In una Dubai in continua evoluzione, il nostro mantra è uno solo: creare esperienza attraverso il design

L’intervista alla designer d’interni Pallavi Dean è la prima di un ciclo dedicato alle protagoniste della prossima Dubai Design Week 2017.

In vista della Dubai Design Week 2017 abbiamo intervistato alcune creative che hanno dato un contributo all’evoluzione della scena del design degli Emirati Arabi Uniti. Abbiamo iniziato con la designer d’interni Pallavi Dean, fondatrice dello studio Pallavi Dean Interiors. Ci ha parlato dell’industria creativa di Dubai, dei suoi protagonisti e della sua evoluzione, e di che cosa significhi essere una designer donna nel dinamico mercato mediorientale.

Pallavi Dean

Marianna Guernieri: Quest’anno il tuo studio ha vinto il CID Boutique Design Firm of the year Award, e poi l’Index and Identity Design Award. Che cosa significa per una donna giovane farsi strada nel mondo del design degli Emirati? Quali sono i punti critici e le occasioni? Pallavi Dean: Come si suol dire ci vogliono dieci anni di duro lavoro per ottenere il successo di una sera. È la nostra storia: quest’anno abbiamo ottenuto un bel bottino di premi, ma per arrivare a questo momento ci sono state ore infinite di duro lavoro, e un sacco di premi non vinti in passato. La buona notizia è che essere una donna non è stato un ostacolo. Preferisco un campo sgombro da ostacoli a un codice di regole differenti, e negli Emirati credo di averlo trovato. Ho lavorato per due anni a Londra e francamente non c’è nessuna differenza nel modo in cui mi trattavano in Gran Bretagna e negli Emirati. Sono stata fortunata a trovare il periodo giusto: Sheikha Lubna al Qassimi è diventata la prima ministra donna degli Emirati nel 2000, quando frequentavo ancora l’università, e per il paese è stato un messaggio forte. Poi bisogna avere una personalità forte per essere in grado di dirigere una squadra di esperti uomini d’affari, e nelle società immobiliari le posizioni decisionali sono di solito affidate a uomini.

Sheikha Lubna al Qassimi è diventata la prima ministra donna degli Emirati nel 2000, quando frequentavo ancora l’università, e per il paese è stato un messaggio forte

Marianna Guernieri: Come definiresti in sintesi la cultura visiva contemporanea degli Emirati? Pallavi Dean: In due parole: “in evoluzione”. Sono cresciuta a Dubai negli anni Ottanta e Novanta, proprio quando si stava adottando il design per entrare sulla scena internazionale. Il Jumeirah Beach Hotel e gli alberghi Burj Al Arab erano palesemente casi di uso dell’architettura come strumento di marketing aggressivo, per portare Dubai sulla copertina delle riviste. Come parecchi altri luoghi Dubai sta cercando di proteggere la sua identità storica e il suo patrimonio culturale, e di fonderli con lo stile del design, le tecniche e le tecnologie della modernità, come la stampa 3D.

Pallavi Dean Interiors, Talent Consultancy, Dubai

Marianna Guernieri: Dai tuoi inizi nel 2012 come si è evoluto negli Emirati il mondo degli interni, e come vedi il futuro? Pallavi Dean: Credo che negli ultimi quattro anni abbiamo individuato il linguaggio progettuale di questa regione: non è d’importazione o preso a prestito, ma un’autentica voce dei progettisti locali. Tre cose in particolare sono cambiate. Prima di tutto nel 2015 si è aperto il Dubai Design District, che è diventato un punto di riferimento concreto per le aziende del design. All’epoca del lancio una ricerca commissionata alla Deloitte dimostrò che l’industria del design della regione aveva un valore di 36 miliardi di dollari. La situazione del design cambiò dalla sera alla mattina, da quella di un hobby a quella di un’attività industriale vera e propria. In secondo luogo l’affermarsi di designer degli Emirati. Personaggi come Aljoud Lootah, Khalid Shafar e Zeinab Al Hashemi stanno diventando dei piccoli divi! In terzo luogo la nascita di studi di progettazione di interni del settore dell’ospitalità, il boutique design. Evidentemente per noi è un vantaggio. Siamo nati solo pochi anni fa e stiamo progettando un albergo a Palm Juymeirah, la sede centrale delle società multinazionali nella regione, e una serie di progetti per i governi e le famiglie reali. Non siamo l’unico studio ad avere questi vantaggi: Bishop Design ha fatto per anni da battistrada nel settore dell’ospitalità e oggi accanto a noi vanno affermandosi studi giovani come Brand Creative.

