Le città gonfiabili di Prada Poole

Due mondi pneumatici, tra Ibiza e Siviglia, la Instant City e una struttura per il pattinaggio, raccontano sulla Domus degli anni ’70 la scena sperimentale spagnola e una nuova relazione libera tra il corpo, l’ambiente e lo spazio costruito.

domus archive - instant city ibiza

Dalla seconda metà degli anni ‘60, mentre in Europa dilagano le esperienze di design e architettura radicale, anche la Spagna vive una sua stagione di sperimentazioni e di Sfida alla tradizione. Come però racconta Mónica Garcia, in quell’ultimo decennio di una dittatura agli sgoccioli la scena sperimentale spagnola deve affrontare una difficoltà a identificarsi come movimento unitario in un regime di libertà ancora limitate. Nascono esperienze indipendenti, tutte centrate su un ritorno alla libertà dell’individuo nella sua relazione con lo spazio, ma ognuna con una diversa espressione. José Miguel de Prada Poole, nello spirito radicale e hi-tech dell’epoca che Reyner Banham evocava nella sua Architettura dell’ambiente ben temperato, lavorava su forme di controllo climatico a grande scala, sulla creazione di strutture pneumatiche che i corpi potessero arrivare a percepire come ambienti, architetture non presenti benché fossero fondamentali, o impossibili da ignorare in quanto enormi tubi multicolori di tessuto a strisce.

Poteva tradursi in progetti extraterrestri, o in progetti materialissimi e terreni come l’iconica Instant City creata ad Ibiza per l’ICSID (International Council of Societies of Industrial Design), su cui Domus pubblica nel numero 509 (aprile 1972) stralci di articoli da diverse testate del tempo, per documentare le reazioni a un evento che, sotto “cupole pneumatiche, semitrasparenti e silenziose”, aveva accolto giovani provenienti da ogni parte del mondo. O ancora come l’enorme città pattinabile in piena Andalusia, uscita nel novembre 1976 sul numero 563.

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Ibiza, baia di San Miguel. Congresso ICSID (1971), foto di Tapio Wirkkala. Domus 509, aprile 1972. In apertura: Ibiza, Instant City, foto di Sami Wirkkala. Domus 509, aprile 1972, vista pagine interne

Ibiza. Baia di San Miguel

Congresso ICSID (14-16 ottobre)

Incontro sulla spiaggia fra la gente del “come”, i designer di mestiere, e la gente del “perché", i giovani di Instant City. Negli alberghi, la gente del mestiere, sotto le cupole pneumatiche, semitrasparenti e silenziose, con giacigli da campo allineati sul terreno, i giovani, convenuti da molti paesi, Spagna, Inghilterra, Irlanda, Austria, Usa. Indifferenti sia alla bellezza fantastica che alle imperfezioni tecniche di Instant City costruita da loro (da una parte di loro), in breve tempo e per breve tempo, contavano sulla presenza; valevano per la presenza; muovevano emozioni, confronti, pensieri, per la presenza.

“… Dalle ‘case’ 01 Instant City compaiono diversi giovani: uno porta un coniglio, un altro suona il flauto, a piedi nudi, con un asciugamano avvolto intorno ai fianchi o con una pelliccia. Alcuni hanno un nastro rosso di plastica sulla fronte. È lo stesso materiale di Instant City. Prosegue dalle loro “case”, dai pavimenti e dalle pareti, legandoli insieme per questa occasione – è il loro nastro rosso per questo momento. Instant City suscita l’attenzione della gente. Non credo che gli abitanti di Instant City siano turbati dal fatto che la gente venga a guardare la loro città, ma è un peccato che la maggior parte delle persone venga a dire che ha dei bei colori e che sembra bella. Una cosa che sconvolge questi giovani nella loro città è che la maggior parte delle persone non prova nemmeno a pensare a cosa c’è dentro l’idea. Nella Instant City le persone si toccano. Sono amici. L’intenzione è stata quella di creare un ambiente che esistesse non come incoraggiamento alle relazioni sociali, ma come risposta ad esse...” (Helsinki, 5 gennaio 1972)

Dettaglio pagina Domus 509 / aprile 1972. <em>Domus</em> ripropone, in lingua originale, stralci di articoli pubblicati su diverse testate del tempo, per documentare le reazioni diffuse al congresso ICSID di Ibiza
Dettaglio pagina Domus 509 / aprile 1972. Domus ripropone, in lingua originale, stralci di articoli pubblicati su diverse testate del tempo, per documentare le reazioni diffuse al congresso ICSID di Ibiza

“Il mondo si sta preparando a una metamorfosi degli dèi... Il disegno è la creazione di forme che materializzano il comportamento. Il processo è la forma. Il processo cambia, ma la forma si traduce in una materia immutabile, lo scheletro che contiene l’essere vivente, che è il processo. Il problema essenziale del design per il futuro è l’invenzione di forme mutevoli che possano materializzare un processo all’infinito, permettendogli di cambiare in modo spontaneo e imprevedibile. La città, che è il processo vitale più complesso, non ha una forma mutevole. La città istantanea è il problema progettuale più interessante della nostra generazione. Una città di nomadi che appare in un luogo sacro e scompare con le ultime partenze. Una città anche per persone sedentarie che cambia forma a seconda dei “viaggi” dei suoi abitanti...” (Comitato ad hoc per la città istantanea ADI/FAD, Barcellona)

