Francesca Lanzavecchia and Hunn Wai met at the Design Academy in Eindhoven while on a masters course directed by Droog Design. A few years later the pair (from Italy and Singapore) decided to present their latest projects at the Furniture Fair (in via Ventura 6): the series Spaziale that, as they describe it, “deals with a fascination for collisions and opposites, between male and female, lightness and mass”. The bookcase (that as Francesco points out is almost a quotation of Bonalumi), the armchair for two (with an envelope that provides a bit of intimacy) and storage unit (closed with a bow) replicate the same format: a wooden skeleton and a stretched lycra skin over it that “aims to give a kind of dynamism underlining how these ribbed containers can move”, explains Francesca. Who adds: “We try and move away from closed doors, rigid fronts. We want to suggest new ways of interacting with objects”. They are self-producing and doing their own prototyping, made possible thanks to support from the Danish government who is hosting them on a three-month residency.


Lanzavecchia + Wai: una serie spaziale tra pelle e struttura
Francesca Lanzavecchia e Hunn Wai si sono conosciuti alla Design Academy di Eindhoven, galeotto un master diretto da Droog Design. Dopo qualche anno, il duo (italiana lei, di Singapore lui) ha deciso di presentare al Salone (in via Ventura 6) gli ultimi progetti: la serie Spaziale, che – raccontano – “parla di fascinazione per le collisioni e gli opposti, tra femminile e maschile, massa e leggerezza”. La libreria (che è quasi una citazione di Bonalumi sottolinea Francesca), la poltrona per due (con un involucro che regala un po’ di intimità) e il mobile contenitore (chiuso da un fiocco) replicano lo stesso schema: uno scheletro in legno e una pelle in lycra tirata sopra che “cerca di dare una sorta di dinamismo sottolineando come queste casse toraciche si possano muovere”, spiega Francesca. Che aggiunge: “Cerchiamo di fuggire dalle porte chiuse, dalle ante rigide. Vogliamo suggerire nuovi modi di interazione con l’oggetto”. La loro è una prototipazione-autoprodotta, resa possibile grazie al sostegno del Governo danese, che li ha ospitati con una residenza di tre mesi.