Our Fancy Fences

La ricerca di Giacomo Magnani sulla varietà decorativa delle recinzioni delle villette unifamiliari documenta con ironia l'espansione dello sprawl suburbano.

Our Fancy Fances (Le nostre fantasiose recinzioni) nasce da un viaggio nei luoghi senza qualità della provincia italiana, attraverso reti di labirintici vialetti, in quartieri in cui ogni dettaglio è portatore di un messaggio di rassicurante isolamento e cordiale ostilità.
Se si adotta lo sguardo del turista, gli unici monumenti fotografabili lungo le strade di queste anti-città sono proprio le recinzioni. Recinzioni che esibiscono il senso estetico del proprietario, fanno da interfaccia tra ciascuna unità privata e il mondo esterno, sono schermo e protezione (spesso visiva, quasi sempre puramente psicologica) della vita familiare.

Ecco susseguirsi un multiforme e polimaterico carosello di "facciate". Tra le più esuberanti quelle realizzate tra gli anni '60 e '70 del secolo scorso, in cui il cemento prefabbricato diventa materiale d'elezione per imitare tralci, tronchi, ciottoli e riprodurre balaustre barocche. Non mancano inaspettate citazioni (inconsapevoli?) dei textile blocks di Wright, o chiare allusioni ai setti in calcestruzzo di Carlo Scarpa.
Un muretto in mattoni, sospettosamente sobrio, sembra rappresentare un'insolita eccezione. Ma basta un'osservazione più attenta per notare una disneyana scultura di gesso che sorveglia la strada con falsa noncuranza, affacciato a una delle sue finestrelle quadrate.
L'interminabile sequenza di buone cose di pessimo gusto , mostra come il Kitsch porti con sé una forte valenza affettiva, che si esaurisce però sui limiti del dominio individuale. È proprio questo il paradosso che innesca il salto dalla dimensione locale a una scala globale: il trattamento quasi ritrattistico e straniante dato alle recinzioni ambisce a dare visibilità a queste anti-città che sono sempre più il luogo dell'abitare ma che mancano di ogni segno di cittadinanza o vita comune. Avventurarsi nei quartieri residenziali è di fatto un viaggio in territori remoti: remoti in quanto frequentati unicamente dai proprietari delle rispettive case, remoti perché molto meno familiari dei centri cittadini e spesso privi di punti di riferimento per i rari visitatori esterni.

Come denuncia, già nel 1997, Richard Rogers in "Città per un piccolo pianeta" l'espansione del modello dello sprawl suburbano minaccia non solo ciò che rende le città tali, cioè la presenza dello spazio collettivo, ma ha ricadute insostenibili dal punto di vista ambientale e della salute individuale. Ciononostante, in Italia, la villetta unifamiliare di proprietà rappresenta ancora uno degli status symbol più ambiti, mentre le città dense, i nuclei storici, s'indeboliscono silenziosamente.

Giacomo Magnani, (1986) architetto e fotografo, ha studiato presso TU Delft (Paesi Bassi) e a Ferrara, dove si è laureato con una tesi sulla progettazione di architetture ibride per il recupero dello spazio urbano nel porto di Rotterdam.

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