Artiste: coraggiose avventuriere

Affascinanti, curiose, forti, determinate e affermate. Queste le caratteristiche delle più grandi pittrici dal 1500 a oggi. Donne celebrate dalla più alta committenza, donne amate dal loro pubblico e dai loro uomini, ne raccontiamo oggi le grandi gesta.

Il 25 novembre scorso, come ogni anno, è stata celebrata in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne.

Nel 1999 l’assemblea dell’Onu scelse questa data in ricordo del sacrificio delle sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo in Repubblica Dominicana. Da allora a oggi purtroppo i numeri restano sempre significativi. Le denunce di maltrattamenti in famiglia, di stalking, di violenze sessuali sulle donne sono ancora molto, troppo, diffuse e la paura di smascherare i propri aguzzini è per le vittime troppo grande: la paura di non essere credute, di essere giudicate di non essere protette.  

Non racconteremo in queste righe la donna come soggetto artistico, ma ne celebreremo la forza, l’indipendenza, il fascino e la bellezza, racconteremo il ruolo che, con fatica, ha conquistato nel mondo dell’arte e l’importanza che ebbero in una rivoluzione che ancora ha forza e luogo.

Minerva in atto di abbigliarsi, Lavinia Fontana, 1613, Galleria Borghese, Roma

Nel 1552 a Bologna nacque Lavinia Fontana, figlia del manierista Prospero Fontana, dal quale ereditò la passione per l’arte. Cresciuta nella bottega del padre, Lavinia mostrò fin da subito eccellenti doti artistiche, ma essere pittrice a quei tempi avrebbe potuto portarle numerose difficoltà.ao . Nel 1577 sposò Paolo Zappi, pittore mediocre, con cui stipulò un preciso contratto matrimoniale, grazie anche all’ausilio del padre, che potesse così permetterle di proseguire la carriera. La “pontificia pittrice” si trasferì a Roma chiamata da Papa Gregorio XIII e iniziò una numerosa produzione di ritratti, che vedevano protagoniste nobildonne e i loro figli. Personalità di altissimo rango come il re Filippo II di Spagna, cardinali e vescovi le commissionarono tanti e importanti lavori che non furono per nulla ostacolati dalle sue undici gravidanze. Madre, moglie e pittrice eccellentissima, non mancò mai di ritrarsi in diversi soggetti, come la Minerva in atto di abbigliarsi, opera conservata oggi alla Galleria Borghese di Roma. Una dea, una Venere (nei panni di Minerva) bellissima, sorpresa dallo spettatore appena prima d’indossare le vesti. Maliziosa guarda verso lo spettatore, per nulla sorpresa, senza pudore e sicura di se, fiera del proprio corpo, una sorta di autoritratto che riassume la vita della pittrice che scelse con certezza e senza arroganza di affermarsi per ciò che era, senza dover rinunciare a nulla. 

La storia però prosegue, incontrando un’altra straordinaria pittrice che fece del suo matrimonio un momento di crescita e condivisione con un compagno che non fu solo un maestro per lei, ma un partner artistico, un complice con il quale condivideva la sua passione: Margherita Volò Caffi. Nasce a Cremona nel 1647, anch’essa da un padre pittore noto, sopratutto a Milano, come Vincenzino dei fiori, poiché specializzato nel dipingere composizioni floreali. Margherita sposò in giovane età Ludovico Caffì, che, come il padre, era famoso per le sue opere che ritraevano fiori e tappeti. Insieme a lui studiò nuove tendenze pittoriche e raffinarono il loro gusto rinnovando il repertorio figurativo barocco lombardo. Margherita mostra nei suoi dipinti un gusto estremamente raffinato, accosta i fiori che dipinge in maniera vivace e fantasiosa prediligendo tinte delicate come il rosa, il bianco, il giallo o più vivaci come il rosso. Usa pennellate dense e sicure e inserisce misurati colpi di luce che danno vita a quei fondi scuri scelti con sapienza per poter far emergere e spiccare i suoi amati fiori che dipinge su stoffa, tele o pergamene. 

Incontriamo poi nel pieno dell’ottocento una storia completamente diversa, quella di una “ragazza riservata e che parlava a voce bassa, sottile come un giunco, occhi neri e profondi, che amava vestirsi di nero e all’ultima moda e leggere romanzi in voga”. Dalle parole di Édouard Manet arriviamo a Berthe Morisot, con la quale istaurò un rapporto più che speciale. Si racconta che i due fossero amanti, un rapporto intimo, complice, nutrito di stima. Berthe fu la Signora dell’impressionismo, insofferente per i convenzionalismi accademici, che sperimentò, grazie a Corot, la pittura en plain air per poi approdare e primeggiare grazie all’influenza di Monet nella pittura impressionista. La sua casa diventa luogo di ritrovo per artisti, letterati e musicisti da cui lei assorbiva il loro sapere per tradurlo sulle sue tele.

Tocchi leggeri, poetici parafrasati da colori luminosi e vibranti come il suo bianco perlescente. Berthe sposò Eugène Manet, fratello del suo maestro e amante che essa stessa descriveva come “brav’uomo, onesto” che incontra “dopo aver vissuto per tanto tempo inseguendo chimere”.

Siamo tutte Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Maria Sibylla Merian, Frida Kahlo, Elisabetta Sirani, Rosalba Carriera, Mary Cassat, Élisabeth Vigée Le Brun, Tamara de Lempicka, Agelica Kauffmann e vorremmo tutte che il nostro mondo fosse colmo e ricco di uomini che ci accompagnano, che ci sostengono, che ci sopportano e supportano. Siamo donne vincenti, donne amante e amanti, donne forti, madri e avventuriere dal genio creativo, come diceva Ludovico Ariosto “Le donne son venute in eccellenza | di ciascun’arte ove hanno posto cura.”

Immagine di apertura: Natura morta con vaso di fiori, Margherita Caffi, seconda metà del XVII sec

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