in una situazione in cui l’economia, i media, il rapporto tra produzione, commercio e creatività sono molto cambiati, e cerca di esplorare, con molta apertura, quali possano essere gli esiti di un nuovo dialogo fra utenti e produttori. L’introduzione di questo elemento di dialogo, anche attraverso i social media, in grado di dare voce all’utente finale in un contesto finora molto verticalizzato e gerarchico, è l’innovazione fondamentale.

Thesia progetti, schizzo per Natevo
In apertura e qui sopra: Thesia progetti, schizzo per Natevo

Domus: L’utente finale ha senz’altro voce nella scelta di cosa produrre.

Joseph Grima: Si, ma non solo. Ha voce anche nel suo concepimento, perché l’orizzonte di questo nuovo modello, nel quale Natevo ha iniziato a inserirsi, è quello per cui chiunque abbia un’idea possa produrla, e questo è uno degli elementi più interessanti.

Marva Griffin: L’idea di offrire a tanti giovani un mezzo così diretto per entrare nel mondo dell’arredamento mi ha catturata fin da quando i fratelli Messina me ne hanno parlato. E ho capito che il progetto era valido pensando anche al Salone Satellite: quand’è nato, i designer erano 100, quest’anno sono oltre 700 provenienti da 33 Paesi.

Manuela Messina e Andrea Corti: Infatti, quale occasione migliore per chi sogna di emergere e magari lamenta di non riuscire a sottrarsi alla gavetta tipica di questo settore, che raramente offre ai neofiti l’opportunità di portare a buon fine i propri progetti?

Thesia progetti, schizzo per Natevo
Thesia progetti, schizzo per Natevo

Domus: In realtà, una parola chiave del concorso è crowdsearching, a significare che Natevo vuole stimolare una base molto fluida, al di là dei confini di settore, neofiti compresi, per attingere a nuove idee progettuali. Com’è stato accolto questo invito tra gli “appassionati”, oltre che tra i giovani emergenti e i progettisti affermati? Il concorso d’idee ha davvero stimolato la partecipazione di una platea più ampia?

Manuela Messina e Andrea Corti: Dopo la presentazione all’ultimo Salone abbiamo notato con piacere che media italiani e stranieri hanno dedicato molta attenzione a Natevo, declinando i contenuti di una proposta così innovativa con dovizia di particolari. Vivace è stato anche il passaparola della comunità dei social media. Le proposte giunte dall’Italia e dall’estero sono soddisfacenti. Anche se in realtà ci aspettavamo di più, anzi, ci preoccupavamo che ne arrivassero in numero eccessivo, dal momento che Natevo, come ci piace ripetere, apre “democraticamente” a tutti.

 Marva Griffin: Forse perché a pubblicare articoli su Natevo sono stati prevalentemente siti e riviste di settore, non stupisce che i progetti degli “appassionati” siano risultati quantitativamente inferiori rispetto alle proposte di studenti, arredatori e progettisti di interni. Sarebbe a questo punto interessante coinvolgere anche designer affermati in grado di dare una impronta ancora più marcata e forte.

Natevo, Massimiliano Messina e Susanna Legrenzi
Natevo, i giurati guardano un prototipo

Domus: Natevo richiede una tipologia di oggetti ibrida: il tema del mobile luminoso ha certo dei precedenti importanti, ma non credo sia mai stato sviluppato da un’azienda in un modo così programmatico, tanto da proporre un paesaggio domestico potenzialmente completo e, in una certa misura, “alternativo”. Cosa pensate di questa sfida?

Marva Griffin: Mi ha subito coinvolto: vi ho ravvisato la passione e la voglia di innovare che erano di Rosario Messina. Indubbiamente è un progetto che può modificare radicalmente il paesaggio domestico, oltre che essere fonte d’interessanti sviluppi sotto il profilo economico ed ecologico.