Sono cresciuta a Dubai negli anni Ottanta e Novanta, proprio quando si stava adottando il design per entrare sulla scena internazionale. Il Jumeirah Beach Hotel e gli alberghi Burj Al Arab erano palesemente casi di uso dell’architettura come strumento di marketing aggressivo, per portare Dubai sulla copertina delle riviste

Marianna Guernieri: Il tuo lavoro spazia dagli edifici commerciali agli alberghi, alle abitazioni e ai negozi. Qual è la tua concezione generale del design? Che obiettivi hai quando progetti un nuovo interno? Pallavi Dean: Il nostro mantra è “Creare esperienza attraverso il design”, e noi lo viviamo e lo respiriamo. Il principio guida è sempre l’esperienza delle persone che useranno lo spazio: gli studenti di una scuola, il personale di un ufficio. Ciò significa fare moltissima ricerca prima di tracciare una linea o posare un mattone, per capire davvero gli utenti dello spazio, in certi casi meglio di quanto non si capiscano essi stessi. Non è facile, e perciò abbiamo elaborato un nostro strumento di UXD (User Experience Design, Progetto dell’esperienza dell’utente) per accompagnare i nostri committenti attraverso un rigoroso e progressivo processo di ricerca fin dall’inizio del progetto. Per il designer scavalcare questo processo e saltare direttamente al progetto di massima è una tentazione forte, ma questo investimento di tempo più tardi frutta grandi guadagni.

Pallavi Dean, Svagata pouf

Marianna Guernieri: Hai un rapporto personale con la Dubai Design Week? Esporrai all’edizione 2017? Pallavi Dean: Dubai vuole passare da utente e importatore di design a produttore ed esportatore. Sono parole grosse, e le fiere commerciali come Design Days Dubai e Downtown Design, insieme con iniziative curatoriali come la Dubai Design Week sono vitali per mostrare al mondo che possediamo la capacità di dar sostanza alle parole. E, pensa un po’, il mondo drizza le orecchie e se ne accorge. Oggi abbiamo giornalisti internazionali che scrivono articoli su designer che lavorano a Dubai. Solo tre anni fa non sarebbe potuto succedere. È ancora presto, ma è un treno che sta mettendosi in moto! Io sto lanciando la mia prima collezione di cartoleria, battezzata Analogue Thinker. È un taccuino progettato per i creativi che praticano il digitale ma pensano in analogico. Ho anche progettato Metamorphosis, un’installazione a labirinto a Downtown Design per lo stand del produttore di moquette Interface, con l’obiettivo di comunicare il DNA dell’azienda al pubblico professionale della fiera. L’atteggiamento di Interface nei confronti del riciclaggio è la sintesi della metamorfosi. Prendono vecchi tappeti e reti da pesca scartate e li trasformano in bei riquadri di moquette. Usando principi come la biomimetica e la biofilia per portare negli interni il mondo naturale contribuiscono a creare quello che chiamano “spazi +Positivi”. Infine ospiteremo un workshop nel nostro studio per i professionisti del settore.

Pallavi Dean Inteiors, Svagata console

Marianna Guernieri: Quali saranno i tuoi prossimi progetti? Pallavi Dean: Certe volte penso che abbiamo tutti bisogno di smettere di pensare al futuro e di goderci il presente. L’anno prossimo vedremo il completamento di due o tre grandi progetti. Penso in particolare alla sede di Dubai della società di comunicazione statunitense Edelman, che darà un contributo alla definizione di un moderno spazio di lavoro mediorientale. Stiamo terminando due interni di ristoranti concepiti da noi a Sharjah, uno dei quali insieme con il celebre chef libanese Maroun Chedid. E un progetto nel campo della formazione ancora riservato, ma che quando sarà svelato farà rumore.
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