Le foto dello stadio Franchi di Firenze, per salvare la memoria di Nervi

Gli scatti di Matteo Cirenei e Marco Menghi diventano oggi uno strumento fondamentale per il Pier Luigi Nervi Project: lo stadio progettato dall’ingegnere e architetto, inaugurato nel 1931, potrebbe essere presto smantellato.

L’opera di Pier Luigi Nervi ha sempre vissuto di ambivalenze. A partire dal complesso rapporto, sempre brillantemente risolto, tra solidità e forza da un lato e slancio e leggerezza dall’altro, passando dalla contrapposizione tra un razionalismo “progressista” ideologicamente strumentalizzato dal Fascismo e una filosofia organica perfettamente coerente con il l’affermazione del modernismo nel dopoguerra, per finire in sostanza con una relazione tra ingegneria e architettura che sfugge a qualsiasi etichetta, l’oscillazione tra lo status di progettazione ancillare e quello di creazione autoriale ha sempre caratterizzato la critica al lavoro di questo indiscusso protagonista del Novecento italiano.

E carico di ambivalenza è anche il riguardo che a quest’opera ha destinato la storia: se realizzazioni come la cosiddetta Aula Nervi (ovvero l’Aula per le Udienze Pontificie in Vaticano) o le strutture in cemento armato del grattacielo Pirelli progettato a Milano da Gio Ponti godono ancora della più ampia notorietà, e altre, come il Salone per Torino Esposizioni e lo Stadio Flaminio a Roma, saranno finalmente oggetto di recupero e conservazione, la stessa sorte non è sempre toccata a strutture minori o presunte tali.

In questo senso lo Stadio Armenio Franchi di Firenze costituisce però e perciò un caso a parte: nonostante sia infatti il progetto con cui Nervi ottenne per la prima volta l’attenzione internazionale, rischia oggi di essere smantellato. Questo in virtù di un emendamento al Decreto Semplificazione del 2020 che antepone la fruibilità di una struttura al suo interesse culturale, vanificando di fatto alcuni dei traguardi raggiunti col Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, modificato l’ultima volta nel 2019 ma in vigore dal 2004.

Oggi dedicato a un importante dirigente sportivo, ma conosciuto in precedenza come Stadio Comunale Giovanni Berta e poi semplicemente Stadio Comunale, il Franchi fu realizzato tra il 1930 e il 1932 nel quartiere Campo di Marte e, sede dell’ACF Fiorentina, rappresenta per la città un pezzo fondamentale della propria storia sociale.

Da un punto di vista architettonico, del resto, lo stadio è di per sé un punto di svolta nella storia italiana, perché primo esempio di quell’architettura strutturale che, mettendo a nudo gli elementi costruttivi del progetto, li rende non solo parte effettiva ma anche costituente della sua estetica. Una pratica, questa, che influenzerà e condizionerà gran parte delle successive strutture sportive e non solo, in Italia ma anche all’estero.

Le fotografie di Matteo Cirenei e Marco Menghi che qui pubblichiamo, diventano quindi oggi uno strumento fondamentale per il Pier Luigi Nervi Project, associazione nata dieci anni fa a Bruxelles con lo scopo di mantenere vivo lo studio della vita e dell’opera dell’ingegnere e architetto morto nel 1979, e promotrice assieme a Do.CO.Mo.MO. Italia dell’operazione “Salviamo il Franchi” (tutte le info su www.salviamoilfranchi.org).

In un bianco e nero che argina ogni distrazione e permette allo sguardo di focalizzarsi sulle forme delle strutture che hanno reso questo Stadio un esempio tanto imitato, i lavori di Cirenei e Menghi collaborano e si completano a vicenda, contribuendo a — e quasi cospirando per — rendere l’opera di Nervi ancora più spettacolare, senza per questo uscire dai canoni della fotografia documentaria e, più prosaicamente, di architettura: il grande formato panoramico utilizzato da Cirenei lascia infatti spazio, attraverso le ampie e rigorose vedute, alla contemplazione di una totalità che invece il medio formato quadrato, e quindi “aureo”, di Menghi scompone e analizza nei suoi dettagli costituenti.

Procedimento adottato del resto lungo tutto l’arco di Finding Pier Luigi Nervi, il progetto a lungo termine molto più ampio che dimostra una volta di più il perfetto equilibrio nel dialogo tra i due autori, maturato negli ultimi cinque anni attraverso la documentazione di tutte le opere che Nervi ha realizzato in territorio italiano. Un dialogo cui solo l’emergenza Covid–19 ha posto un freno, questa primavera, poco prima della realizzazione dell’ultimo capitolo del progetto, dedicato proprio a quell’Aula Paolo VI in Vaticano per cui Nervi è e resterà paradossalmente più conosciuto.

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