“Ci hanno cercato loro di Amg, il primo contatto era per progettare un’auto”, spiegano Kevin Wiesner e Lukas Bentel di Mschf, il collettivo artistico di Brooklyn che in meno di una decade di vita ha fatto parlare molto di sé, grazie a progetti potenti, provocatori, radicalmente critici. Non a caso, un saggio importante di Made by Mschf, librone di Phaidon a loro dedicato e recentemente uscito l’ha scritta Maurizio Cattelan. Quando la divisione ad alte prestazioni di Mercedes li ha cercati, esistevano da soli cinque anni. “E per fare un’auto ce ne sarebbero voluti altri cinque”, spiegano. “Ci è sembrato troppo. Invece gli abbiamo proposto di fare una collezione di arredamento”. Le auto restano parcheggiate all’ingresso, nel loro studio di Brooklyn trasformato in garage/showroom per la presentazione, ripulito (“di solito è un casino”, spiega Wiesner) e trasformato con dei tocchi di colore ispirati all’Hacienda, il celebre club degli anni d’oro della “Madchester”.
Questo non è il primo progetto di Mschf che coinvolge le auto. *Key4all* del 2022 era un esperimento artistico e sociale che rimane tra i più significativi del collettivo. Mschf aveva venduto mille chiavi, che aprivano però una sola unica auto parcheggiata da qualche parte a New York. C’era una hotline che dava informazioni sulla posizione del veicolo e che i mille proprietari potevano chiamare. Il concetto alla base, ovviamente, era una critica del concetto di proprietà, ma anche di quello di condivisione che abbiamo visto esplodere con servizi come Uber. Quando chiedo a Wiesner e Bentel se loro guidano, mi guardano straniti e sorridono. “Nessuno vuole guidare a New York”, sorridono.

Un’auto? No grazie: meglio una sedia
Padrino spiriturale del nuovo progetto Amg x Mschf, intitolato “Not for automotive use”, e che utilizza elementi delle automobili (e della cultura delle gare d’auto) per costuire sedute, tavoli, luci e scaffali, è Achille Castiglioni, “che ha inserito parti di oggetti industriali nei suoi progetti”, spiega Bentel. Sia lui sia Wiesner hanno studiato design, industriale e d’arredamento. Dopo l’esperienza con Gufram, questa è la prima collezione completa di Mschf. Pezzi indimenticabili come Sella e Mezzadro, che Achille ha progettato con il fratello Pier Giacomo, sono gli esempi più ovvi dell’approccio che ha ispirato il collettivo americano, perché sono arredi che ricollocano in un uso domestico elementi che vengono dalle bici o dai trattori, con un’estetica radicale, senza fronzoli.
Mschf in verità fa un passo avanti. Bentel e Wiesner mi fanno accomodare sulla HeadrestChair, probabilmente il pezzo più significativo della collezione. È una seduta sorprendente, perché manca della parte che tutti riteniamo fondamentale: quello su cui appoggiare “the butt” (termine che ci sentiamo di usare liberamente perché compare nei vagoni della metro, nelle pubblicità ufficiali della Mta, l’agenzia newyorkese dei trasporti). Nonostante questo, la seduta risulta incredibilmente comoda e accogliente. È stata creata utilizzando tre poggiatesta e un reticolo di tubi di metallo colorati di giallo a fare da struttura. Due elementi che raccontano come è stata costruita l’intera collezione.
Gli arredi di “Not for automotive use” utilizzano un vasto numero di parti di automobili Amg. Sono stati individuati dopo un certosino lavoro di ricerca sul sito dei pezzi di ricambio del brand. “Il problema è che non c’era indicata la misura”, racconta Wiesner, spiegando che quando sono stati consegnati nel loro studio tra Williamsburg e Greenpoint, hanno scoperto che non andavano bene. “Per esempio volevamo fare un ventilatore utilizzando un pezzo troppo piccolo”, sarebbe andato a malapena bene per un mini-ventilatore portatile – il ventolatore è stato poi di fatto realizzato, si chiama Wheelfan e utilizza un cerchione d’auto e cinture di sicurezza come elementi fondamentali.