Indifferenti sia alla bellezza fantastica che alle imperfezioni tecniche di Instant City costruita da loro, in breve tempo e per breve tempo, contavano sulla presenza; valevano per la presenza; muovevano emozioni, confronti, pensieri, per la presenza

“Si trattava, inizialmente, di rendere possibile un’esperienza collettiva in cui il lavoro e l’informazione fossero gli unici mezzi d’espressione attraverso i quali dare forma a una città effimera che mettesse in luce le contraddizioni in cui si muove l’attuale panorama del disegno industriale. Ad aprile abbiamo tenuto alcuni incontri con ADIFAD e successivamente con i membri dell’ICSID a Ibiza, impegnandoci a fornire alloggi agli studenti di design che volessero partecipare al congresso. Abbiamo preparato un manifesto, informazioni e poster, e li abbiamo diffusi in ambienti legati al disegno industriale in tutto il mondo…

Ci siamo messi in contatto con Josè Prada, esperto di architettura pneumatica, che ha elaborato un linguaggio minimo che permettesse a qualsiasi persona di costruirsi una tetto in breve tempo e con pochi strumenti. L’energia pneumatica che potrebbe alimentare la città, sarebbe comune a tutte le cellule. Abbiamo predisposto un sistema costruttivo molto tecnologico che però richiedesse, per essere realizzato, metodi del tutto artigianali (graffette ogni centimetro, incastri tra cilindri e sfere attraversate da corde per assorbire la tenzione, porte dalle forme organiche) dove l’ingegno offriva alternative alla carenza di mezzi.

Ibiza, Instant City, foto di Sami Wirkkala. <em>Domus</em> 509 / aprile 1972, vista pagine interne
Ibiza, Instant City, foto di Sami Wirkkala. Domus 509 / aprile 1972, vista pagine interne

Ci siamo messi in contatto con le linee commerciali che potessero fornirci il PVC, ventilatori, graffette…e, a fine agosto, con un gruppo molto ristretto abbiamo costruito a Sardanyola il primo prototipo gonfiabile e, a inizio settembre, arrivava a Ibiza il primo gruppo composto da gente proveniente da tutto il mondo per realizzare in un mese le infrastrutture necessarie e le zoni comuni…”. (Hogares Modernos / Novembre 1971)

“La città istantanea non può essere giudicata come un successo o un fallimento, poiché come ambiente incentrato sulla persona era ciò che si faceva di essa. È forse altrettanto assurdo tentare di scriverne un resoconto oggettivo, dal momento che è stata progettata per un'esperienza soggettiva. La città era costituita dalle persone che si conoscevano e dalle cose che si facevano con loro o senza di loro…

Ibiza, Instant City, foto di Sami Wirkkala. <em>Domus</em> 509 / aprile 1972, vista pagine interne
Ibiza, Instant City, foto di Sami Wirkkala. Domus 509 / aprile 1972, vista pagine interne

Il progetto era molto interessante nel suo tentativo di creare una struttura sociale che massimizzasse la scelta e riducesse i contatti sociali e le interferenze a un livello accettabile per l’individuo, e nella flessibilità che consentiva alle persone di agire, se lo desideravano, in contrasto con le idee più elementari di Instant City. Il fatto che durasse quattro o cinque settimane e che fosse fisicamente isolata dalle città, significava che, nonostante la mancanza di servizi, era quasi del tutto autosufficiente.

Questa mancanza di servizi e l’esiguità dei numeri (mai più di 350 persone) hanno fatto sì che come guida per risolvere i problemi di assistenza fisica, sia di scarsa utilità. Tuttavia, ha mostrato la necessità di un sistema informativo strutturato (elettrico o meno). E forse, cosa più evidente di tutte, ha dimostrato che l’idea sociale o progettuale di Instant City non deve necessariamente soffrire anche se le sue forme fisiche sono realizzate da una tecnologia di tipo staple-gun”. (Architectural Design / dicembre 1971)

  

Pattinare in Spagna

A due chilometri da Siviglia (sulla strada che porta a Utrera) è stato creato un grande centro per il pattinaggio su ghiaccio, con una grande pista (56X26 m) circondata da sedili in scalinata (ottocentoventi spettatori)e con tutti i servizi di complemento: spogliatoi, sauna, palestre, infermeria, ristoranti-caffè, camerini ecc. Una novità divertente, collegata alla grande pista, è l’idea di due “strade di ghiaccio”, due piste strette (3,70 m) e lunghe (120 m e 38 m) che escono dalla pista principale e, seguendo un andamento sinuoso, vi ritornano.

Tutte le coperture delle varie parti del complesso sono cupole pneumatiche: membrane in pvc sostenute da una “struttura” in rete metallica, struttura che assorbe parte della spinta della cupola e la trasmette alle fondazioni periferiche in cemento. Parcheggio per 400 automobili.

“Hieltron” centro per pattinaggio sul ghiaccio, Siviglia, Spagna. Architetto Josè M. Prada Poole, 1975
“Hieltron” centro per pattinaggio sul ghiaccio, Siviglia, Spagna. Architetto Josè M. Prada Poole, 1975

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