Per tutte le case

Il Sydney Architecture Festival ha dedicato grande attenzione al tema della casa: dalle dimensioni della residenza in cui le persone vivono, all’abitazione temporanea.

Quest’anno il “Sydney Architecture Festival”, rassegna d’idee sul progetto architettonico della città, è stato anche la vetrina dei nuovi progetti del quartiere suburbano di Chippendale, storica zona operaia ristrutturata con una serie di nuove costruzioni per diventare un quartiere di abitazioni e negozi.
Tra i temi principali, c’erano i festeggiamenti per i 200 anni dell’architettura pubblica, con il bicentenario del NSW Government Architect, l’agenzia statale competente in materia di edilizia urbana, consumo energetico, cambiamento climatico e problemi della densità: ovvero di quanto spazio serve per viverci. Ma è venuta un po’ a mancare la discussione sulle raccomandazioni di questo ufficio, lasciando senza risposta la domanda su chi debba ridursi e chi debba espandersi.
Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. Photo Stephen Pierce
Nella breve storia australiana, e nel primo insediamento coloniale del Paese, il ruolo del NSW Government Architect, la più antica carica australiana di Architetto dello Stato, possiede una tradizione che oltrepassa quella del ministero del Tesoro e perfino quella del Parlamento: all’Architetto dello Stato spetta la responsabilità della costruzione della maggior parte di Sydney, e ancor oggi ha un ruolo da svolgere nella definizione del panorama generale delle particolarità igieniche e geografiche della città.
Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. Photo Stephen Pierce
Per illustrare questo aspetto, nella tavola rotonda “Sydney Stories”, il saggista David Malouf ha affermato: “Credo che un altro aspetto interessante di Sydney sia il fatto che ha tutte queste piccole insenature e penisole, alcune delle quali non hanno alcuno sbocco, e che storicamente hanno contato molto nel carattere frammentario di Sydney. Se si vive a Woolwich o a Longueville o a Cremorne Point ci sono piccole vie cieche che danno luogo ad aree tremendamente chiuse, e credo che Sydney favorisca questa situazione”.
Chippendale è un’area che si trova 2 km a sud del centro cittadino, il che la colloca nel pieno centro della Grande Sydney. Ma quando fu costruita era in periferia, ed era occupata in massima parte dalla Carlton & United Brewery, insediamento industriale per la produzione della birra fondato nel 1838. Il sito è stato acquistato dall’immobiliare Frasers, che ha realizzato un complesso di 2,5 milioni di metri quadrati battezzato Central Park, completo di studi per artisti, aree residenziali, commerciali e a verde, giardini verticali, un eliostato e (cosa più interessante) impianti locali di trigenerazione termica e di riciclaggio delle acque.
Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. One Central Park
“Non è un caso che il festival si sia tenuto a Central Park”, ha dichiarato il direttore della manifestazione Tim Horton. “Cercavamo un immobiliarista che facesse seguire i fatti alle parole: un immobiliarista che lavorasse con una serie di architetti, ingegneri ambientali e così via, un immobiliarista che con l’edilizia riuscisse a realizzare il bene del pubblico. Central Park è un complesso edilizio a forte densità, dove il 30 per cento del sito è a verde pubblico grazie all’acqua piovana, un quartiere che ha una sua identità urbanistica”.
L’intenzione, nel presentare questo quartiere al festival, era dare visibilità al progetto di ristrutturazione e al valore culturale dell’area, per arrivare a quello che Horton ha definito “l’architettura del luogo”. Il tutto per favorire l’elaborazione di un modello urbanistico e progettuale che possa poi ispirare la ristrutturazione urbanistica di altre “città nella città” di Sydney, come Parramatta e Liverpool, e anche di altre città vicine come Gosford e Newcastle.
Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. Indigo Slam. Photo Diana Snape

Al festival grande attenzione è stata dedicata alle dimensioni della casa in cui le persone vivono, con One Central Park come esempio universale per promuovere l’abitazione ad alta densità.

Seguendo poi i percorsi paralleli al nucleo centrale del festival, il progetto The Global 1:1 si è chiesto quanti metri quadrati occorrano per vivere bene in città. Nel cortile del birrificio di Central Park il Sydney Architecture Festival, insieme con lo studio Hassell e con il Committee for Sydney, ha messo a confronto piante d’appartamento di medie dimensioni tracciandone i contorni sul cemento della corte. La mappatura delle piante delle abitazioni medie in città di tutto il mondo ha dato ai visitatori un termine di paragone molto concreto per capire di quanto, o quanto poco, spazio dispongano normalmente le persone per abitarci. Come dice David Tickle dello studio Hassell, ciò pone la questione della quantità di spazio che serve nelle case. Tickle mette a confronto l’ordinaria abitazione australiana di 78 metri quadrati con spazi abitativi molto più compatti di altre città del mondo, tra cui Copenaghen (50 metri quadrati), gli Stati Uniti (70 metri quadrati) e Hong Kong (15 metri quadrati). Dice Tim Horton che quando le piante degli appartamenti sono state disegnate in scala 1:1 si è scoperto che “nell’area di un’abitazione australiana si possono far entrare tre appartamenti”. La mostra non entra nel merito delle implicazioni che l’abitare in spazi più ridotti ha per la salute, i rapporti familiari e quelli comunitari, né di quali altre risorse siano disponibili a livello pubblico e comunitario a fronte di quelle investite in spazi più ristretti.

Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. Big World Homes. Photo Stephen Pierce
L’abitazione temporanea è un’altra delle soluzioni prese in considerazione dal festival. Big World Homes, il primo appartamento da montare nonché la prima soluzione ad autonomia energetica a buon mercato, progettato da Alexander Symes, è stata esposto al Festival Hub di Central Park. È stato progettato come abitazione provvisoria per brevi soggiorni. Dei pannelli solari forniscono l’elettricità e l’acqua corrente viene da serbatoi d’acqua piovana integrati. Essendo mobile (l’abitazione è anche un veicolo omologato) e facile da costruire, la casetta abbatte i costi del terreno e della costruzione, eliminando significative barriere all’accesso per chi acquista la prima casa  Questo modello costa circa 65.000 dollari australiani (45.000 euro).
Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. Photo Stephen Pierce

Ma dove si potrebbero parcheggiare case di questo genere in un luogo come Chippendale? La grande contraddizione del Sydney Architecture Festival è stata la presentazione, come progetto d’immagine, dell’enorme casa/opera d’arte di 1.050 metri quadrati costruita per una sola persona – la collezionista Judith Neilson – contrapponendole minuscole abitazioni di soli 13,75 metri quadrati, ipotizzate come soluzione alla crisi del costo degli alloggi.

Con questo non si vuole sminuire l’eccellenza progettuale dell’edificio, o l’atteggiamento di apertura di Judith Neilson, che ha messo la sua casa a disposizione degli estranei. Ma c’è un tocco di ipocrisia che gli organizzatori del festival dovrebbero ammettere.

Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. Indigo Slam. Photo Diana Snape
Una selezione dei visitatori del festival ha avuto la possibilità di partecipare a visite guidate alla nuova residenza di Judith Neilson, battezzata Indigo Slam. Neilson ha acquistato un magazzino dal precedente proprietario, che intendeva farne uno spazio per uffici, e il progetto iniziale le è piaciuto. Lo ha adottato e si è rivolta agli architetti dello Smart Design Studio di Surry Hills, che avevano progettato la ristrutturazione, chiedendo un’abitazione che avesse l’aspetto do una scultura abitabile e che durasse un secolo.

Il risultato è, senza incertezze, bello. Tutti i materiali e gli arredi sono stati scelti per resistere alle condizioni climatiche, tutti gli elementi mobili come i cardini hanno un movimento meccanico e non digitale. La casa ha riscaldamento e condizionamento geotermici. Dispone di quattro camere da letto oltre che di un appartamento separato per gli ospiti e di un’abitazione annessa per il maggiordomo. Al tavolo da pranzo possono sedere 60 invitati. I bagni sono sei. Ma oggi come oggi in questa casa vive una sola persona.

Non è una contraddizione? Perché si invitano certe persone a vivere in spazi minuscoli mentre altri luoghi sono destinati alla vendita di edifici sovradimensionati di edilizia privata? Anche se Neilson ha l’intenzione di condividere la sua casa con tutto il mondo, non c’è dubbio che ciò avvenga e debba avvenire a sua esclusiva discrezione.

Sydney Architecture Festival 2016
Sydney Architecture Festival 2016. Photo Stephen Pierce

Si pone la domanda se non sia necessario aumentare il prezzo dello spazio, al di là del potere d’acquisto di chi risiede in aree urbane densamente popolate, come lo Stato talvolta fa per lo spazio delle autostrade. Se è possibile imporre in certe autostrade che su ogni auto viaggino almeno due persone, possiamo imporre lo stesso obbligo all’abitazione? Dato che la funzione dello spazio è quella di un’abitazione privata, che non può essere affittata, è tecnicamente meno accessibile al pubblico anche rispetto a uno spazio commerciale, che per lo meno si può affittare.

È indispensabile che lo Stato acquisti consapevolezza di queste contraddizioni, in una città in cui al proprietà immobiliare è la principale risorsa commerciale, al punto che la disuguaglianza si misurerà non in denaro ma in metri quadrati: la quantità di territorio che ciascuno ha a disposizione.

L’Australia è il Paese più urbanizzato del mondo e vanta alcune delle città più vivibili del mondo.

In una nazione dalla storia così recente, dove l’architettura ha avuto una parte fondamentale nel processo di costruzione dell’identità nazionale e nell’accoglienza dei nuovi immigrati, il festival ha fatto bene a riflettere sull’architettura del luogo. Ponendo Chippendale al centro dell’attenzione gli organizzatori hanno mostrato come nuovi progetti possano documentare la storia sociale e tramandarne il riflesso alle costruzioni future.

E tuttavia il festival avrebbe dovuto assumere una posizione più critica su certe soluzioni che proclama, e sul modo in cui possono differenziarsi nell’applicazione alle persone: cioè chiedersi che cosa accadrebbe se vivessimo tutti in spazi piccoli, oppure se vivessimo tutti in spazi grandi? A chi tocca decidere chi vive dove, e a vantaggio di chi? Anche se un festival di questo tipo non potrà mai risolvere tutte le contraddizioni di una città multiforme come Sydney, occorre per lo meno essere consapevoli di quelle del modo in cui la città prende forma.

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