La cintura come interruttore, il cerchione come base
Le cinture di sicurezza, con i loro tre colori “signature” Amg, ovvero rosso, giallo e nero, sono un elemento ricorrente di molti dei pezzi che si trovano in mostra, dal tavolo agli scaffali alla sedia (SeatbeltTable, SeatbeltChair, i nomi già dicono tutto). Nel caso della SeatbeltLight, è la fibbia a diventare importante, perché fa da interruttore, mentre il cilindro che ospita l’avvolgitore viene usato come base della lampada.
I tubi colorati, altro elemento ricorrente, vengono direttamente dal mondo delle competizioni automobilistiche, spiegano Bentel e Wiesner. È il roll-bar, che in inglese viene chiamato “roll cage”, la gabbia che protegge il pilota nel caso che l’auto si ribalti o abbia un incidente. “Spesso hanno colori chiari: il giallo, il blu”, racconta Lukas Bentel. Da lì l’idea di utilizzare dei tubi con colori forti e definiti come struttura di molti dei progetti in esposizione.
“Non esistono molte pattumiere che ti permettano di utilizzarle senza toccarle”, spiega Kevin Wiesner, mostrando appunto la junk bin che Mschf ha inserito nella collezione. “C’è voluto un po’ per convincere Amg”, raccontano, aggiungendo che il brand aveva posto come unica condizione per lavorare insieme che… i Mschf non inserissero nella collezione una tazza del wc – che conoscendoli, non era poi così improbabile.
Mschf × brand: amore e disobbedienza
Quello della collaborazione con un brand per fare qualcosa insieme è ovviamente uno dei temi centrali che affrontiamo nella chiacchierata con Bentel e Wiesner nel loro ufficio di Brooklyn durante il venerdì di presentazione della collezione, in concomitanza con il NycXdesign, la “design week” della Grande Mela.
“Il primo oggetto fisico che abbiamo realizzato è legato a un brand”, dice Bentel, riferendosi alle Jesus Shoes, delle Air Max 97 con dentro l’acqua santa, “qualcosa che puoi tranquillamente comprare online su un sito specializzato”, aggiunge Wiesner. Non si trattava di una collaborazione e le successive Demon Shoes, realizzate in collaborazione con Lil Nas X, sono costate una denuncia da parte di Nike. Il fatto che contenessero una goccia di sangue non è piaciuta per niente all’azienda di Beaverton. “Ancora oggi non siamo in buoni rapporti”, commenta laconico Wiesner. Questa vicenda racconta molto di Mschf, un collettivo che lavora da sempre a cavallo tra arte e design, dando molta rilevanza ai brand, una cosa che sicuramente in certi circuiti dell’arte farà storcere il naso a molti. “I brand sono una parte importante del nostro immaginario e della nostra cultura, per noi sono un riferimento fondamentale”, spiega Bentel. “E se possiamo fare una collaborazione proficua insieme, come questa, perché no”.
Nell’esposizione nello studio/garage/showroom di Brooklyn, sono due i pezzi che trionfano per dimensioni e posizionamento e sono anche quelli che non saranno prodotti in serie limitata, ma resteranno unici. Si tratta del divano, che diventerà probabilmente il simbolo della collezione: nelle linee ricorda un’automobile Amg, di cui monta i fari anteriori, azionabili dal retro (“è stato molto complicato”, spiega Wiesner). E poi una griglia da barbecue, completamente in metallo, che è al tempo stesso l’unico arredo outdoor, un riferimento che ti aspetti da uno studio americano e anche un pensiero su quello che per anni è stato un elemento distintivo delle automobili, la griglia appunto, ma che nelle auto elettriche è inutile. “Infatti una delle automobili qui ce l’ha ma è totalmente elettrica, è solo un simbolo la griglia, non è funzionale”, commenta Bentel. Oltre agli arredi, Mschf ha creato una serie di t-shirt e altri indumenti. Il prossimo grosso progetto del gruppo è una mostra a luglio, negli enormi spazi del Pioneer Works di Red Hook. “Non proprio site-specific, ma quasi”, dicono Bentel e Wiesler. Ma non si sbilanciano. Intanto fuori ha cominciato a piovere e c'è una Uber che mi aspetta.
