Progettare la luna: i concept presentati da YACademy

Al workshop “Architecture for Outer Space”, studenti provenienti da tutto il mondo si sono confrontati con il tema dell’innovazione nell'ambito della colonizzazione spaziale, evidenziando il ruolo fondamentale dell’architettura nella progettazione delle basi lunari.

C’è la Clever Moon, nel cratere Tycho, con una scintillante cupola geodetica che a noi terrestri ha ricordato molto la Sphere (la già famosa arena immersiva per concerti ed eventi inaugurata alla fine dello scorso settembre a Las Vegas). C’è la Lunar Layer Base, all’interno di Schomberger (regione Polo Sud), che si declina sotto una serie di successive stratificazioni allestite a diverse atmosfere. Oppure c’è la Tectum, “una vera casa lontano da casa – si legge nella schermata introduttiva – con elementi abitativi gonfiabili ciascuno progettato meticolosamente per massimizzare l’utilizzo dello spazio senza compromettere il comfort. L'illuminazione morbida e circadiana imita i bagliori a cui siamo abituati sul nostro pianeta, creando un’atmosfera rilassante in tutta la stazione”. Ma non di sola estetica funzionale si potrà vivere lassù, tra le stelle, ed è per questo che i team al lavoro hanno affrontato ogni problematica connessa al compimento della loro avveniristica missione: la protezione dell’insediamento dalle radiazioni cosmiche e solari, le fonti di approvvigionamento energetico, lo smaltimento dei rifiuti, i sistemi di agricoltura idroponica e ovviamente la costruzione vera e propria della stazione, con largo impiego di stampanti 3D fatte funzionare in situ con la regolite (polvere lunare) al posto della plastica.

Andrea Cusimano, Elizabeth Kluzak, Gastòn Ibarburu, Paola Polvani, Clever Moon

È quanto abbiamo ascoltato alla YACademy di Bologna nella giornata finale di “Architecture for Outer Space”, quella in cui le cinque basi lunari immaginate dagli studenti sono state presentate e spiegate agli altri partecipanti del workshop (una ventina in tutto) e ai due tutor Giulio Rigoni e Julian Ocampo Salazar. “Il corso è stato organizzato in collaborazione con il Topical Team on Planetary Caves dell’European Space Agency ed è uno dei primi e più completi che sono emersi a livello internazionale”, racconta Alessandro Cecchini, direttore di questo centro formativo d’eccellenza. “È un settore pionieristico, nel quale a oggi sono impegnate poche decine di persone, ma che sta catalizzando molto interesse”. 

Potrebbe sembrare che tutto sia riconducibile all’ambito della tecnica e dell’ingegneria, ma l’esperienza ci ha dimostrato quanto contino i contributi creativi anche in un contesto così peculiare come questo.

Quello della colonizzazione spaziale non è solo argomento dal fascino indubbio, ma una prospettiva che impegna la scienza e la ricerca specializzata nonostante gli “stop&go” imposti da imprevisti e ragioni altre. Nel caso della nuova corsa alla Luna, la missione Artemis 2 con quattro astronauti in orbita attorno al nostro satellite è stata posticipata dalla Nasa di circa un anno, e quindi non dovrebbe decollare prima di settembre 2025; Artemis 3, che invece prevede un allunaggio vero e proprio sulle orme di Neil Armstorng, è stata a sua volta spostata più in là, da fine 2025 a non prima di settembre 2026. La strada a medio e lungo termine è comunque tracciata, ed è questo l’orizzonte che occupa lo sguardo sperimentale dei giovani progettisti che hanno preso la parola alla YACademy.

Nick Hamann, Hannah Macmurray, Adela Moss, Anna Polomska, Tectum

“Designing a Luna Research Station” era il compito loro assegnato, e per prepararsi i ragazzi hanno seguito lezioni di “Storia e principi dell’architettura al di fuori della Terra”, “Teoria e pratica della coltivazione senza suolo”, “Disegnare per ambienti isolati e confinati, sulla Terra e nello Spazio”, oppure “Il contesto dei corpi planetari e le loro caverne”. Terminati i progetti, l’ufficio Placement dell’istituto bolognese ha sottoposto a ciascun corsista una proposta di tirocinio/collaborazione all'interno degli studi partner (Big – Bjarke Ingels Group, Morphosis, UnStudio, Foster + Partners e Skidmore Owings & Merrill). Il workshop verrà replicato anche il prossimo anno, con una novità di rilievo: una trasferta – organizzata grazie al supporto di Icon, azienda leader nella stampa 3D applicata al campo delle costruzioni – a Houston, in Texas, “capitale” dell’avventura extraterrestre statunitense, per visitare i luoghi cardine della ricerca aerospaziale e della space architecture. Commenta Alessandro Cecchini: “Potrebbe sembrare che tutto sia riconducibile all’ambito della tecnica e dell’ingegneria, ma l’esperienza ci ha dimostrato quanto contino i contributi creativi anche in un contesto così peculiare come questo. In altri termini: c’è spazio per gli architetti nello spazio”.

Immagine di apertura: Audrey Chan,  Malequi Picazo, Paul Ventrice, Lunar Roots

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