La Milano di Pierluigi Cerri (1939-2022)

L’architetto, grafico e designer co-fondatore di Gregotti Associati scompare a 83 anni. Nel 2014 aveva condiviso con Domus il personalissimo racconto di una Milano dalle identità molteplici e nascoste, che ripubblichiamo.

Con oggetti, immagini e allestimenti, Pierluigi Cerri ha indubbiamente segnato il linguaggio e la storia del progetto italiano degli ultimi decenni. Nato nel 1939 a Orta San Giulio, architetto di formazione politecnica milanese, co-fondatore di Gregotti Associati, ha legato il suo nome a segni visuali memorabili come l’immagine della Biennale di Venezia del 1976, il linguaggio editoriale di Electa sotto la sua direzione artistica, i contribuiti a riviste come Rassegna e Casabella, gli arredi che hanno portato piccole rivoluzioni nel loro ambito, come i tavoli multivocazione Naòs ideati con UniFor. Ed è anche a Milano che ha legato la sua vicenda e la sua vita, come aveva voluto raccontare a Domus nell’aprile del 2014, contribuendo al numero 979 con un percorso tra le identità meno visibili della città, rappresentate dagli ambienti inediti di cinque giardini.

domus - pierluigi cerri, milano
Domus 979, aprile 2014

La Milano di Pierluigi Cerri

Oggi sulla città si scrive, giustamente, solo di congestione del traffico e del conseguente inquinamento atmosferico, di questione ecologica, di sicurezza o di verde come connettivo salvifico tra gli edifici e di una serie infinita di altri problemi. A costo di sembrare un poco troppo incline alla riflessione conservatrice, io penso invece alla Milano che ho vissuto come a una parte speciale che rimanda a un tutto e che rappresenta, attraverso i suoi monumenti, le sue tracce archeologiche, le sue sezioni storiche e la sua estensione, la somma delle parti che ne rendono visibile l’identità. Questa parte di Milano è costruita su un corso che dall’antica Porta Vigentina disegna un asse che corre su fino al centro, alla piazza del Duomo. Dal 1859, il corso e l’intera zona che attraversa si chiamano Magenta in onore della battaglia omonima.
La zona Magenta è, appunto, la mia Milano.
Nulla a che vedere con il sontuoso disegno urbano di foro Bonaparte, con gli edifici neoclassici o la zona Jugendstil di porta Venezia. Questo è un quartiere low profile: gli edifici comunicano la solida classe borghese dei suoi abitanti attraverso facciate multiformi, disegnate con i tratti dell’Eclettismo di fine Ottocento.
Nel corso, come nelle vie affluenti, rigorosamente prive di filari di alberi maestosi, affiorano i resti e i monumenti di una Milano romana, medievale, rinascimentale e barocca di assoluto interesse. Poche le testimonianze del Movimento moderno.

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Donato Bramante, chiostro piccolo di Santa Maria delle Grazie, fine 1400. Fondo Scrocchi, foto 1925-1943. © Archivio di Etnografia e Storia Sociale – Regione Lombardia. Domus 979, aprile 2014

Cinque giardini segreti

Noi ragazzini si andava a scuola a piedi. Sempre di corsa. Per accorciare il percorso si tagliava da Santa Maria delle Grazie attraverso il chiostro del Bramante. Qui, per la santità del luogo o per la sua immacolata bellezza, il passo rallentava. Il chiostro è un giardino segreto, inatteso, immerso nel silenzio e ombreggiato da quattro magnifiche magnolie. Oggi è piuttosto semplice, con l’aiuto di un tablet, scrutare dall’alto gli edifici. I giardini rivelano i propri segreti. Il corso e le vie affluenti mostrano sulla strada le pietre dei propri edifici e nascondono interni di natura naturata o naturans, le cui essenze raccontano storie di progetti leggendari o, più semplicemente, di spazi residui. 

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Piero Portaluppi, Casa degli Atellani, 1919-1921. © Fondazione Piero Portaluppi, Milano. Photo Donato Di Bello. Domus 979, aprile 2014

Leggendaria è la storia del giardino della Casa degli Atellani: il “fiorito e amenissimo” giardino della casa si svolge dal corso Magenta fino alla privatissima via De Grassi, ridisegnato quale viale prospettico da Piero Portaluppi come “un rettangolo alberato dove ancora resiste, come sfida al tempo, un’antica pergola di vite; è il residuo della vigna Vinciana (…). Sotto questa pergola antica, certo Leonardo sostava meditando e sentiva in sé trasalire le sue divine creazioni”. Tutto ciò alimenta la leggenda del giardino segreto, la cui luce “entrerà nelle sale e ritroverà, nelle lunette dove il Luini le affrescò, la collana dei ritratti Sforzeschi”. Il misterioso giardino si poteva scrutare da via De Grassi dalla parte più ombrosa, che un po’ intimoriva i nostri giochi adolescenziali. I giardini segreti si ‘sbirciano’ perché è quasi impossibile violare la loro privatezza.

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Domus 979, aprile 2014

E poi, ancora, un blocco di dignitosissimi edifici, che fanno angolo con via Saffi e il corso, racchiude un giardino dove, all’ombra di alberi secolari, fioriscono grandi siepi di camelie e ortensie multicolori, e per dimensione consente giochi infantili più complessi e articolati. Non è un parco rigorosamente disegnato, ma pare scandito dagli alti fusti sotto i quali sembra che la natura sia libera di essere naturans. Il mistero di questo giardino è alimentato dal grande silenzio. Gli edifici che vi si affacciano rivelano il loro disegno rassicurante e variegato tanto da simulare un luogo urbano. Privatissimo e segretissimo. Impenetrabile. Immagino sia un parco residuo quello che, dietro una serie di edifici ben allineati su piazzale Baracca (dove in altri tempi dominava la Porta Vercellina del Canonica), ha incluso addirittura la villa che lo sovrasta. È un’esperienza inaspettata varcare il portone di un palazzo come tanti della zona e ritrovarsi di fronte a un cancello aristocratico che dà accesso a una collinetta-parco, su cui si affaccia una villa dai tratti nobiliari. Anche questa insolita scenografia la si può osservare soltanto con la coda dell’occhio o socchiudendo gli occhi per acuire la vista o ingegnandosi in qualche modo per poter esplorare un raro caso di giardino collinare con villa imprigionati in un più vasto progetto di disegno urbano.

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Domus 979, aprile 2014

Si distingue dalla gran parte degli edifici residenziali del quartiere il palazzo che racchiude il giardino edificato nel tardo Ottocento da quell’architetto Luigi Broggi che progettò fra l’altro le Cucine Economiche presso il vecchio Ponte delle Gabelle, sul Naviglio della Martesana. Lo stabile padronale, che fa angolo con via Bandello, presenta decori in cotto in tutte le versioni che un manuale di elementi costruttivi dell’epoca poteva elencare nel sommario. Dettagli ricchissimi per la casa padronale, quasi assenti negli edifici che chiudono il complesso edilizio, forse destinato ad alloggi operai. Nel giardino delle Case Candiani non ci sono misteri da disvelare. Non è costruito secondo le linee di un disegno sofisticato. Piuttosto, pare edificato dalla natura stessa in modo casuale e inaspettato. Una grande forsizia di un giallo esplosivo annuncia il risveglio del verde e la fioritura degli alberi da frutto.

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Domus 979, aprile 2014

In apertura: Giardino privato, via Aurelio Saffi 25. Foto Donato Di Bello

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