Susanna Legrenzi: Progettare arredi di luce è un tema aperto all’interdisciplinarietà dei processi. Chiede competenze nel segmento del mobile ma anche nell’illuminotecnica. Inoltre, in un momento di grande crisi dei mercati, l’idea di progettare un intero paesaggio domestico vuole una visione e uno sguardo allargati. Bisogna pensare al design non solo come processo e prodotto ma come un complesso e articolato sistema abitativo, aperto alle opportunità offerte dai nuovi traguardi dell’illuminotecnica, in termini di sostenibilità ed estetica.

Manuela Messina e Andrea Corti: Il valore però non si ferma qui. I mobili Natevo sono innovativi anche rispetto alla progettazione e costruzione di nuovi edifici, poiché eliminano la necessità di installare punti luce a parete o tracciati elettrici: richiedono solo prese a pavimento. E se saranno impiegati su larga scala, apporteranno notevoli vantaggi anche negli edifici da ristrutturare: senza demolire i muri, basterà solo collocarli dove serve luce.

Natevo, Marva Griffin
Natevo, Marva Griffin

Domus: Oppure in un campo d’alimentazione elettrica wireless, se e quando arriverà (già Denis Santachiara ha fatto esperimenti sul principio dell’induzione elettromagnetica di Nikola Tesla). Mi sembra interessante che Natevo si collochi anche nella prospettiva di un’evoluzione tecnologica futura, non sappiamo quanto prossima, ma potenzialmente vicina…

Joseph Grima: Certo, già alcuni cellulari si possono ricaricare per induzione. Ma più in generale, l’idea di posizionarsi in un futuro prossimo, non lontano, fatto di tecnologie quotidiane relativamente raggiungibili, è un aspetto molto importante: la rivoluzione del crowdfunding è già intorno a noi, per esempio, e sarà questione di poco tempo perché diventi la norma. Probabilmente entro una decina d’anni ogni azienda dovrà incorporare qualcosa di ciò che è oggi Natevo, che sta facendo un lavoro da pioniere, da rompighiaccio rispetto a processi e scenari che possono dirsi abbastanza certi, sui quali non ci sono troppi dubbi…

La sede di FLOU-Natevo
La sede di FLOU-Natevo a Meda, vicino a Milano

Domus: Come sta rispondendo il mondo progettuale? Ci sono famiglie funzionali più ricorrenti tra le proposte esaminate?

Marva Griffin: Sono arrivati progetti un po’ da tutto il mondo (potenza di Internet!), anche se molti non hanno colto nel segno, limitandosi a evidenziare l’elemento luce rispetto alla funzionalità dell’oggetto “con” la luce dentro.

Manuela Messina e Andrea Corti: In effetti, per la commissione non è stato un compito facile. I progetti pervenuti sono stati parecchi ma molti hanno privilegiato la componente illuminotecnica, e quindi erano fuori tema.

Joseph Grima: Secondo me è stato anche interessante percepire una specie di shock culturale, nel senso che, come progettisti, siamo culturalmente abituati ad avere una serie di costrizioni, di vincoli non solo produttivi, normativi o di mercato, ma forse anche tipologici. È vero che Natevo richiede una determinata ibridazione tipologica, ma allo stesso tempo invita i designer alla massima libertà e, soprattutto a livello di processo, indebolisce certi vincoli. Ecco, di fronte a tale libertà si manifesta un vuoto, e ciò che si prospetta per un progettista è di dover agire sempre più in questa condizione di maggior vuoto, trasformandosi in un agente a tutto tondo, più autonomo rispetto a quella ‘figura paterna’ che tradizionalmente è l’azienda: forse è questa la sfida più difficile.

Manuela Messina e Andrea Corti: Forse non a caso la tipologia più presente è stata quella degli appendiabiti, probabilmente perché la forma richiama quella delle piantane.

Susanna Legrenzi: Un’altra famiglia ricorrente è senz’altro quella dei sistemi a parete: consolle, piccole armadiature e librerie. Personalmente, mi piacerebbe poter vagliare anche altre tipologie di mobili volte ad assecondare nuovi bisogni. In particolare, quelli legati agli ambienti e alle funzioni di servizio o di disegno dello spazio: dai sistemi di moduli/quinte divisorie alle soluzioni per l’ordine e la daily routine.

