Architettura Brutalista

Le immagini, di Roberto Conte, sono parte di un progetto fotografico molto più ampio e a lungo termine sul brutalismo in tutto il mondo, con l’obiettivo di riscoprire queste strutture e la loro influenza.

Negli ultimi anni, l’interesse verso brutalismo è crsciuto e l’atteggiamento generale nei confronti di questo stile architettonico è diventato meno pregiudiziale.

Questo interesse è stato alimentato e sostenuto da diverse informazioni e iniziative culturali incentrati sul brutalismo, come diverse mostre o la pubblicazione di una serie di libri e articoli approfonditi su riviste e su quotidiani. Queste immagini sono parte di un progetto fotografico molto più ampio e a lungo termine sull’architettura brutalista di tutto il mondo, con l’obiettivo di riscoprire queste strutture e la loro influenza anche sui progetti più recenti e per rappresentare, evidenziandole, loro solennità particolare e silenziosa.

In apertura: Georges Adilon, Lycée Sainte Marie-Lyon, 1976. La Verpillière, Francia. Qui sopra: Giuseppe Perugini, Casa albero, 1971. Fregene, Italia

Also because of the “ideal” origins of the housing complexes and the distance between intentions and reality, Brutalist buildings were often targeted by several critics. That said, and avoiding to enter one more time in this debate, when the Brutalist language has been used for buildings of public utility, as museums, schools or even car parkings, they do not appear outdated and controversial to our contemporary vision. Quite the opposite.

V. Sokhin, V. Sokolov, P. Kurochkin, Complesso residenziale, 1993. San Pietroburgo, Russia

Cement and its properties are really important for this style, whose very first and recognisable feature is usually exposed concrete with no plaster. It is somehow a display of pure forms, sometimes impudently and provocatively exhibited. These architectures are usually massive, no matter their dimensions, and their surface as well as their overall appearance is rough and harsh. From a photographic and aesthetic point of view a peculiar and interesting feature of Brutalist-looking buildings, even with some stretches also including several examples of Socialist architectures, is the persistent repetition of patterns. Most of these buildings, in fact, are obsessively featuring geometrical schemes, no matter if there are pure structural forms as bearing walls or precast concrete modules. A kind of architectural mantra.

Enrico Castiglioni e Carlo Fontana, Istituto Tecnico Statale Industriale “Cipriano Facchinetti”, 1965. Castellanza, Italia
Mihajlo Mitrović, Genex Tower – Western Gate of Belgrade (Zapadna Kapija Beograda), 1980. Belgrado, Serbia
Ernő Goldfinger, Trellick Tower, 1972. Londra, Gran Bretagna
Mario Botta, Edificio residenziale, 1993. Novazzano, Svizzera
Rudolf Weißer e Hubert Schiefelbein, Stadthalle Chemnitz, 1974. Chemnitz, Germania
Michael Blampied & Partners, Henrietta Place – Welbeck Street car park, 1969. Londra, Gran Bretagna
Jaap Bakema e Jo van den Broek, Skulpturenmuseum Glaskasten, 1967. Marl, Germania
Bernard Zehrfuss, Museo gallo-romano, 1975. Lione, Francia
Henrik Arakelyan, Stazione degli autobus (in disuso), 1978. Hrazdan, Armenia
Gerd Hänska, Istituto di ricerca per la medicina sperimentale, 1981. Berlin, Germany
Sir Basil Spence, Ambasciata britannica, 1971). Rome, Italy


Roberto Conte (1980), vive a Monza (Milano). Ha iniziato a fotografare nel 2006, esplorando luoghi abbandonati in Italia e all’estero. Nel corso degli anni si è sempre più focalizzato sulla fotografia di architettura, in particolare su edifici ispirati al Brutalismo e al Modernismo socialista. Collabora con studi di architettura e le sue immagini sono state pubblicate su diverse pubblicazioni e libri. Nel 2015, ha vinto il II Eurostars Berlin Photography Competition.