La casa del farmacista Rainer Krause disegnata da Superstudio

Sulla base di alcuni schizzi del farmacista Rainer Krause, il collettivo fiorentino ha realizzato in una piccola cittadina tedesca la casa simbolo della “trasfigurazione ed evoluzione del pensiero di Superstudio”.

Nel novembre 1974, in piazza Bellosguardo, allo studio di Superstudio arriva una lettera proveniente dalla Germania, scritta su un foglio di carta dagli angoli arrotondati. Il mittente è Rainer Krause, un farmacista di Lübbecke. Krause non è un farmacista come gli altri, oltre ad esercitare la professione, è anche un collezionista ed amante del design internazionale. Ha iniziato da giovanissimo comprando a prezzi stracciati oggetti americani degli anni Trenta e Quaranta di Herman Miller prodotti da Knoll, poi oggetti italiani in particolare quelli disegnati dai protagonisti della stagione radicale. Come racconta a Domus nel 1982, durante i suoi anni di ricerca “sono successe cose incredibili: in vacanza in Sicilia ho comprato una scrivania di Sottsass che è costata solo il trasporto dall’Italia alla Germania. Alcune ditte mi hanno venduto pezzi unici, prototipi mai entrati in produzione per poche lire” [1].

Nella lettera indirizzata a Superstudio, Krause chiede agli architetti di progettare per lui, nella sua città natale, una casa che comprende la farmacia di proprietà, uno studio medico e due appartamenti. Due anni dopo, nel gennaio 1976, il farmacista invia nuovamente una lettera e nel mese di aprile spedisce al gruppo una serie di schizzi disegnati da lui su carta millimetrata col programma della costruzione, “lo schema era così preciso e poetico (una scala circolare usciva inaspettatamente dall’angolo), che decidemmo di trasformarlo in architettura con il minimo intervento possibile”, scrive Adolfo Natalini nel 1979 [2].

Il lotto dove realizzare il progetto era situato in Bahnhofstraße, a Lübbecke, una piccola città della Renania Settentrionale-Vestfalia, in Germania. Lì, “tra case normali degli anni Trenta, sorgeva una piccola casa di mattoni di fine Ottocento con il tetto a punta, posta a quarantacinque gradi rispetto alla strada (la sua posizione ricordava certo un precedente tracciato stradale)”.

Così, dopo un primo sopralluogo in loco di Natalini, gli architetti iniziano a pensare a come progettare questa casa ed elaborano due progetti diversi “diametricamente opposti”, uno di Frassinelli e uno di Natalini. Frassinelli disegna una casa in pannelli di acciaio giallo scuro nella quale riutilizza i vecchi mattoni della villa Ottocentesca, “l’idea era quella di ricostruire la sagoma della casa pre esistente”, racconta l’architetto Lorenzo Netti, al tempo collaboratore di Superstudio. Natalini, invece, studia una versione che viene poi considerata da Krause come quella vincente, che dopo due anni di progettazione e uno di costruzione viene finalmente ultimata. L’architetto riprende gli schizzi iniziali del farmacista-collezionista e li traduce nel progetto di una “casa quasi cubica”, con un cilindro verticale che contiene le scale e un cilindro orizzontale sul tetto, con tutta una serie di aperture che diventano prismi triangolari in positivo e in negativo. Natalini conserva il tracciato geometrico della vecchia villa e ricopre tutta la casa con piastrelle quadrate di ceramica grigia, mentre gli spigoli del cubo vengono marcati da fasce di mosaico grigio-azzurro, lo stesso adottato per gli infissi. Natalini si era ispirato, nella progettazione, ad alcune case che aveva visto nei suoi vari viaggi in Germania, “case con finestre sporgenti come punte di diamante e tetti curvi come catene di navi, e case con angoli coperti di preziose fasce di ceramica colorata che mi avevano fatto pensare: nonostante tutto l’ornamento non è delitto caro professor Loos”. Nella scelta del colore l’architetto si ispira alle fasce blu delle ceramiche di Savoia. Il cilindro del tetto è stato poi coperto di piombo così come le due testate semicircolari. Da Bahnhofstraße si accede direttamente alla farmacia (tutt’ora in funzione), dove vengono poi esposti alcuni oggetti della collezione di Rainer Krause. L’accesso laterale porta allo studio medico e alla penthouse, un volume cilindrico, orizzontale, che somiglia ad una serra, appoggiato sul tetto e da cui si può accedere ai terrazzi longitudinali.

In un articolo scritto in occasione della morte di Rainer Krause [3], nel 2014, Michael Peters definisce questa casa come la prima architettura postmoderna mai realizzata in Germania. “Secondo la mia opinione — racconta Lorenzo Netti — la cosa più interessante di questo progetto è che è stato realizzato in un periodo in cui il movimento si era già spento e Superstudio era in una nuova fase di trasformazione. Se da un lato nella casa rivediamo i principi dell’architettura radicale, facendo riferimento, in particolare, alle linee guida del Catalogo di Ville, dall’altro questo progetto è la trasfigurazione ed evoluzione del pensiero di Superstudio”.

Questo è il motivo per cui la critica si è divisa tra chi ha interpretato questa casa come l’episodio finale della neo-avanguardia architettonica e chi invece la considera come l’inizio della fase postmoderna del gruppo fiorentino. “Indubbiamente, nel disegnare la casa, Natalini ha fatto riferimento alle ricerche teoriche sulle ville suburbane di Superstudio, dalle quali è nata anche la famosa fabbrica di Giovannetti a  Casalguidi (Pistoia), del 1969-71. Lo testimonia, in particolare, la superficie piastrellata della casa-farmacia. Ricordo con affetto un episodio che Natalini ci aveva raccontato una volta tornato da uno dei suoi viaggi a Lübbecke. Era andato lì con Aldo Ballo per fotografare la casa per un servizio poi pubblicato su Casa Vogue nel 1979 [4]. Una volta arrivati davanti alla casa, si erano accorti che (non si sa bene per quale motivo) mancava una piastrella sul prospetto principale. Al tempo, ovviamente, non era possibile post produrre una fotografia e quindi si era creata una situazione di panico tra gli addetti ai lavori. Così Aldo Ballo aveva tirato fuori dalla sua valigetta un album di carte colorate che comprendeva ben oltre cento colori diversi. Si era avvicinato alla superficie quadrettata, aveva individuato il grigio corretto, aveva ritagliato un quadrato della stessa misura di una piastrella, era salito su una scala e l’aveva inserito lì dove la piastrella era mancante”.

Si ringraziano: Arabella Natalini, Fabrizio Natalini, Nazario Scelsi, Michael von Jakubowski, Egidio Marzona e Stefanie Recsko

[1]:
P. Scarzella, Il collezionista, in Domus, n. 627, aprile 1982, p. 60.
[2]:
A. Natalini, Superstudio: una casa fatta (anche) di memoria - Superstudio: ein Haus (auch) aus Erinnerungen, Uhle & Kleimann, Lübbecke 1979, p. 131
[3]:
Michael Peters, ANTHOLOGY WITH FRIENDS, in Stylepark, 16 marzo 2014, https://www.stylepark.com/en/news/anthology-with-friends
[4]:
Superstudio, Una casa fatta anche di memorie, in Casa Vogue, n. 98, 1979, s. n. p.

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