Il modo di progettare suggerito da Natevo si presta anche a un processo incrementale di definizione e miglioramento degli oggetti

Domus: Quali criteri state seguendo per giudicare le proposte progettuali?

Marva Griffin: Buon design, funzionalità e rispondenza ai valori Natevo, e anche un certo “appeal” in grado di suscitare l’interesse del pubblico chiamato a giudicare, votare o sponsorizzare il prototipo messo in rete sul sito, ovvero a decretarne di fatto l’avvio alla produzione.

 

Manuela Messina e Andrea Corti: Il criterio base è senz’altro la funzionalità: un prodotto di buon design prima di tutto deve assolvere alla sua funzione, poi illuminare autonomamente l’ambiente.

Susanna Legrenzi: Un criterio importante è anche l’innovazione tecnologica, e soprattutto i tempi, i modi e i costi di produzione. L’industrial design non può prescindere dal mercato.

Manuela Messina e Andrea Corti: Infatti diversi progetti, pur interessanti, non sono stati ammessi per l’incongruenza tra la tipologia, il suo potenziale target e il costo finale, che risultava sproporzionato a causa dell’impianto elettrico integrato nell’oggetto stesso.

Joseph Grima: Direi che, fatti salvi gli aspetti appena detti, il modo di progettare suggerito da Natevo si presta molto anche a un processo incrementale di definizione e miglioramento degli oggetti. Un progetto, così come proposto, può anche considerarsi non definitivo, ma prestarsi all’idea che possa progredire nel tempo o, addirittura, sia oggetto d’interventi da parte di altri progettisti. Un sistema aperto come un software, per esempio, che possa evolversi come le diverse versioni di Linux. Siamo solo all’inizio, e ci sono possibilità ancora inesplorate

Natevo, il marchio
Natevo, il marchio

Domus: Quale evoluzione è possibile immaginare per un’iniziativa di questo tipo?

Marva Griffin: Tutto dipende dall'impegno che ci si mette e come si affronta. Quello dei Messina è totale, per questo sono convinta che ai prodotti Natevo già in produzione se ne aggiungeranno molti altri ad arricchire la collezione. Inoltre, lascia ben sperare l’entusiasmo con cui stanno rispondendo tanti docenti e studenti dei vari Istituti Universitari dove Massimiliano Messina si è recato in questi mesi a presentare Natevo.

Susanna Legrenzi: Il dialogo con le Università italiane è un aspetto importante. Questo lavoro di scouting credo sia di forte stimolo reciproco. Le stesse modalità di partecipazione al progetto – ripercorrendo i principi del crowdfunding – sono un input non solo per i professionisti della progettazione ma anche per le nuove generazioni di autoproduttori e maker che in Natevo identificano un partner aperto a nuove modalità di produzione, connotato però anche da un significativo background industriale.

Joseph Grima: Sicuramente i prossimi anni, decenni, vedranno la trasformazione di tutto il mondo del design da parte delle forze a cui Natevo sta tentando di aprirsi. È un processo che modificherà davvero la nostra quotidianità. Bisogna dire, però, che questi avvenimenti non sono mai momenti di rottura, di stacco netto, ma trasformazioni progressive, che Natevo sta affrontando in modo graduale, incrementale, ed è importante non giudicare ciò che sta facendo sulla base di un’esperienza di pochi mesi, ma mantenere uno sguardo attento e a lungo termine su questo fenomeno.

Manuela Messina e Andrea Corti: Possiamo però anticipare un’evoluzione, dal 19 novembre è visitabile il primo appartamento totalmente arredato Natevo, curato dall’arch. Matteo Nunziati, frutto della collaborazione con City Life che ha scelto i mobili “dal design che illumina” per le Residenze progettate Zaha Hadid. Al primo ne seguiranno altri due arredati da Studio Viscido e Toner Architects di Istanbul. Saranno tre occasioni per verificare quanto sia stimolante e vantaggioso realizzare un’intera abitazione senza lampade, con effetti esteticamente gradevoli e un’atmosfera accogliente e famigliare.

 

Articoli più recenti

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram